L’export di armi: i dati truccati

Giorgio Beretta

La Relazione dell’Unione Europea sulle esportazioni militari appare oggi, a tredici anni dall’entrata in vigore del Codice di Condotta, un documento pressoché inservibile per poter analizzare con precisione le esportazioni effettive di armamenti dei Paesi dell’Unione.

Un rapporto che presenta gravi mancanze e diverse anomalie, che sollevano più di un interrogativo sull’attendibilità dei dati forniti dai governi e sul sistema dei controlli da parte dei parlamenti: è ciò che si ricava da un’attenta analisi della “XIII Relazione annuale sul controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari”, pubblicata a fine anno sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. È innanzitutto singolare che la pubblicazione di questa importante Relazione (470 pagine dense di tabelle e dati) avvenga nell’ultimo giorno lavorativo dell’anno (venerdì 30 dicembre) senza alcuna notifica né sul sito del Consiglio dell’Unione Europea – Consilium (responsabile della sua pubblicazione) e nemmeno da parte del Parlamento europeo. L’impressione è che la si voglia considerare un “atto burocratico” dovuto, ma sul cui contenuto appare evidente l’intenzione dei governi nazionali di non voler aprire alcun dibattito. A partire, innanzitutto, dalle cifre che la Relazione riporta suddivise per autorizzazioni (licences) e consegne (exports).
Le autorizzazioni all’esportazione per aree geo-politiche
Le autorizzazioni (licences) all’esportazione di materiali militari, che comprendono anche quelle relative ai “programmi intergovernativi” (solitamente contabilizzati a parte dalle relazioni nazionali), hanno visto, nel 2010, un decremento del 21% rispetto al 2009, quando avevano raggiunto la cifra record di oltre 40,3 miliardi di euro*: si tratta di oltre 31,7 miliardi di euro, che si avvicinano ai valori del 2008 (33,5 miliardi) e rappresentano, comunque, una delle maggiori cifre dall’entrata in vigore del Codice di Condotta europeo sulle esportazioni di armi. La contrazione maggiore riguarda gli ordinativi dei Paesi dell’Unione Europea, passati dagli oltre 13 miliardi del 2009 ai circa 9 miliardi del 2010 (-33%). Essa appare dovuta all’incedere della crisi economica che ha portato diversi Paesi dell’Unione a ridurre i propri budget militari. Ma in calo risultano anche gli ordinativi dei Paesi del Medio Oriente (-31%) e del Nord America (-16%): va però notato che le commesse del Medio Oriente avevano toccato, nel 2009, il record storico di 9,6 miliardi – nel 2010 si attestano a circa 6,7 miliardi – mentre quelle del Nord America, nel 2010, superano di poco i 3,9 miliardi. Nell’insieme, le autorizzazioni all’esportazione di armamenti verso i Paesi del Sud del mondo sfiorano i 15,5 miliardi e costituiscono il 48,8% del totale. È questo il primo dato significativo che andrebbe valutato dal Parlamento europeo, alla luce dei chiari divieti espressi dalla Posizione Comune 2008/944/PESC dell’Unione Europea che, tra l’altro, chiede agli Stati membri di “valutare la posizione del Paese destinatario in rapporto ai pertinenti principi stabiliti dagli strumenti internazionali in materia di diritti umani”: un’attenta analisi delle consistenti autorizzazioni all’esportazione di armamenti verso i Paesi del Medio Oriente (6,7 miliardi), dell’Africa (2 miliardi), dell’Asia (4,7 miliardi) ed anche dell’America centro-meridionale (2,1 miliardi) dovrebbe sollevare più di qualche interrogativo sull’effettiva applicazione dei criteri restrittivi definiti nella Posizione Comune. Nello specifico, andrebbero chiarite, in dettaglio, le licenze concesse per l’esportazione di armamenti verso i regimi di alcuni dei maggiori acquirenti di sistemi militari europei che nel 2011 hanno visto sollevazioni e moti popolari, come Arabia Saudita (2,4 miliardi), Oman (1,16 miliardi), Algeria (933 milioni), Kuwait (653 milioni), Marocco (411 milioni), Libia (293 milioni), Egitto (211 milioni), Yemen (34 milioni e 103 milioni di consegne effettuate), Bahrain (56 milioni) e Tunisia (26 milioni) senza dimenticare, nel continente asiatico, Thailandia (505 milioni) e Pakistan (492 milioni). Venendo ai principali fornitori di armi, la Francia (11,2 miliardi) si conferma anche nel 2010 come il maggior esportatore dell’Unione, seguita da Germania (4,7 miliardi), Italia (3,2 miliardi), Regno Unito (2,8 miliardi), Spagna (2,2 miliardi), Austria (1,7 miliardi), Svezia (1,4 miliardi), Belgio (1 miliardo) e Paesi Bassi (912 milioni).

Le anomalie della Relazione: le consegne di armamenti
I dati fin qui esposti confermano sostanzialmente le cifre reperibili nei rapporti nazionali presentati dai governi ai parlamenti dei rispettivi Paesi. Le anomalie concernono, invece, le cifre sulle consegne effettive (exports) di sistemi militari. Innanzitutto, una minuscola nota alla Tabella A.I. avverte che Belgio, Danimarca, Germania, Polonia, Grecia, Irlanda e Regno Unito “could not supply these data” e che, pertanto, i totali della “riga C” (le consegne) “non riflettono le effettive esportazioni di armamenti dell’Unione”. Non è la prima volta che questi Paesi non forniscono all’Unione le cifre sulle consegne di armamenti. Già lo scorso anno gli stessi Paesi non le avevano presentate: in particolare – da una mia ricognizione di tutti i 13 rapporti – se Grecia ed Irlanda non li hanno presentati solo negli ultimi due anni, Belgio e Germania non li stanno riportando dal 2007, la Polonia dal 2006, mentre Danimarca e Regno Unito non li stanno fornendo fin dal 2003. Una mancanza di non poco conto, sulla quale andrebbe sollevata qualche interpellanza parlamentare, considerato che le “linee guida” per la compilazione del Rapporto sono state definite da oltre dieci anni e ribadite due anni fa con l’implementazione della nuova Posizione Comune del 2008 (2008/944/PESC). Si tratta di una mancanza alquanto sospetta soprattutto nel caso di Regno Unito e Germania, due dei maggiori esportatori europei ed internazionali di sistemi militari. Da diversi anni il governo britannico fornisce al proprio parlamento un rapporto che – pur denso di dati – non riporta le cifre sulle effettive esportazioni, mentre quello tedesco le riporta dettagliatamente (si veda la Tabella “Kriegswaffenausfuhren in den Jahren 1997 bis 2010” – “Esportazioni di armi negli anni 1997-2010”, p. 45): i valori presenti nella tabella per gli anni 2003 – 2006 coincidono perfettamente con quelli riportati nelle precedenti Relazioni della UE. Anche quelli per gli anni successivi potevano essere trasmessi alla UE, considerato che il rapporto tedesco è già disponibile da tempo.

La principale anomalia: i dati forniti dall’Italia sulle esportazioni
La maggior anomalia riguarda, però, i dati forniti dall’Italia. Infatti, mentre il Rapporto e la più ampia Relazione ufficiale della Presidenza del Consiglio sulle esportazioni di armamenti italiani riportano come “operazioni di esportazione effettuate” un valore di circa 2.754 milioni di euro (p. 33 e le seguenti tabelle per i Paesi Nato/Ue ed extra Nato/Ue), il governo italiano ha segnalato alla UE esportazioni effettuate (exports) per soli 615 milioni di euro (p. 443 “riga C” della Relazione UE). Considerato che negli anni scorsi le cifre relative alle consegne di armamenti delle Relazioni della Presidenza del Consiglio e del Rapporto della UE erano pressoché identiche – e cioè 2.205 milioni di euro (nel 2009); 1.772 milioni (nel 2008) e 1.267 milioni (nel 2007) – vien da chiedersi quale novità sia sopravvenuta tra il marzo scorso (data di pubblicazione del Rapporto italiano) ed il 30 dicembre, tanto da ridurre a meno di un quarto (da 2.754 a 615 milioni) la cifra delle consegne di fatto già effettuate nel 2010 e quindi con armamenti già passati e registrati dall’Agenzia delle Dogane. Considerate queste reiterate mancanze, la Relazione dell’Unione Europea sulle esportazioni militari appare oggi, a tredici anni dall’entrata in vigore del Codice di Condotta, un documento pressoché inservibile per poter analizzare con precisione le esportazioni effettive di armamenti dei Paesi dell’Unione. Occorre ormai chiedersi se queste, più che carenze ed anomalie, non siano invece un subdolo e reiterato boicottaggio dell’unico documento ufficiale dell’Unione in grado di esplicitare con precisione informazioni di ampio interesse che concernono la politica estera e la difesa dei Paesi europei.
* Nota: Lo scorso 3 dicembre, sulla Gazzetta Ufficiale Ue 2011/C354, è apparsa una Rettifica che – correggendo numerosi dati della precedente Relazione – certifica quanto già in precedenza accertato da Unimondo e dalla Rete Disarmo e cioè che i 7,9 milioni di euro di esportazioni di armi semi-automatiche inviate nel 2009 al colonnello Gheddafi non erano di provenienza maltese, ma italiana. Va anche in questo caso notato che le 48 pagine di “rettifiche” non sono precedute da alcuna presentazione e giustificazione, quasi si trattasse di meri errori contabili.

http://www.disarmo.org/rete/a/35323.html

Giorgio Beretta
Analista Rete Italiana per il Disarmo

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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