Le proposte del Ministro

Ministro Paola Severino

“Credo che rispettare i valori fondamentali sia la prima esigenza di un Governo e di un Parlamento che siano attenti al rispetto della nostra Carta fondamentale”.

Il programma del Ministero della Giustizia parte da una considerazione: la durata di questo Governo, che è prevista avere termine, se tutto andrà bene, al massimo ad aprile del 2013. Mi è sembrato dunque del tutto inutile propormi e proporre alla Commissione Giustizia e al Parlamento dei programmi ambiziosi, che non si sarebbero potuti realizzare.
Credo che in questo breve tempo, perché è un breve tempo per la cadenza cronologica del Governo e del Parlamento, si possano e si debbano affrontare alcune situazioni che richiedono una maggiore sollecitudine e una più intensa e più celere attenzione da parte del Governo e del Parlamento, se condividerà questo tipo di programma. Non è difficile intuire il primo tema, perché credo che sia un tema della cui straordinarietà ed eccezionalità tutti si rendano conto, un tema spesso emergenziale e nuovamente emergenziale: quello del carcere. Il sovraffollamento carcerario è un dato numericamente noto e condiviso, laddove i numeri per fortuna – in questo caso per sfortuna – non ingannano mai, perché abbiamo un surplus di carcerazione rispetto alla possibilità contenitiva delle carceri di diverse migliaia di unità. Questo rende la permanenza in carcere di chi è in carcerazione preventiva o definitiva in contrasto con i diritti più elementari assicurati dalla nostra Costituzione. Credo che rispettare i valori fondamentali sia la prima esigenza di un Governo e di un Parlamento che siano attenti al rispetto della nostra Carta fondamentale. Il tema è, come sempre, quello di trovare i rimedi migliori. Posso esporre solo i rimedi che sono di competenza del Governo, cioè che il Governo può suggerire: molti hanno chiesto di parlare dell’amnistia, ma dirò subito che l’amnistia è provvedimento di iniziativa parlamentare. Se il Parlamento troverà quella maggioranza qualificata che è richiesta per l’amnistia, ovviamente nulla quaestio, ma io sono qui per parlare dei provvedimenti che può promuovere il Ministro della Giustizia, non certo di un provvedimento di competenza esclusivamente parlamentare. Su questo vorrei cercare di fugare ogni dubbio, ogni incertezza: non si tratta di essere favorevoli o contrari, ma si tratta semplicemente di attribuire e ascrivere a ciascuno il potere che ha. Non è quindi tra i poteri del Ministro quello di affrontare il tema dell’amnistia. Cercherò di essere ancora più precisa, perché, se il tema dell’amnistia che non è di competenza del Ministro non si sposerà comunque a una serie di provvedimenti che renderanno, non voglio dire permanente, ma stabile l’afflusso e il deflusso dei detenuti, si tratterà di una manovra umanitariamente molto utile e comprensibile, ma non stabilmente risolutiva del problema. È solo con lo studio, che si può eventualmente affiancare nella prospettiva che dicevo, di altri provvedimenti, di misure alternative al carcere, che il problema potrà avere una sua stabilizzazione. Soltanto se riusciremo a studiare e proporre misure alternative idonee a mantenere il numero delle persone custodite in carcere tendenzialmente stabile, riusciremo ad ottenere un risultato che non sia precario e legato a un tempo che comunque le cadenze del passato ci hanno già dimostrato essere non definitivamente risolutivo. Quali sono le misure alternative che sono allo studio e che si possono approfondire? Innanzitutto le misure tradizionali, quale quella della detenzione domiciliare, che potrebbe diventare istituto alternativo al carcere. Si potrebbe introdurre nel sistema delle pene, insieme alla detenzione carceraria, una forma di detenzione domiciliare, che risolverebbe alcuni problemi in chiave di carcerazione dopo la condanna, e cercare di allargare la platea sulla quale operare con la detenzione domiciliare in chiave preventiva. Questo contempererebbe le esigenze di riduzione parziale del sovraffollamento con le esigenze di assicurare sicurezza sociale, perché il problema di una diretta reimmissione in libertà sconterebbe comunque un problema di pericolosità e dunque dovrebbe essere filtrato attraverso l’istituto della detenzione domiciliare. Vi sono poi altri istituti che sono stati ampiamente sperimentati su categorie di soggetti particolari, per esempio i minori, come la messa in prova, sistema che ha ampiamente funzionato e ha dato ottimi risultati.
Il minore è più facilmente plasmabile in senso positivo del detenuto maggiorenne, però la messa alla prova ha ricalcato schemi molto sperimentati, che dunque potrebbero essere ripetuti – sia pure con qualche aggiustamento – anche in termini di misura alternativa alla carcerazione. Il terzo punto, quello che forse ha suscitato più interesse a livello di diffusione comune, è il tema del braccialetto, che io non considero una soluzione finché non sarà provato che sia meno costoso del carcere e che funzioni. Mi sono chiesta però perché non provare a verificarlo, perché da comune cittadino, prima ancora che da Ministro della Giustizia, sinceramente non ne ho compreso sino in fondo il non funzionamento. Non comprendevo, infatti, se si trattasse di cause tecniche o di cause dovute alla mancanza di abitudine, oppure a un pregiudizio culturale, e sto cercando di fare questo approfondimento, che mi sembra comunque utile. Come tutti loro sanno, la convenzione scadrà a dicembre del 2011, e non sarebbe mia intenzione incentivarne il rinnovo prima di aver verificato che sia effettivamente più economica la riattivazione di una convenzione e l’uso molto implementato del braccialetto. Si sta quindi verificando se costi e benefici abbiano un equilibrio o se addirittura, si possa realizzare un risparmio, perché dalle primissime proiezioni sembrerebbe che tra il costo della detenzione giornaliera e il costo del braccialetto, se si riuscisse ad applicarne un numero significativo, il risultato andrebbe a beneficio del braccialetto. I numeri parlano da soli e, se ci diranno che c’è una convenienza economica, visto che questo Governo si pone tra i primi obiettivi quello dell’economia, del risparmio, si potrebbe aprire una via alla considerazione dell’altro aspetto, ovvero se vi sia un ostacolo tecnico alla sua applicazione. Anche lì, dalle prime verifiche fatte sembrerebbe di no, perché l’evoluzione tecnologica realizzata nell’ultimo decennio sembrerebbe consentire una localizzazione della persona nel suo movimento, e dunque di seguirne gli spostamenti e di monitorarla attraverso il braccialetto. Le prime verifiche dimostrano anche che il braccialetto non sarebbe rimovibile, ovvero che i tentativi di rimozione farebbero scattare un allarme, per cui si potrebbe intervenire previa localizzazione, sempre che sia tecnicamente possibile, come sembra. Queste sono le condizioni per cui l’uso del braccialetto potrebbe essere una terza forma di soluzione alternativa o congiunta con quella della detenzione domiciliare, e potrebbero anche essere affrontati altri problemi, quali i provvedimenti di divieto di avvicinamento, conseguenti per esempio allo stalking o ad altre categorie di reati, che potrebbero consentire un monitoraggio della situazione. Questo è però forse nel cassetto dei sogni del futuro. Mi sono chiesta dunque perché non riattivare una verifica da questo punto di vista, e la verifica sembrerebbe avere delle prime indicazioni significativamente positive. Naturalmente, nel corso degli incontri che auspico frequenti con la Commissione Giustizia della Camera, aggiornerò sullo stato delle verifiche e quindi porterò dati numericamente e tecnicamente apprezzabili su questa terza possibilità. Lo studio è quindi concentrato sulla proposta di misure alternative al carcere, che consentano una deflazione carceraria graduale, che renda sicuri anche sotto il profilo delle possibili recidive. I dati e gli studi condotti in molti Paesi – mi sono stupita di vedere quanti Paesi abbiano adottato questa tecnologia – sono confortanti anche sotto questo profilo, perché sembra che la percentuale di recidivi con l’uso del braccialetto diminuisca in maniera vertiginosa, dunque il suo utilizzo è un forte deterrente rispetto alla commissione di altri reati. Questo è il primo tema da affrontare nel programma. Il secondo e il terzo tema sono legati a due aspetti di estremo rilievo per il programma generale di questo Governo, ovvero al tema dell’efficienza e del risparmio. Recuperare efficienza risparmiando: questo è l’obiettivo, ambizioso, ma sintomatico e significativo, di questo Governo.
Siamo in un momento nel quale lo stato dell’economia ci impone di essere e di dimostrare di essere efficienti, di saper affrontare i problemi in maniera efficace, e questa coniugazione dei due temi fa emergere due sfondi problematici. Uno è quello del processo civile, la cui inefficienza e la cui lentezza sono il sintomo di un’economia che non funziona, perché rivolgersi alla giustizia civile e non averne risposte tempestive comporta, dal punto di vista del cittadino, che è nell’economia del Paese, e delle imprese, una situazione di inefficacia e di inefficienza assolutamente deprecabili. Su questo tema già è stato fatto molto, nel senso che ci sono stati provvedimenti che hanno riguardato la giustizia civile, lo studio di una serie di sistemi e diritti alternativi, ma altro si potrebbe fare per accelerare i tempi del processo civile. Rivedere e migliorare: questo è obiettivo fondamentale per un Paese che voglia crescere e uscire dall’emergenza, per un Paese che voglia stare al passo con l’Europa e vedere la propria economia assistita anche in quelle forme giudiziarie necessarie per dar ragione a chi chiede giustizia civile, a chi chiede di essere risarcito, a chi chiede di rientrare del proprio credito, a chi chiede il riconoscimento di un diritto patrimonialmente rilevante. Il secondo obiettivo è dunque quello di un completamento della riforma della procedura civile e della ricerca di forme più efficaci, per rendere il processo civile snello e ragionevole nei tempi. Cerco di essere sintetica, per lasciare spazio a tutti coloro che vogliano intervenire, ma naturalmente su ognuno di questi temi sono disponibile per eventuali approfondimenti. Il terzo punto, che è sempre legato ai temi dell’efficienza e del risparmio, è la riduzione del numero delle circoscrizioni giudiziarie, quindi la revisione del loro sistema condivisa da molti. Alcune circoscrizioni giudiziarie devono essere soppresse, e questo è il tema di condivisione generale, ma quando si va a discutere di quali e quante, naturalmente, il dibattito si apre a una serie di richieste, di esigenze, alcune obiettive e altre magari soggettive. Credo che la ricerca di un parametro oggettivo, con il quale attuare una riforma le cui linee sono già presenti, sia l’unica garanzia per poter procedere celermente e in maniera snella verso la soppressione delle circoscrizioni giudiziarie inutili, superflue ed eccedenti. È questo il tema: non «se» farlo, ma «come» farlo, e come farlo nella maniera più obiettiva possibile. Anche questo è oggetto della ricerca che stiamo avviando in questi giorni all’interno del Ministero, che spero possa portare a risultati appaganti e condivisi. Questi sono i tre punti centrali del programma di Governo, ma, naturalmente, ci sono tanti temi importanti e di tanti ho avuto notizia leggendo i progetti che sono all’esame di questa Commissione e della Commissione Giustizia del Senato, che riguardano la famiglia, l’implementazione della legislazione antimafia. Se ci fossero tempo e possibilità, sarebbero tutti progetti da portare avanti, ma il problema è vedere quanto si riuscirà a fare. Per il momento, mi considererei già appagata se i tre obiettivi che ci siamo posti fossero portati avanti in maniera efficace. Mi sembra un discorso di concretezza, che naturalmente si può sempre riaprire ad altri suggerimenti, ad altre valutazioni, qualora fossimo talmente capaci, bravi e/o fortunati da portare intanto a compimento questa parte del programma.

Ministro Paola Severino
Estratto dall’Audizione
del Ministro della Giustizia
sulle linee programmatiche del suo Dicastero

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