Un esempio di pratica terapeutica

Rolando De Luca

Uno dei presupposti più significativi per il successo di un percorso terapeutico di gruppo, secondo il modello utilizzato presso il Centro di Campoformido, è il coinvolgimento in terapia dell’intera famiglia, a dispetto della presenza del solo giocatore.

Il Centro di terapia di Campoformido nasce dall’esigenza di attuare una strategia terapeutica mirata ad ottenere il raggiungimento ed il mantenimento dell’astinenza dal gioco d’azzardo, a distanza di anni, estirpando il problema sin dalle sue radici più profonde, per il giocatore e per i suoi familiari.

Le prime sperimentazioni hanno avuto inizio nel 1993, attraverso un lavoro con un ristretto numero di giocatori e loro familiari, per poi risolversi positivamente nella costituzione del primo gruppo terapeutico composto da giocatori e familiari nel 1998, con il patrocinio del Comune di Campoformido (Ud).

Attualmente, sono in cura presso il centro di Campoformido oltre 200 persone, tra giocatori d’azzardo e loro familiari, a costituire ben dieci gruppi di terapia. Il 25 maggio 2000, infine, è stata formalmente costituita l’Associazione degli ex giocatori d’azzardo e loro famiglie (A.GIT.A), con sede presso il Comune di Campoformido, a riconoscimento dell’alto valore sociale delle iniziative da essa promosse.

La pratica terapeutica presso il centro di Campoformido
Dopo la richiesta di aiuto, che in genere perviene al Centro da parte di un familiare o di un congiunto del giocatore, la prassi prevede che il diretto interessato, preferibilmente assieme ai componenti significativi della sua famiglia, partecipi ad un certo numero di colloqui individuali.

Questi incontri hanno lo scopo di rilevare un’effettiva presenza di gioco d’azzardo “patologico” in base ai criteri stabiliti per questo disturbo dal DSM IV. In questa sede, inoltre, vengono fornite informazioni propedeutiche con lo scopo di preparare il giocatore ed i suoi familiari ai cambiamenti profondi – per quanto riguarda lo stile di vita, le relazioni ed il personale approccio con la realtà – ai quali sicuramente andranno incontro dal momento in cui decideranno di entrare in un gruppo di terapia. Queste prime sedute sono infine decisive nel creare il presupposto concreto per l’inizio del percorso terapeutico di gruppo, con la comunicazione chiara e dettagliata delle regole che strutturano lo specifico setting. Durante i colloqui preliminari vengono infatti comunicate le regole da rispettare per poter frequentare le sedute ed ottenere il maggior beneficio. Tutte s’intendono ugualmente determinanti per il funzionamento della terapia, con particolare riferimento a quelle riguardanti la deontologia della pratica terapeutica ed il rispetto della privacy.

Criteri organizzativi fondamentali del setting di gruppo
Uno dei presupposti più significativi per il successo di un percorso terapeutico di gruppo, secondo il modello utilizzato presso il Centro di Campoformido, è il coinvolgimento in terapia dell’intera famiglia, a dispetto della presenza del solo giocatore.
I familiari di chi gioca d’azzardo subiscono infatti le stesse traumatiche perdite di chi pratica direttamente quest’attività (sia sul piano economico, sia sul versante emotivo e psicologico) e costituiscono per lui un supporto e soprattutto un’importante prospettiva di confronto per le interpretazioni del terapeuta sul problema.

Inoltre, i problemi che si celano dietro al sintomo azzardo sono molto spesso di natura relazionale e riguardano quasi sempre l’ambiente sociale più vicino al giocatore, la sua realtà domestica, familiare e di coppia. Quindi, il partner e/o i familiari assumono un ruolo centrale nella formazione del sintomo e nel suo mantenimento, nonostante non ne siano i portatori diretti.
Èimportante che la famiglia accetti questa nuova luce attraverso la quale il problema dell’azzardo viene messo a fuoco e si dimostri disponibile a mettersi in discussione esattamente quanto il giocatore stesso. Molto spesso, prima dell’ingresso di quest’ultimo in terapia, i familiari e/o il partner iniziano il percorso nel gruppo per conto proprio, lavorando su se stessi e sulle relazioni distorte via via individuate a partire da quanto viene condiviso di sé con gli altri membri durante le sedute. Questo rende possibile un importante inizio di trasformazione del contesto immediato attorno al giocatore, idoneo a coinvolgerlo ed a trasformarlo prima ancora del suo ingresso, peraltro necessario, in terapia.

Al contrario, l’ingresso nel gruppo del solo giocatore fornisce risultati meno positivi, nonostante ciò risulti, in ogni caso, un importante spunto di riflessione su se stesso e sul proprio problema.
Ogni gruppo parte con un progetto condiviso. Formalmente, esso può essere inteso anche come il solo raggiungimento dell’astinenza dal gioco d’azzardo. In quanto sintomo, questa è, in effetti, la tematica dominante all’inizio della terapia. La fase di “gioco – non gioco” si può considerare superata in genere entro i primi due anni di terapia. Per questo motivo, in un secondo tempo, e per tutto lo svolgersi del percorso di gruppo, la terapia verterà sull’elaborazione di altri contenuti profondi che emergono, liberati dalla coltre del sintomo, attraverso l’espressione di sentimenti di rabbia, ansia e frustrazione relativi, questa volta, alla vita quotidiana precedente e, soprattutto, successiva alla dipendenza.

Portando alla luce le dinamiche relazionali e comunicative distorte, costituitesi e mantenute attraverso l’intera esistenza del paziente, e coinvolgendo nell’analisi anche la storia personale dei componenti significativi della sua famiglia, si giunge, infine, ad una ristrutturazione del suo stile di vita. Questa nuova ottica va poi integrata con la prospettiva di un’esistenza liberata dal sintomo e, per questo, potenzialmente inaccettabile da parte del giocatore e della famiglia, in quanto non più “condotta al limite”.

Per quanto riguarda i tempi di trattamento, le sedute osservano una cadenza settimanale, alla stessa ora, con un incontro che si protrae per due ore. La durata complessiva del percorso di terapia varia a seconda delle specifiche situazioni familiari ed in base alle caratteristiche del paziente, alle sue resistenze, alla sua età ed alla sua storia personale. È necessario pensare ad una dimissione dal gruppo solamente nel momento in cui gli interessati siano in grado di mantenere l’astinenza dal sintomo azzardo e, soprattutto, quando sia effettivamente possibile per loro concepire la propria vita quotidiana, libera dal sintomo, come accettabile e gratificante.
Naturalmente, la liberazione dalla dipendenza deve implicare anche il raggiungimento della capacità di fare a meno del gruppo, che ha costituito per anni un appoggio ed una fonte di sicurezza per l’ex giocatore e per la sua famiglia.

Non esistono tempi standard per questo tipo di terapia, ma sicuramente non si può pensare ad un percorso a breve termine; un concetto, questo, espresso chiaramente fin dal primo incontro con gli interessati e più volte ribadito durante lo svolgimento del lavoro terapeutico. In media, le dimissioni dal gruppo a Campoformido non avvengono prima di quattro anni ed è sempre il terapeuta che stabilisce quando sia opportuno concludere il trattamento. La composizione del gruppo, come già anticipato, include i giocatori d’azzardo patologici ed un numero variabile di loro parenti, congiunti o figure significative che si rendano disponibili ad intraprendere il percorso con loro.
Si tratta di gruppi eterogenei per età, sesso e livello socio-culturale, nonostante il terapeuta valuti, in sede di accoglienza, quale sia il gruppo maggiormente compatibile con i casi entranti per tipologia di problematica ed affinità di vissuti, al di là dei vincoli o delle preferenze di orario e di giornata.
Infine, le sedute si tengono sempre nella stessa sala, all’interno della quale i membri del gruppo ed il terapeuta si dispongono seduti in cerchio.

Dati riguardanti i dieci gruppi terapeutici di Campoformido

Riportiamo, a seguire, alcuni dati riferiti al 30 settembre 2010 ed emersi in questi anni d’attività clinica con le famiglie in terapia presso il Centro di Campoformido:

Stato civile
Al 74%, i giocatori sono sposati o convivono; il 26% di essi non vive in coppia (10% in famiglia, 16% soli).

Titolo di studio
Il 7% è in possesso della licenza elementare; il 40% della licenza media; il 47% di un diploma ed il 6% di laurea.

Provenienza
I giocatori provengono per l’89% dalla Regione Autonoma Friuli – Venezia Giulia; per il restante 11% dal Veneto.

Abitudini relative al gioco
Il 28% dei giocatori frequentava il casinò; il 19% giocava alle new slot (ex videopoker), il 16% al lotto, il 13% al superenalotto; l’11% al gratta e vinci; il 5% alle corse di cavalli; il 2% frequentava le bische; l’1% giocava al Bingo. Il restante 5%, infine, si dedicava ad altri giochi (Totocalcio, scommesse, ecc).

Età dei partecipanti
Il 3% dei giocatori ha meno di trent’anni; il 28% un’età compresa tra i trenta ed i quaranta; il 33% tra i quaranta ed i cinquant’anni; il 25% tra i cinquanta ed i sessant’anni; l’11% ha più di sessant’anni. Per quanto riguarda i familiari che accompagnano in terapia i giocatori, si evidenzia come il 47% di essi abbia più di cinquant’anni, registrando dunque un’età media piuttosto elevata; questo specifico dato induce a ritenere che i giocatori e le famiglie arrivino al nostro Centro con esperienze di gioco d’azzardo protratte nel tempo.

Sesso
L’87% dei giocatori in terapia è costituito da maschi ed il 13% da femmine. In merito alle giocatrici presenti in terapia (età media 52 anni), è interessante osservare come la loro età media sia relativamente avanzata rispetto a quella dei giocatori maschi (età media 46 anni). In molti casi esse giungono al Centro da sole, senza il supporto dei familiari, e in condizioni estremamente critiche.

Professione
Il 54% dei giocatori è costituito da lavoratori dipendenti, il 26% da lavoratori autonomi, il 17% da pensionati, il 3% da casalinghe. È interessante notare come all’interno dei nostri gruppi non vi siano disoccupati, né tra i giocatori, né tra i familiari.

Frequenza
Il 92% dei giocatori partecipa ai gruppi di terapia assieme ai familiari. L’8% dei giocatori viene invece in terapia da solo. Il 23% dei familiari che vi partecipa lo fa senza la presenza del giocatore. Ciò significa che le famiglie sentono altrettanto forte, se non in misura maggiore rispetto ai giocatori, la necessità di partecipare ai gruppi, in qualche modo anticipando il lavoro sulle relazioni all’interno del contesto familiare.

Abuso d’alcol, tabacco e sostanze psicotrope
Viene confermato che molti giocatori d’azzardo sono forti fumatori (il 62%); parimenti, si accerta l’abuso d’alcool (almeno tre volte alla settimana) nel 22% dei giocatori e di una o più sostanze psicotrope nel 2%.
Tuttavia, è interessante osservare come nel corso della lunga terapia di gruppo le persone tendano ad abbandonare completamente anche la dipendenza da tabacco (nel 30% dei casi), il che significa che si fa strada un nuovo stile di vita, decisamente orientato al benessere.
A conferma di ciò, si consideri come nei gruppi sia stato osservato un decremento di soggetti fumatori dal 90% al 62%.

Percentuale d’abbandono
La percentuale d’abbandono nel 2009/2010 è stata del 5%. Secondo la nostra esperienza, in tutti i casi di abbandono si verifica un più o meno repentino ritorno al sintomo. È inoltre importante considerare come la presenza ai gruppi risulti costante e continuativa durante tutto l’anno e che le assenze vengano in genere sempre motivate preventivamente. Il numero di persone che hanno concluso regolarmente la terapia nel 2009/2010 è stato maggiore di quello che l’hanno abbandonata.

Risultati terapeutici
Il 90% dei giocatori che partecipano alla terapia non gioca più d’azzardo. Il restante 10%, pur continuando a frequentare la terapia, continua a giocare, anche se in misura assolutamente inferiore. La conclusione naturale della terapia riguarda centoquarantadue persone, tra ex giocatori e familiari (rispettivamente, nel numero di 50 e 92). Chi termina la terapia nei tempi prescritti, ad eccezione di due persone, non risulta tornare al sintomo (i cambiamenti, in ogni caso, non riguardano, ovviamente, solo il gioco d’azzardo).
È evidente che i dati riportati, pur rappresentando una tendenza, non possono essere considerati definitivi. Ci sentiamo invece di poter sostenere con certezza che la terapia di gruppo per i giocatori e per le loro famiglie rappresenti uno degli strumenti più adeguati per affrontare la dipendenza da gioco d’azzardo, un problema sempre più “emergente” nella nostra società.

Rolando De Luca
Psicologo, psicoterapeuta, responsabile del Centro di Terapia di Campoformido (UD)
www.sosazzardo.it

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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