Il caso dell’uranio killer

Rosario Giorgio Costa

La Commissione ha rilevato una condizione di forte preoccupazione nella popolazione, ma anche l’attenzione di istituzioni nazionali e locali e delle stesse Forze Armate.

L’inchiesta parlamentare in corso sulle cause di malattia e di morte del personale militare impiegato in missioni all’estero o in installazioni e basi in Patria, comunemente ricondotta all’indagine sugli effetti patogeni dell’uranio impoverito, sta producendo effetti importanti nella definizione di una politica organica di prevenzione e protezione della salute nelle Forze Armate e di tutela a favore di coloro che hanno contratto patologie invalidanti e dei familiari delle vittime cadute prestando la propria opera al servizio del Paese. Come è noto, la Commissione di inchiesta istituita nella corrente Legislatura, presieduta da chi scrive, ha iniziato i propri lavori nel settembre del 2010, ed è idealmente e politicamente erede delle analoghe Commissioni d’inchiesta istituite nella XIV e nella XV Legislatura, sotto la presidenza, rispettivamente, del senatore Franco e della senatrice Brisca Menapace. Quelle Commissioni furono concordi nell’affermare che, allo stato delle ricerche e delle conoscenze, non si poteva né sostenere, né negare con certezza la connessione causale diretta di alcune gravi patologie contratte dal personale militare in missione all’estero con l’esposizione all’uranio impoverito contenuto nelle testate di proiettili utilizzati dalle Forze Armate di Nazioni alleate all’estero (ma non in dotazione alle Forze Armate italiane). Di conseguenza, si sostenne, al termine dell’inchiesta svolta nella XV Legislatura, che, nella disciplina legislativa dell’indennizzo dovuto a chi si era ammalato ed agli eredi di chi era deceduto, il legislatore avrebbe dovuto attenersi ad un principio di probabilità (le particolari condizioni ambientali ed operative di cui parla la legge finanziaria 2006 come causa possibile delle patologie) e non attardarsi nella ricerca di un nesso diretto di causalità, tanto più nel caso di patologie tumorali, notoriamente ad eziologia multifattoriale, come è stato sostenuto anche dai numerosi esperti ascoltati nell’ambito delle cinquantotto sedute tenute dalla Commissione dal settembre del 2010 ad oggi.

Dunque, la Commissione, i cui lavori sono attualmente in corso, ha fatto propria ed ha sviluppato l’impostazione che tutti possono leggere nelle conclusioni delle inchieste svolte nelle passate legislature. Ho avuto più volte occasione di dichiarare, in proposito, che l’esatta affermazione per cui, allo stato delle conoscenze, non si può indicare nella contaminazione da uranio impoverito la causa certa e determinante delle patologie invalidanti, non deve essere intesa alla stregua di una frettolosa archiviazione del “caso uranio”, come qualche critico non del tutto disinteressato ha insinuato all’inizio dell’inchiesta parlamentare, restando, peraltro, rapidamente smentito dai fatti. Deve intendersi come presupposto per l’estensione del campo dell’indagine a tutti i fattori di criticità che possono determinare rischi per la salute degli appartenenti alla Forze Armate italiane. Questi possono e devono essere previsti, quantificati ed eliminati, così come avviene per ogni lavoratore. Ciò che, a mio avviso, va abbandonato, è un’impostazione dell’inchiesta parlamentare concentrata unilateralmente sulla “ricerca del killer”: lungo questa strada, infatti, si rischia di smarrire la dimensione complessa di un problema il quale, per essere affrontato nel modo più proficuo, richiede un approccio privo di pregiudiziali ed attento ad una pluralità di fattori. Da qui, ad esempio, deriva l’attenzione rivolta agli effetti sulla salute del personale militare derivanti dalla contaminazione da nanoparticelle di metalli tossici formatesi per effetto delle elevate temperature sprigionate dall’impatto dei proiettili all’uranio impoverito (o al tungsteno) sui bersagli. Risulta altresì importante un approfondimento sulla composizione e sulle modalità di somministrazione dei vaccini al personale militare, tema indicato, peraltro, dalla Deliberazione istitutiva della Commissione del 16 marzo 2010. Nel corso dei suoi lavori, la Commissione ha verificato come il problema della salute del personale militare debba essere preso in considerazione non soltanto con riguardo a coloro che sono chiamati ad operare nei teatri internazionali, ma anche a coloro che prestano servizio in Patria e, più segnatamente, presso particolari tipi di installazioni.

C’è un dato da tenere presente, desumibile dai numeri forniti dall’Amministrazione della Difesa nel corso delle inchieste parlamentari svolte nella XIV e nella XV Legislatura: l’85% dei militari che hanno contratto patologie gravemente invalidanti, o sono deceduti per patologie tumorali, non ha preso parte a missioni all’estero. Ha prestato servizio in Patria. Sempre in coerenza con le indicazioni della Deliberazione istitutiva, è quindi scaturita l’attenzione verso la condizione sanitaria del personale addetto ai poligoni di tiro. L’interesse della Commissione è stato attratto, in particolare, dal dibattito sulla situazione del Poligono interforze di Salto di Quirra (PISQ): la segnalazione, proveniente da più parti, di una condizione sanitaria ed ambientale di quel territorio anomala rispetto alla media nazionale e che ha fatto parlare i mass media di una vera e propria “sindrome di Quirra”, ha dato luogo ad un vivo e diffuso allarme sociale che non può essere ignorato o sottovalutato. Oltre ad incontrarsi con il procuratore della Repubblica di Lanusei, titolare dell’indagine giudiziaria sull’area, la Commissione si è recata più volte in Sardegna, anche al fine di acquisire informazioni sugli altri due poligoni, Capo Teulada e Capo Frasca. La Commissione ha potuto constatare l’esistenza non solo di una condizione di forte e diffusa preoccupazione nella società civile, ma anche di un apprezzabile livello di attenzione da parte delle istituzioni nazionali e locali e delle stesse Forze Armate. Proprio per tale ragione, nel prendere atto dei risultati del progetto di caratterizzazione ambientale svolto da soggetti privati su commissione del Ministero della Difesa, e delle valutazioni espresse dal Comitato misto di indirizzo territoriale (un organismo in cui i rappresentanti delle istituzioni locali siedono a fianco degli esponenti dell’amministrazione della Difesa), la Commissione ha ritenuto necessario che esso fosse completato con un’indagine epidemiologica a carattere sistematico, indispensabile per assicurare un quadro oggettivo della condizione sanitaria della popolazione, presupposto indispensabile per ripristinare condizioni di serenità riscontrabili solo in seguito ad un’opera di accertamento della verità scevra di qualsiasi forma di negazionismo, da un lato, e di allarmismo, dall’altro. Per questo aspetto, la Commissione ha trovato conferma del suo orientamento nel voto con cui il Senato, nella seduta pomeridiana del 23 febbraio 2011, ha approvato due mozioni sulla questione del Poligono di Salto di Quirra: una di esse (la mozione n. 366, primo firmatario il senatore Giampiero Scanu, approvata all’unanimità) prevedeva, tra l’altro, di affidare all’Istituto Superiore di Sanità l’incarico di costituire un board scientifico, d’intesa con la Regione Sardegna, al fine di pervenire alla stesura di un rapporto sulla situazione sanitaria del territorio circostante il Poligono. Per perseguire tale indirizzo, la Commissione si è rivolta sia all’Assessorato alla Sanità della Regione Sardegna, sia all’Istituto Superiore di Sanità, nonché agli organi competenti dei Ministeri della Difesa e della Salute. Ha inoltre agito per superare perplessità e resistenze che avrebbero potuto compromettere l’avvio dell’indagine.

Quest’ultima è invece partita con la presentazione, il 15 dicembre scorso, a Cagliari, del board scientifico coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, nel corso di un workshop promosso dall’Assessore regionale alla Sanità, al quale ho avuto il piacere di partecipare in qualità di relatore. Analoga opera di raccordo, stimolo ed indirizzo è stata svolta dalla Commissione in materia di indennizzi in favore del personale militare colpito da patologie invalidanti e dei superstiti in caso di decesso. Anche in questo frangente la Commissione ha inteso svolgere un ruolo propulsivo per superare una situazione nella quale, al novembre 2010, nessun indennizzo risultava erogato, non solo per i ritardi dell’amministrazione, ma anche per la vischiosità dei procedimenti derivanti da una normativa che subordinava la concessione della speciale elargizione (così è definito l’indennizzo per le vittime del dovere ed i soggetti equiparati) alla difficilissima dimostrazione della sussistenza di un nesso diretto di causalità tra esposizione all’uranio impoverito e l’insorgere delle patologie. Una provvida modifica della normativa, intervenuta nel febbraio dello scorso anno, ha opportunamente sostituito il nesso di causalità con un principio probabilistico, secondo l’auspicio espresso dalla Commissione, ripristinando le condizioni affinché si potessero sbloccare i procedimenti concessivi. Da febbraio a dicembre, il serrato confronto della Commissione con gli organi competenti dell’amministrazione ha consentito di pervenire all’importante risultato della liquidazione dell’indennizzo previsto dalla legge in favore di circa un centinaio di richiedenti. Pur essendo ancora nel pieno dei propri lavori, la Commissione ha pertanto conseguito due importanti risultati, su Salto di Quirra ed in materia di indennizzi, proprio per essersi posta in un’ottica dinamica e pragmatica ed aver affrontato i problemi posti nel corso dell’inchiesta con una tempestività conseguente alla loro rilevanza, senza peraltro dimenticarsi di approfondire le varie materie indicate dalla Deliberazione istitutiva. Si è voluto, in un certo senso, mettere a punto la macchina mentre essa era in corsa, nella consapevolezza che, nel nostro caso, il traguardo da raggiungere è costituito dalla piena tutela della salute del personale militare, al quale tutto il Paese guarda con rispetto e fiducia.

Rosario Giorgio Costa
Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito, senatore

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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