Una questione di stato

Graziano Bellio

Nello Stato esiste un chiaro conflitto di interessi tra proteggere i cittadini e garantire entrate erariali.

In Italia, il gioco d’azzardo è vietato. Per commercializzarlo è necessaria una specifica autorizzazione da parte dell’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato (AAMS), articolazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’azzardo è vietato perché esiste da sempre la consapevolezza della sua potenziale dannosità sociale. Nell’allargare la disponibilità di azzardo nel nostro Paese fino a limiti inauditi, lo Stato era quindi ben conscio dei problemi che avrebbero colpito tante famiglie. Ciononostante, non ha ritenuto di garantire alcuna protezione ed alcuna assistenza alle persone che cadono nella trappola dell’azzardo compulsivo.

Il gioco d’azzardo patologico non dovrebbe essere considerato come “vizio” o frutto di una qualche degenerazione morale: è un disturbo del comportamento riconosciuto dall’OMS e da tutte le organizzazioni scientifiche psichiatriche internazionali. Gli studi degli ultimi anni hanno sempre più convinto gli esperti che si tratta di una forma di dipendenza vera e propria, benché non sia causato da sostanze psicotrope. L’azzardo patologico mostra caratteristiche cliniche molto simili alle altre dipendenze: il giocatore è molto assorbito dal gioco e dal dover reperire tempo e denaro per giocare; tende a puntare somme sempre più elevate e torna ripetutamente a giocare nel tentativo di rifarsi delle perdite; può trovare piacere ed eccitamento nell’azzardo, ma anche sollievo da stati d’animo negativi, come ansia o depressione; ha perso il controllo e giocare diventa un’attività di cui non riesce più a fare a meno; può cadere in una situazione finanziaria insostenibile tale da spingerlo verso il compimento di reati; talora, il giocatore può anche diventare violento, specie in famiglia, o tentare il suicidio.

Con il loro lavoro pionieristico e fino a poco fa inascoltato, i soci di ALEA – associazione per lo studio del gioco d’azzardo e dei comportamenti a rischio – hanno continuamente ribadito la nocività delle politiche nazionali sull’azzardo, soprattutto nei confronti dei cittadini meno abbienti e di quelli più fragili: minori, malati mentali e soggetti con dipendenza da sostanze. Lo Stato e le aziende concessionarie hanno tuttavia agito sempre sulla base di un assunto teorico: il gioco legale è un gioco sicuro. Ebbene, i fatti oggi ci dicono che questo assunto è falso. La maggior parte delle conseguenze negative dell’azzardo compare proprio giocando nel bar sotto casa, nella ricevitoria del paese o nella sala da gioco dietro l’angolo. Chi commercializza l’azzardo ha perfino coniato una nuova parola, «ludopatia», nel tentativo di impedire ogni collegamento concettuale tra il gioco d’azzardo come fenomeno socialmente accettato e il gioco d’azzardo patologico.

È arrivato il momento di prendere atto, finalmente, di alcuni dati di fatto sui quali la comunità scientifica insiste da tempo:

1. Quanto maggiore è la diffusione e l’accessibilità dell’azzardo, tanto maggiore è la diffusione dei problemi correlati, primo fra tutti il gioco d’azzardo patologico;

2. L’evoluzione verso la dipendenza dall’azzardo non è dovuta solamente a fattori legati alla persona. La ricerca scientifica ha dimostrato che fattori di natura diversa, compresi fattori legati alla struttura dei giochi, possono facilitare il passaggio da comportamenti di gioco adeguati alla perdita del controllo. Esiste, quindi, una responsabilità oggettiva dello Stato e dei concessionari nel danno prodotto, tale da non poter essere emendata dalle semplici raccomandazioni di «giocare responsabilmente» e «giocare il giusto»;

3. Nello Stato esiste un chiaro conflitto di interessi tra proteggere i cittadini e garantire entrate erariali.

Soluzioni? Va detto chiaramente che il danno sociale e culturale derivato da una diffusione così polverizzata ed ubiquitaria dell’azzardo non potrà essere facilmente riparato. Tuttavia, è urgente occuparsi delle persone e delle famiglie in difficoltà.
È urgente che il Governo assuma iniziative per la protezione dei cittadini e la limitazione dell’azzardo e della sua promozione pubblicitaria. Questa funzione NON può essere assunta dall’AAMS che ha compiti di governo legale e finanziario. In altri termini, il conflitto di interessi deve trasformarsi in una dialettica tra differenti Autorità governative su cui possa intervenire il Capo del Governo in un’opera di mediazione che tenga conto di tutte le esigenze. È opportuno che agli Enti Locali venga concesso il potere di regolamentare orari e luoghi in cui collocare le sale da gioco a protezione di scuole e centri di aggregazione.

È urgente che il gioco patologico entri a pieno titolo nei livelli essenziali di assistenza (LEA) e, quindi, che le persone bisognose possano trovare aiuto presso le aziende sanitarie pubbliche. È indispensabile che vengano destinate all’assistenza, alla prevenzione ed alla ricerca, risorse vincolate non inferiori allo 0.5% dell’attuale prelievo fiscale sui giochi. Dovrebbe essere prevista la compartecipazione obbligatoria dei concessionari al reinvestimento etico-riparatorio di parte dei loro proventi, come previsto in altre legislazioni. Appare, infine, opportuno che i giochi d’azzardo vengano progressivamente ritirati dai pubblici esercizi e siano concentrati all’interno di club specificamente dedicati, all’interno dei quali i controlli e le politiche di gioco responsabile diventeranno più agevoli. Questo è, in sintesi, quanto Alea è andata a riferire alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati nel corso di una recente audizione dedicata ai problemi correlati all’azzardo. Anche lo Stato, ormai, è dipendente dal gioco, e solo una forte e costante pressione da parte dell’opinione pubblica riuscirà ad indurlo a rinunciare a questa sorta di pozzo di San Patrizio dai costi sociali elevatissimi.

Graziano Bellio
Presidente di ALEA – associazione per lo studio del gioco d’azzard e dei comportamenti a rischio
www.gambling.it

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