Il gioco del male

Di Massimiliano Fanni Canelles

Il mercato del gioco d’azzardo, legale ed illegale, appare in fortissima espansione e trova applicazione nella forma classica ed in quella elettronica, sia delle sale gioco, sia grazie alla diffusione dei giochi on-line. Secondo l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), la forma legale ha registrato incrementi progressivi nel corso degli anni, fino ad arrivare a fatturare oltre 79,8 miliardi di euro nel 2011. In Italia, il fenomeno raggiunge il 4% del Pil nazionale e rappresenta, in termini di fatturato, la terza industria, dopo Eni e Fiat. Le relazioni della Commissione Parlamentare Antimafia evidenziano, inoltre, come il Gioco d’azzardo costituisca oggi “la nuova frontiera della criminalità mafiosa”, stimando in 50 miliardi di euro il fatturato annuale della criminalità organizzata.

Nel 2009 risultano investimenti nel settore di oltre 72,3 milioni di euro da parte delle industrie del gioco mentre, nel 2011, la spesa per pubblicizzare i giochi d’azzardo ha superato quota 106 milioni. Delle cifre in ballo, lo Stato incassa solo l’11%, a causa di un regime fiscale particolarmente indulgente nei confronti delle aziende attive nel settore. Nonostante la pressante crisi economica, il gioco d’azzardo risulta essere un fenomeno che coinvolge fasce della popolazione sempre più consistenti, emergendo come un dramma sociale di immane gravità. Il forte incremento di proposte autorizzate dallo Stato ha condotto ad un aumento esponenziale dell’abuso patologico di questo “passatempo”, proiettando l’Italia verso primati mondiali molto tristi. Prendendo in considerazione il campione di popolazione che può giocare d’azzardo legalmente – 47,7 milioni di maggiorenni – le statistiche evidenziano come la spesa pro-capite tocchi i 1.673 euro/anno a testa, mentre si stima siano quasi due milioni quelle a rischio e ben 708.225 quelle considerate affette da patologica dipendenza.

Ricerche condotte sulle abitudini di gioco dimostrano che sono prevalentemente coinvolte in questo fenomeno le fasce sociali più deboli e che il gioco patologico risulta spesso associato a persone di sesso maschile, giovani e caratterizzate da basso livello economico, scarsa scolarità e disoccupazione. I costi sociali del dramma sono ingenti e determinano pesanti ricadute sui percorsi di vita dei soggetti coinvolti. Nelle forme più gravi, dove si delinea la malattia da dipendenza, si evidenziano anche gravi risvolti economici, professionali, sociali, familiari, relazionali. I giocatori patologici sono soggetti ad una prevalenza maggiore di arresti, bancarotta, carcerazioni, esposizione al rischio usura. In loro si innesca un’inevitabile ricerca maniacale di recupero dei soldi perduti tramite nuove giocate o meccanismi illeciti ed illegali nel tentativo di trovare un sostentamento economico. Il risultato è sempre un peggioramento della salute mentale, con frequente esito nella depressione o nel suicidio. Purtroppo, in Italia il gioco d’azzardo patologico (GAP) non è ancora considerato una malattia e non viene inserito nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).

Il suo mancato riconoscimento quale malattia non consente l’erogazione di forme di assistenza gratuita, come avviene, invece, in Francia, Spagna, Svizzera, Germania, Stati Uniti. Gli “effetti collaterali” provocati dal suo uso e abuso sono pari ad altre forme di dipendenza. quali tabacco, alcool, droghe. La non considerazione da parte dello Governo delle conseguenze alla popolazione e all’economia dei cittadini e alle “casse” dello Stato è una forma di miopia preoccupante se non addirittura sospetta. Ma forse il problema è continuare a considerare questo fenomeno solo un gioco.

dati:
XII COMMISSIONE AFFARI SOCIALI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
INDAGINE CONOSCITIVA RELATIVA AGLI ASPETTI SOCIALI E SANITARI
DELLA DIPENDENZA DAL GIOCO D’AZZARDO

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