Fattori di rischio e prevenzione

Carlo Foresta, Alberto Ferlin, Damiano Pizzol

Studi epidemiologici hanno messo in evidenza che, in circa il 30% dei casi, l’infertilità è da attribuire all’uomo ed un altro 20% a fattori ascrivibili ad entrambi i partner. Il maschio si trova così coinvolto nel 50% dei casi di infertilità.

L’infertilità

L’infertilità di coppia rappresenta un importante problema sociale e sanitario che coinvolge il 15-20% delle coppie in età fertile nei Paesi industrializzati. Tale condizione risulta stressante e difficile da gestire non solo per la coppia interessata, ma, spesso, anche per il clinico che si ritrova a dover risolvere tale problematica. Da una parte, infatti, la possibilità di non avere figli rappresenta per la coppia una minaccia per l’autostima, non solo per l’uomo, ma anche per la donna, e la ricerca esasperata di una gravidanza rischia di trasformarsi in un meccanismo a tempo, con rapporti esclusivi e mirati nel giorno e nell’ora dell’ovulazione, o nella medicalizzazione, con l’affidamento esclusivo alle tecniche di riproduzione assistita. Dall’altra, i medici chiamati a gestire tali casi clinici non sempre hanno grande familiarità con i sempre più numerosi test diagnostici presenti per studiare il problema dell’infertilità e con l’interpretazione degli stessi. Inoltre, la facilità d’accesso ad internet permette al paziente l’acquisizione di informazioni su possibili percorsi diagnostici e terapeutici estremamente variabili in termini di qualità ed esattezza, inducendolo a maturare convinzioni spesso errate sulle possibili strategie terapeutiche e sulle aspettative. Tutto ciò sottolinea ulteriormente la necessità di una solida formazione dei clinici che si occupano di infertilità e l’esigenza di individuare linee guida precise e puntuali per la gestione delle coppie infertili. Nonostante, per definizione, il problema dell’infertilità riguardi la coppia, esso viene molto spesso trattato come un problema di genere, e quello femminile è sempre stato quello più seguito e studiato. Studi epidemiologici hanno messo in evidenza che, in circa il 30% dei casi, l’infertilità è da attribuire all’uomo ed in un altro 20% a fattori ascrivibili ad entrambi i partner. Il maschio si trova così coinvolto nel 50% dei casi di infertilità (Tab. 1).

Di fronte a tali dati, diventano obbligatori una riflessione ed uno sforzo volti ad individuare l’iter più indicato per una coppia affetta da infertilità. Se, infatti, sembra ovvio un approccio graduale ad entrambi i partner per pervenire ad una diagnosi precisa di infertilità nel modo meno invasivo possibile e, di conseguenza, alla prescrizione terapeutica più efficace, non è tuttavia insolito imbattersi in coppie nelle quali solo un partner è stato analizzato a fondo, e nella maggior parte di questi casi si tratta della donna. Inoltre, è sempre più frequente il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) non solo legato a motivi strettamente medici, ma anche sociali, come l’età sempre più elevata in cui le coppie ricercano la gravidanza ed i ritmi frenetici e stressanti che “inducono” la coppia in uno stato di infertilità e la portano a considerare l’utilizzo di tali tecniche come unica via d’uscita.

Fattori di rischio dell’infertilità maschile: ruolo della prevenzione

Considerando le dimensioni del problema dell’infertilità e l’importanza che il fattore maschile gioca a tale riguardo, si rende necessario fare luce sul significato della definizione di “infertilità da fattore maschile” al fine di identificare l’eziologia, pre- post- o testicolare, ed intervenire, quindi, più precocemente possibile nel rimuovere le cause. Recenti evidenze hanno sottolineato che, in Italia, 1 giovane su 3 è a rischio infertilità, confermando il rilievo di un problema non solo sanitario, ma anche sociale ed economico e l’urgenza di attuare un piano atto ad educare e sensibilizzare soprattutto i giovani sui rischi di comportamenti, abitudini e stili di vita che possano avere risvolti negativi non solo sulla fertilità, ma anche sulla salute generale. Numerosi studi hanno considerato i diversi fattori di rischio per l’infertilità maschile, individuando, per alcuni di essi, solide evidenze scientifiche di correlazioni e, per altri, evidenze più limitate (Tab. 2A e 2B).

Tra i principali fattori di rischio che possono incidere negativamente sulla salute generale ed andrologica degli individui, in particolare nei ragazzi in fase di sviluppo, c’è il criptorchidismo, che rappresenta la mancata discesa alla nascita di uno o di entrambi i testicoli nel sacco scrotale. Si tratta dell’anomalia più frequente dell’apparato urogenitale (3-5% dei nati a termine) e può associarsi ad altre anomalie del tratto genito-urinario. Il varicocele, invece, è una patologia che interessa il sistema vascolare del testicolo caratterizzata da dilatazione ed incontinenza delle vene testicolari (o spermatiche) che hanno il compito di drenare il sangue dal testicolo. Quando queste vene sono dilatate, si verifica un reflusso di sangue dall’alto verso il testicolo che provoca un suo aumento di temperatura ed una condizione ambientale sfavorevole per una normale spermatogenesi.
I tumori possono incidere negativamente sulla fertilità, sia direttamente (tumore del testicolo), sia per le terapie utilizzate per la cura. Il tumore del testicolo rappresenta nel giovane la neoplasia solida più diffusa, è la più comune causa di morte per cancro tra i 20 ed i 34 anni di età e, da studi epidemiologici, è emersa un’incidenza in aumento nei Paesi industrializzati. Nella maggior parte dei casi, il tumore del testicolo si manifesta con la comparsa di una massa dura, dolente o indolente, a livello dello scroto. A volte, il tumore può essere palpabile e, per questo motivo, è fondamentale l’autopalpazione per individuarlo precocemente. Capitolo a sé meritano le malattie sessualmente trasmesse che si ripercuotono sulla fertilità, sia perché possono interessare direttamente gli organi riproduttivi con infezioni localizzate (testicoli, epididimi, prostata), sia perché possono causare malattie sistemiche che indeboliscono l’efficienza del sistema riproduttivo. Ancora, cattivi stili di vita ed abitudini alimentari non corrette possono costituire fattori di rischio per infertilità attraverso vari meccanismi. Ad esempio, l’obesità determina uno squilibrio ormonale con riduzione del principale ormone maschile, il testosterone, e un aumento degli ormoni “femminili”, gli estrogeni. In particolar modo, se tale squilibrio si verifica nelle fasi dello sviluppo, lo scheletro potrebbe sviluppare proporzioni eunucoidi, rappresentate principalmente da un aumento dell’apertura braccia (superiore alla statura) e da una diminuzione del rapporto tra il segmento superiore/inferiore a causa dell’aumentata lunghezza delle gambe. Si potrebbe, inoltre, verificare la riduzione del volume testicolare e delle dimensioni del pene. In tale contesto, un ruolo fondamentale lo gioca anche l’abuso di alcool e droghe, mode molto diffuse tra i giovani i quali, nella maggior parte dei casi, non sono adeguatamente informati sulle drammatiche conseguenze anche sulla fertilità, con l’alterazione dei parametri seminali, in particolar modo conta e motilità, e sull’attività sessuale, con alterazioni sul desiderio, erezione ed eiaculazione. Anche l’utilizzo di sostanze dopanti per migliorare le prestazioni sportive incide negativamente sulla fertilità e, tra le sostanze più utilizzate, il testosterone ed altri ormoni come gli steroidi anabolizzanti inducono rapidamente un danno esteso al funzionamento dei testicoli e squilibri ormonali che possono avere pesanti ripercussioni su altri organi ed apparati. A questi fattori di rischio si aggiungono fattori genetici e familiarità per infertilità, traumi testicolari e torsioni del funicolo spermatico, malattie sistemiche e/o endocrine e fattori ambientali, su tutti l’aumento della temperatura scrotale. Per un corretto funzionamento, i testicoli necessitano di una temperatura scrotale inferiore di circa 2°C rispetto a quella addominale e tutte le cause che ne provocano un aumento, come l’utilizzo del PC sulle gambe ed una frequentazione assidua delle saune, rappresentano fattori di rischio per la fertilità.
Alla luce della vasta gamma di fattori di rischio che possono minare la salute andrologica e generale, soprattutto nei giovani, risulta fondamentale la prevenzione finalizzata non solo ad informare sui comportamenti a rischio e sulle condizioni patologiche, ma anche ad educare i giovani alla cura del proprio corpo ed a saper cogliere precocemente, anche mediante manovre semplici quali l’autopalpazione, i segnali che l’organismo invia mediante segni e sintomi. In tal modo, infatti, si rende possibile l’identificazione di patologie o condizioni morbose in fase precoce, permettendo, qualora necessario e possibile, un intervento terapeutico mirato a correggere lo stato patologico, intervento che risulta sempre più difficile e con minori possibilità di riuscita al persistere della patologia. La riuscita di una strategia preventiva andrebbe ad abbassare le elevate percentuali di infertilità e metterebbe al riparo giovando non solo alla salute generale ed andrologica dell’individuo, ma anche al sistema sanitario che potrebbe vedere ridursi i costi oggi sostenuti per le coppie che intraprendono iter diagnostico-terapeutici lunghi e complicati e che, in ultima analisi, si affidano alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

Il medico della riproduzione

La medicina della riproduzione è una branca medica in rapida espansione. Negli ultimi decenni ha compiuto notevoli passi avanti e messo a punto numerose e nuove procedure diagnostiche in tema di fertilità, sia maschile, sia femminile. Questo fenomeno di progresso e cambiamento è calato in un contesto sociale, etico ed economico anch’esso in rapida evoluzione, soprattutto nei Paesi industrializzati. Ciò richiede a chi si occupa di riproduzione un continuo e rapido aggiornamento, non solo in termini tecnologici, ma anche legislativi, per poter esaudire il più possibile le richieste delle coppie infertili, intese come diritto alla salute, senza però, allo stesso tempo, trasgredire alle regole etiche, civili e penali. Il desiderio di una gravidanza sembra oggi sempre più subordinato al raggiungimento della tranquillità economica ed all’affermazione in carriera. Inevitabilmente, cresce sempre più l’età al primo figlio. L’età anagrafica, sommata ai fattori che maggiormente influenzano negativamente la fertilità, quali inquinamento, stress, utilizzo di farmaci, infezioni e fattori genetici, noti e non, rendono sempre meno fisiologiche le condizioni nel momento in cui la coppia decide di procreare. A questo si aggiunge, in molti casi, il ricorso della coppia, prima che al medico, ad internet, dove, potendo trovare ogni sorta di informazione, rischia di accontentarsi e fare propria quella più comoda, anche se non riflette la realtà dei fatti. Emerge chiaramente come il ruolo primario del medico della riproduzione sia quello di educare la coppia che a lui si rivolge, non solo in termini di prevenzione primaria, correggendo le abitudini e gli stili di vita che possono compromettere la fertilità e la salute generale e suggerendo gli stili di vita ideali, ma anche in termini di corretta informazione sulle reali possibilità diagnostiche e terapeutiche esistenti e percorribili. In secondo luogo, la presa in carico della coppia infertile implica la valutazione ed il follow-up di entrambi i partner della coppia al fine di garantire una valutazione graduale ed il meno invasiva possibile per entrambi, evitando così di incorrere in situazioni paradossali in cui uno solo, magari quello senza fattori di rischio per l’infertilità, venga studiato approfonditamente senza conoscere alcunché dell’altro. Questa è la via metodologica forse più razionale per giungere, laddove possibile, ad una conclusione diagnostica che risulta essere il punto di partenza dell’eventuale iter terapeutico. L’obiettivo del medico della riproduzione, infatti, dovrebbe essere quello di eseguire una diagnosi il più accuratamente possibile al fine di rimuovere le cause patogenetiche ed individuare una strategia terapeutica efficace mirata a risolvere il problema dell’infertilità con le minori conseguenze possibili sulla salute di entrambi. Il ricorso alle tecniche di PMA dovrebbe rappresentare l’ancora di salvezza per la coppia e per il clinico, non solo per le esigue percentuali di successo e per l’impegno economico, ma anche, e soprattutto, per le pesanti conseguenze sulla salute generale della donna e psicologica della coppia. Tuttavia, la decisione di intraprendere la strada della PMA è sempre più diffusa e si tratta, a volte, di una scelta già fatta, prima di rivolgersi al medico, dalla coppia che considera l’infertilità un ulteriore fattore stressante e vede in tali tecniche l’unica via d’uscita. Il ruolo della medicina della riproduzione, dunque, si rivela essere molto delicato. Non può prescindere dalla concertazione e dalla collaborazione delle varie figure che ruotano intorno ad una coppia infertile che si rivolge ad un centro per la terapia dell’infertilità, in quanto è necessaria una sintesi di tutte le competenze specialistiche che si occupano di tale coppia, al fine di avere una dettagliata analisi di entrambi i partner senza perdere mai la visione d’insieme. Da qui, la necessità, di fronte ad una coppia che si rivolge al medico per infertilità, di prendere in carico e seguire la coppia nel percorso clinico che è in procinto di intraprendere, individuare i fattori eziologici e le condizioni che hanno condotto allo status di infertilità ed impostare un corretto iter diagnostico-terapeutico atto non solo a risolvere, laddove possibile, l’infertilità, ma anche le ulteriori condizioni patologiche spesso associate all’infertilità.

Carlo Foresta
Professore Straordinario di Patologia Clinica,
Presidente della Società Italiana di Fisiopatologia della Riproduzione presso l’Università di Padova
Alberto Ferlin
Ricercatore in Patologia Clinica, Università di Padova
Damiano Pizzol
Dipartimento di Medicina Molecolare,
Servizio per la Patologia della Riproduzione Umana, Padova

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