Cara Pratheepa

Federica Albini

Da una lettera di una volontaria di @uxilia. Non ti piaceva la nostra cucina e non volevi mangiare! Ti piacevano poche cose, tra le quali il mango, la cioccolata, le patatine, la pizza, l’uva, le arance… Carne, pasta, verdura, no!

Pratheepa Balasooryian in Italia dal 17 Febbraio 2011

Cara Pratheepa,
Ti scrivo per ricordare il tuo percorso qui con noi, in Italia, a Udine.
Non so per quale destino, ma, ad accoglierti, c’ero proprio io!
Felice, intimorita, carica di affetto, ti ho abbracciata al tuo arrivo a Trieste.
Bella, dolce, carica di umanità e ricca di esperienza interiore eri Tu, con tutto il tuo bagaglio di “quella vita” vissuta nella tua terra costantemente in guerra, lo Sri Lanka. Noi qui per aiutarti a riprendere “la tua vita“, migliore e carica di maggiori potenzialità.
Tu parlavi la tua lingua, io cercavo di farmi comprendere con la mia e con l’inglese.
L’immediata intesa ed una sorta di magia negli sguardi hanno creato la comprensione fra noi ed abbiamo immediatamente capito che la comunicazione si basa su sensibilità, amore, apertura. Tu rappresenti tutto questo!
Dopo un abbraccio forte ed intriso di affetto, ho cercato di spiegarti l’evolversi della giornata.
Mi guardavi con i tuoi grandi occhi neri, mi ascoltavi e, fiduciosa, mi hai seguita.
Testate di giornale e programmi Rai parlavano di te e di quanto era stato fatto per farti arrivare in Italia. Grazie ad @uxilia ed a tutta la sua attività volta a fronteggiare parte dei problemi che affliggono l’umanità, ci siamo trovate insieme ad affrontare un percorso per ripristinare l’uso del braccio colpito nel terribile conflitto a fuoco occorso durante la guerra nel tuo Paese.
Ecco, documenti, bagagli, permessi… Sei salita in auto con me.
Non sapevo nulla di te. Ti guardavo, cercavo di comprendere dai tuoi occhi e dai tuoi sguardi quali fossero la tua storia, la tua paura ed il tuo desiderio di evoluzione. Tante erano le domande che mi ponevo e tutte vivevano solo nell’essere vicino a te e comprendere il tuo passato. Le risposte giungevano una ad una iniziando dai tuoi occhi, dal tuo modo di porti, dalla tua valigia rossa organizzata ed autografata con un grande “Theepa”, dalla gentilezza di espressione, dal sorriso, dal tuo cuore.
Siamo arrivate ad Udine, destinazione Ospedale Santa Maria della Misericordia.
Accoglienza straordinaria, gentilezza e disponibilità per Te e per tutto quanto portavi qui a farci conoscere.
Ogni indumento del tuo bagaglio era ben piegato ed ordinato. Dopo aver sistemato ogni cosa nell’armadio e certa di lasciarti per la notte in un luogo sicuro per te, ti ho salutata per ritrovarti il mattino seguente.
Abbiamo trascorso insieme il giorno dopo ed i giorni a seguire. Ci siamo conosciute ed abbiamo cercato di creare un linguaggio di comune comprensione. Abbiamo iniziato ad imparare l’Italiano da “zero“ con l’ausilio di libri con figure, disegni, con il mappamondo, con gesti, espressioni, giochi e tutto quanto era possibile.
Diventava essenziale ed importante farti conoscere il programma delle giornate ed il loro svolgimento per prepararti all’intervento.
Il 22 Febbraio 2011 abbiamo affrontato il primo esame diagnostico con… ussi…
Ti ho accompagnata, tu guardavi tutto intorno a te e mi chiedevi sempre “Dove? Perché?” Giunte nella sala d’attesa del reparto, mentre aspettavamo il nostro turno continuavo a spiegarti, come potevo, l’esame che avresti affrontato.
A me sembrava semplice e non doloroso. Certo, questo primo controllo diagnostico prevedeva l’uso di una siringa per iniettare un liquido di contrasto. Tu mi avevi fatto capire che avevi paura degli aghi, da te chiamati “ussi”, ed io consideravo la tua paura come quella solita dei bambini timorosi delle iniezioni.
Entrata in sala e pronta per il test, hai visto avvicinarsi la dottoressa con una piccolissima siringa in mano. Alla sola visione hai iniziato a tremare. Dai tuoi occhi scendevano grosse lacrime e la paura evolveva in urla strazianti. Tutti noi cercavamo di rassicurarti.
Giustamente, per te non era facile fidarti!
Con tanta dolcezza, pazienza ed affetto, la dottoressa è riuscita a portare a termine il primo esame.
Improvvisamente, da quel momento mi sono calata in te ed ho ripercorso la tua vita come fosse stata la mia.
Ho capito che quella “paura” veniva dalle terribili sofferenze vissute durante gli anni della guerra!
Tutto diventava più difficile, anche il semplice prelievo di sangue. Come fare per conoscere la tua storia ed i tuoi patimenti per aiutarti a superare le paure e ristabilire, se mai ci fosse stata, una sorta di serenità?
Giorno dopo giorno cercavo di essere presente con affetto, onestà, chiarezza e serenità.
Ero attenta e vigile a captare ogni tua espressione.
In attesa dell’intervento, abbiamo trascorso giornate insieme, in montagna. Per la prima volta hai visto la neve scendere dal cielo… “Che cos’è, magia?” chiedevi. Fantastico qui!
Durante le giornate in ospedale abbiamo creato una forma di comunicazione per ogni necessità.
Ero felice di venire a trovarti ogni sera, accompagnarti alla doccia serale e raccontarti ogni sorta di evoluzione intorno a te.
Non ti piaceva la nostra cucina e non volevi mangiare! Ti piacevano poche cose, tra le quali il mango, la cioccolata, le patatine, la pizza, l’uva, le arance… Carne, pasta, verdura, no!
Ogni mattina il medico nutrizionista ti preparava una spremuta di arance e vitamine per fronteggiare le tue carenze alimentari.
9 marzo 2011, pronti all’intervento!
Mattino presto in sala operatoria e poi l’attesa per l’ingresso al tuo risveglio!
Grande intervento, laborioso e straordinario, durato 9 ore, eseguito dal Dottor Nicola Collini e dal direttore della struttura, il Dottor Silvio Demitri.
Grazie a loro ed a tutto lo staff, hai recuperato l’uso del braccio sinistro.
Ricordi? Quella notte Paola è rimasta con te per assisterti. Ti preoccupavi per lei e le ripetevi sottovoce: “Dormi, dormi…”.
Dopo qualche giorno hai iniziato il percorso di riabilitazione. La Dottoressa Elide De Luca ha programmato un trattamento riabilitativo intenso e costante, finalizzato al massimo recupero dell’uso dell’arto. Lei e tutti i suoi colleghi ti hanno seguita giornalmente con grande affetto.
Intorno a Te si era creata una sorta di amore/magia che catturava ogni persona!
Con il passare del tempo eravamo sempre più in sintonia. Io amavo farti conoscere il nostro vivere e tutte le nostre abitudini ed ero curiosa di comprendere le tue. Ho cercato di farti vivere la nostra vita, quella di tutti i giorni.
Incontravi persone, amici che spesso ti rivolgevano domande. Prima di rispondere, anche solo con un cenno, mi guardavi per sapere se avevi inteso correttamente ed io annuivo. Piano piano ho capito che ti eri affidata a me e che mai avrei potuto tradire la tua fiducia.
Trascorrevi ogni sabato ed ogni domenica con noi, amici e soci di @uxilia. Spesso andavamo con mia mamma a passeggiare lungo il fiume Natisone, sul Carso triestino, in campagna, in collina tra i vigneti.
In particolare, all’Abbazia di Rosazzo il giorno della festa della rosa. Sei rimasta incantata e senza parole nel vedere tante rose meravigliose… “Grandi” dicevi tu… Si, perché nello Sri Lanka le rose fanno fatica a crescere e rimangono piccole.
Ecco… qui sei impazzita di gioia e da quel giorno hai cominciato a chiamare mia mamma “mamma“! Quante foto… con tutte le varietà di rose. Quante…
Siamo rientrate a casa con una splendida rosa rossa rampicante. Questa – ci hai detto – per ricordarmi sempre.
Avevi iniziato a parlare l’Italiano, comprendevi quasi ogni discorso.
Cara Pratheepa, questa bellissima storia merita molto più di un sintetico articolo.
Questa è la prima parte del tuo percorso. Seguirà la seconda, e poi un piccolo libro per te.
Grazie, Pratheepa.
Ho imparato molto da te e dalle tue sofferenze.
Ho capito che “…la vita non sta nel respiro, ma nei momenti in cui ti manca il fiato“.
Un bacio.
Federica

Federica Albini
Volontaria di @uxilia

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