La selezione naturale

Giuseppe Simoni

Una cautela deve essere riservata a quelle coppie infertili in cui vi è presenza di un’anomalia cromosomica strutturale, come nei casi dei portatori di traslocazione (trasferimento di segmenti da un cromosoma ad un altro) o di inversione (alterazione dell’ordine dei geni contenuti in un cromosoma).

Svolgendo una ricerca in Internet, mi è capitato di leggere questa affermazione: “La selezione naturale non agisce sull’uomo civilizzato e sugli animali domestici. Pensa a tutte le persone malate che verrebbero eliminate dalla selezione naturale e che, invece, grazie alle cure ed alla tecnologia, possono vivere e riprodursi”. Se ciò è solo parzialmente vero per diversi stati patologici che affliggono la popolazione umana e che un tempo non permettevano la sopravvivenza dei soggetti affetti, non è altrettanto valido per quanto riguarda la selezione naturale nel corso del processo riproduttivo. La riproduzione umana è, infatti, un fenomeno biologico molto complesso, durante il quale la selezione naturale agisce profondamente ed in maniera efficace prima e dopo il concepimento, in tutti i continenti ed a tutte le latitudini. É proprio attraverso una forte pressione selettiva che l’elevato numero di concepimenti con errori genetici grossolani viene eliminato prima della nascita, attraverso la selezione di gameti geneticamente anormali, i fallimenti dell’impianto nella cavità uterina di concepimenti anomali, l’aborto spontaneo durante le prime settimane di sviluppo della gravidanza. Questa forte selezione dei prodotti del concepimento anormali fa sì che la riproduzione umana sia, di fatto, un sistema molto efficiente, teso ad ottimizzare l’esito della gravidanza con la nascita di soggetti il più possibile sani (Figura 1).
La riproduzione avviene mediante speciali cellule denominate gameti (spermatozoi per l’uomo e cellule uovo per la donna) le quali, da un punto di vista genetico, differiscono in maniera sostanziale da tutte le altre cellule del corpo umano. Mentre in queste ultime il patrimonio genetico è contenuto in 23 coppie di cromosomi (in totale 46), ciascuna costituita da un cromosoma paterno ed uno materno, nei gameti sono presenti solo 23 cromosomi singoli. Con la fecondazione, cioè con l’unione della cellula uovo con lo spermatozoo, si ricostituisce il patrimonio di 46 cromosomi, 23 materni e 23 paterni. Si genera, così, la prima cellula del nuovo individuo, denominata zigote. Mediante un elevatissimo numero di duplicazioni ed attraverso i processi differenziativi, questa darà origine prima all’embrione, poi al feto e, infine, al neonato.
Il delicato meccanismo della divisione delle cellule germinali e della riduzione del numero di cromosomi dai 46 iniziali ai 23 presenti nei gameti è soggetto a frequenti errori di numero, così che molti gameti conterranno un cromosoma in più o mancheranno di un cromosoma. Molti gameti con un contenuto genetico anormale sono sfavoriti al momento della fecondazione. Tuttavia, se questa avverrà a carico di tali gameti, si verificheranno concepimenti trisomici (nel caso vi sia presenza di un cromosoma soprannumerario) o monosomici (nel caso in cui un cromosoma sia mancante). Queste alterazioni del patrimonio genetico possono essere gravi a tal punto da non permettere il regolare sviluppo della gravidanza e del feto. Il prodotto del concepimento viene espulso in epoca molto precoce e la gestazione si può interrompere in una fase talmente iniziale da non essere riconosciuta dalla donna, la quale potrà notare soltanto un ritardo nel ciclo mestruale.
In altri casi, il prodotto del concepimento può raggiungere alcuni mesi di sviluppo (primo trimestre), quindi viene abortito spontaneamente. Alcuni gameti, infine, possono avere un contenuto cromosomico alterato, ma comunque compatibile con uno sviluppo completo della gravidanza. In questi casi, il bambino mostrerà difetti strutturali e funzionali variabili in relazione al tipo di anomalia cromosomica presente nel suo corredo genetico. Questo problema occorre con frequenza crescente con l’aumentare dell’età materna, sia per fenomeni di invecchiamento del gamete femminile, sia per l’aumento degli errori di numero dei cromosomi nella cellula uovo. Per queste ragioni, il rischio abortivo aumenta rapidamente con l’età della gestante, soprattutto dopo i 35 anni. Anomalie cromosomiche possono risultare nel quadro clinico ed ecografico di “uovo cieco” o “uovo chiaro” (dall’inglese blighted ovum) che consiste nel riscontro all’ecografia di un sacco gestazionale vuoto, senza la presenza delle strutture embrionali. Esso si manifesta in questo modo perché, appunto per errore cromosomico, l’embrione non si è formato o si è formato e poi, non sviluppandosi, è regredito. Data la difficoltà di raccolta dei tessuti derivati dagli aborti spontanei, i lavori scientifici riportano stime disomogenee circa la frequenza degli errori cromosomici nei prodotti abortivi del primo trimestre. I valori oscillano tra il 50% dei lavori più vecchi ed il 75 % di quelli più recenti, confermando la rilevanza degli errori di numero nel patrimonio cromosomico fetale come causa abortiva nelle epoche più precoci della gestazione.
Le anomalie cromosomiche non riguardano solo il loro numero, ma anche la loro struttura. A seguito di rimaneggiamenti più o meno complessi del materiale cromosomico che possono verificarsi nei gameti, uno o più segmenti cromosomici possono risultare duplicati o mancanti. Queste anomalie parziali dei cromosomi sono spesso compatibili con lo sviluppo fetale fino al termine della gravidanza, con la nascita di un prodotto che non è normale. Anche in questo caso la patologia sarà in funzione del contenuto genetico del segmento cromosomico in eccesso o in difetto. Si calcola che errori del patrimonio cromosomico nel prodotto del concepimento o nel feto siano presenti nel 5-10% di tutte le gravidanze e costituiscano un problema nella storia riproduttiva degli esseri umani. Come abbiamo sottolineato, a contrastare la rilevante quantità di anomalie del patrimonio cromosomico nella riproduzione umana agisce la selezione, la quale elimina, in fasi diverse del processo riproduttivo, la stragrande maggioranza di questi errori naturali. Pertanto, solamente lo 0,4% dei bambini nati risulta affetto da un’anomalia del corredo cromosomico significativa sul piano clinico.
Le anomalie cromosomiche alla nascita rappresentano, quindi, la punta dell’iceberg rispetto a tutte quelle che il fenomeno riproduttivo comporta e che la selezione naturale elimina a vari livelli prima della nascita.
Nel 2‰ circa della popolazione generale, e in circa il 5% delle coppie con due o più aborti spontanei, è presente nel corredo cromosomico di uno dei due partner un’anomalia della struttura di uno o più cromosomi che non comporta acquisto o perdita di materiale genetico. Il soggetto portatore non mostra, pertanto, sintomi patologici e risulta normale. Le conseguenze di questi tipi di anomalie si verificano nella produzione dei gameti, per i quali vi è una maggiore probabilità di contenere un assetto cromosomico non normale per la presenza di materiale cromosomico in eccesso o in difetto. Questi ultimi, se coinvolti nella fecondazione, potranno determinare aborti spontanei precoci o la nascita di figli non normali. Nel caso di coppie con aborti spontanei ripetuti senza evidente causa clinica, l’analisi cromosomica su un semplice prelievo di sangue periferico è in grado di diagnosticare o di escludere la presenza di tali anomalie le quali, come detto, predispongono a fallimenti riproduttivi su base genetica.
Ciò che sfugge alla selezione è oggi possibile riconoscere attraverso la diagnosi prenatale del corredo cromosomico (cariotipo) fetale. I metodi più sicuri ed affidabili rimangono l’amniocentesi e la villocentesi. L’amniocentesi si esegue generalmente tra la 15^ e la 17^ settimana di gestazione. Consiste nel prelievo di un campione di liquido amniotico nel quale sono contenute cellule di derivazione fetale che possono essere analizzate per riconoscere eventuali anomalie del numero o della struttura dei cromosomi del feto. La villocentesi consiste, invece, in un prelievo eseguito attorno all’11^ settimana di gravidanza di una piccola quantità di villi coriali (ramificazioni della placenta) utili all’analisi del cariotipo fetale.
Anche alcune forme di infertilità (mi riferisco a quelle con base genetica) non sono altro che una diversa espressione della selezione naturale, che tenta di ostacolare la procreazione di soggetti con caratteristiche genetiche poco valide al fine riproduttivo. L’infertilità rappresenta oggi un problema di salute sociale, dal momento che nei Paesi Occidentali circa il 15% delle coppie in età riproduttiva ne è affetta. In Italia si può stimare che, ogni anno, più di 50.000 nuove coppie siano affette da infertilità. Fattori maschili e femminili contribuiscono in percentuale analoga a determinare l’infertilità di una coppia. É ormai chiaro che alterazioni genetiche sono presenti in circa il 15% degli uomini e nel 10% delle donne infertili ed includono non soltanto gli individui con anomalie dei cromosomi sessuali, ma anche i portatori sani di alterazioni cromosomiche strutturali, per i quali si configura un alto rischio riproduttivo.
Le attuali tecniche di procreazione medicalmente assistita permettono in molti casi a soggetti infertili o sterili, affetti da anomalie dei cromosomi sessuali, di poter avere figli superando l’ostacolo naturale.
Sotto questo aspetto, le tecniche di fertilizzazione in vitro costituiscono un eccellente strumento attraverso il quale anche le coppie meno fortunate possono accedere alla gioia della genitorialità.
Più cautela deve essere riservata a quelle coppie infertili in cui vi è presenza di un’anomalia cromosomica strutturale, come nei casi dei portatori di traslocazione (trasferimento di segmenti da un cromosoma ad un altro) o di inversione (alterazione dell’ordine dei geni contenuti in un cromosoma).
In questi casi, il rischio di trasferire al concepimento un patrimonio cromosomico anomalo è assai elevato e non sempre le tecniche attualmente disponibili possono garantire la certezza che il prodotto del concepimento sia privo di difetti genetici. Alle coppie che ricadono in questa categoria deve essere offerta un’accurata consulenza da parte del genetista medico prima di accedere alla fertilizzazione assistita ed alla diagnosi cromosomica prenatale, mediante l’amniocentesi o la villocentesi, una volta che la gravidanza sia iniziata.

Figura 1.
La frequenza delle anomalie cromosomiche nei gameti e durante la gravidanza dimostra l’efficacia della selezione naturale (derivato da RJ Gardner, GR Sutherland, LG Shaffer, 2012, Oxford University Press)

Giuseppe Simoni
Direttore Scientifico Laboratorio “TOMA Advanced Biomedical Assays S.p.A.”

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