Il contributo del Volontariato nella crisi economica

La crisi non è solo economica, ma anche culturale e richiede di ripensare al modello di sviluppo economico ed alle condizioni che lo rendono sostenibile, tra le quali è imprescindibile la centralità della persona, oggi e in proiezione futura, con l’attenzione alle nuove generazioni.

Nel vortice della crisi economica che vede la moneta unica vacillare, potrà l’Unione Europea contare sulle comuni radici culturali e sui valori di cooperazione, uguaglianza e solidarietà che ne hanno reso possibile la costituzione fin dal lontano 19511? Di certo, il Volontariato è un fattore di coagulo e partecipazione democratica che, attraversando tutti gli Stati, può svolgere una funzione di collante naturale dei valori di solidarietà e coesione sociale. Il dato ufficiale riferito ai volontari, generoso quanto approssimativo, parla di circa 100 milioni di Europei, vale a dire 23 cittadini su 100 di età superiore ai 15 anni. Siamo di fronte ad una naturale contaminazione di cittadinanza attiva e solidale quale fattore propulsivo di sviluppo civile, sociale ed economico della UE? Il dato, tuttavia, è approssimativo per eccesso e rappresenta manifestazioni eterogenee di attivismo civico, oltre a registrare un fenomeno ancora frammentato e privo delle caratteristiche di “movimento di società civile”, dotato di un ruolo politico specifico ed incisivo, oltre che riconosciuto dall’Unione Europea. È comunque una risorsa in crescita ed importante, per l’Europa e per ogni singolo Paese, per il contributo sia in servizi, sia di “vision” sui temi dello sviluppo e della Democrazia. La crisi, d’altra parte, non è solo economica, ma anche culturale e richiede di ripensare al modello di sviluppo economico ed alle condizioni che lo rendono sostenibile, tra le quali è imprescindibile la centralità della persona, oggi e in proiezione futura, con l’attenzione alle nuove generazioni. Recuperare l’umanesimo insito nella propria tradizione e nella propria cultura significa, per la UE, riconoscere il Volontariato quale soggetto irrinunciabile, per i valori che testimonia ed i processi che attua, oltre che per i servizi che realizza a sostegno di un sistema di Welfare ovunque impoverito. Esso rappresenta l’espressione più genuina di una “Big Society” autonoma ed orientata al bene comune2. Le istituzioni comunitarie lo hanno compreso e ne è prova la proclamazione dell’Anno europeo delle attività di Volontariato.

Riconoscimento europeo del Volontariato: dalle parole ai fatti
Dopo il riconoscimento, ormai ventennale, del Volontariato in Italia, operato con la legge 266/1991, vi è stata la recente presa di posizione europea sul contributo del Volontariato alla coesione economica e sociale, prima con la Risoluzione del Parlamento europeo del 22.4.20083 e, successivamente, con la proclamazione dell’”Anno europeo delle attività di Volontariato che promuovono la cittadinanza attiva”. Nelle intenzioni del Consiglio europeo, tale iniziativa vuole contribuire a «mettere in evidenza che il Volontariato è una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva4 e della Democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione e in tal senso contribuirà allo sviluppo armonioso delle società europee».
Al riconoscimento formale, dovrebbe far seguito una serie di provvedimenti al fine di:
a) definire e misurare in modo omogeneo il fenomeno dell’attività di Volontariato, basandola sui due requisiti irrinunciabili della gratuità e della solidarietà (scopo esclusivo), riferendo il principio di solidarietà al concetto giuridicamente più attuale di “interesse generale”;
b) armonizzare il quadro normativo e legislativo, piuttosto confuso ed eterogeneo, tra i diversi Paesi, comprendendo i temi del sostegno e delle tutele dei volontari, nonché della fiscalità e di un modello di finanziamento sostenibile per le loro organizzazioni;
c) monitorare il fenomeno sul piano quantitativo e qualitativo attraverso una raccolta dati ed un’attività di ricerca a livello europeo sistematica e periodica;
d) riconoscere ai volontari, in particolare ai giovani, con un apposito strumento di validazione, il portafoglio delle competenze acquisite attraverso l’attività e le esperienze di Volontariato, opportunità privilegiate di apprendimento da valorizzare rispetto ad un mercato del lavoro che cambia;
e) promuovere il Volontariato in ogni sua forma e manifestazione, incentivare quello giovanile e gli scambi tra i volontari dei diversi Paesi e le loro organizzazioni.

Obiettivi dell’Anno europeo del Volontariato
L’Anno in corso non è solo celebrativo ed intende conseguire quattro ambiziosi obiettivi:
1) promuovere e sostenere condizioni favorevoli alla partecipazione civica. Significa, anzitutto, sensibilizzare i cittadini a vivere la solidarietà come valore costitutivo della socialità. Di conseguenza, chiunque, nell’adempimento dei propri doveri, coniughi la ricerca della propria realizzazione e del proprio benessere con i valori della solidarietà, attua la «gratuità del doveroso»5, felice sintesi del concetto di cittadinanza attiva e solidale. Ciò significa promuovere anche la presenza e l’impegno dei cittadini nelle organizzazioni solidaristiche, fisiologicamente alle prese con il turn over dei volontari e con il ricambio generazionale. Notevole, al riguardo, è stata la realizzazione, in Italia, dei “laboratori di cittadinanza partecipata”, che hanno coinvolto molti studenti: partendo dall’analisi dei bisogni del loro territorio, essi sono stati protagonisti della conseguente progettualità. Il “futuro” del Volontariato dipenderà dalla capacità di assolvere al meglio la funzione – oggi più importante – della promozione della partecipazione solidale. Anche le istituzioni sono tenute ad assumere un ruolo promozionale nei confronti del Volontariato, preservandone libertà ed autonomia, invece di esercitare un mero controllo burocratico, e favorendone la partecipazione ai Tavoli della concertazione e della progettazione delle politiche sociali locali;
2) migliorare la qualità delle attività di Volontariato ed incoraggiare la collaborazione in rete. Il 2011 ha permesso lo scambio delle migliori prassi, il confronto di modelli, la possibilità di progettazioni condivise tra i volontariati di aree o Paesi diversi. Migliorare la qualità delle attività di Volontariato comporta però la costante attuazione di attività quali la formazione permanente per lo sviluppo di conoscenze, competenze ed identità, la lettura del territorio (rilevazione di bisogni e risorse), la valutazione dell’operatività (esiti ed impatti), la rendicontazione sociale (trasparenza) in coerenza con una cultura di risultato da comunicare ai portatori di interesse ed ai donatori. La rete, infine, è una modalità organizzativa la quale riconosce che, su alcuni obiettivi o progetti, il fatto di lavorare insieme agli altri risulta più produttivo che operare singolarmente. Essa è importante anche quale coordinamento unitario ed interfaccia delle istituzioni;
3) diffondere sistemi di incentivi ed assicurare pieno riconoscimento all’attività di Volontariato, sia in termini di sostegno progettuale, logistico e di qualificazione delle associazioni, come avviene nel nostro Paese attraverso i Centri di Servizio per il Volontariato, sia di cooperazione tra imprese profit ed organizzazioni di Volontariato. Importante è anche l’istituzionalizzazione del contributo al Volontariato della fiscalità generale (es. 5 per mille) e, per i volontari, l’incentivo della certificazione delle competenze acquisite;
4) sensibilizzare l’opinione pubblica e suscitare una presa di coscienza collettiva sull’importanza del Volontariato per la soluzione dei problemi, lo sviluppo armonioso della società e la coesione sociale. Il tema richiama il compito della responsabilizzazione di tutti i cittadini affinché possano “concorrere al progresso materiale e spirituale della società”. Una sensibilizzazione capillare ed adeguata è condizione necessaria perché i cittadini prendano coscienza dei problemi e delle potenzialità della loro azione. La presa di coscienza promuove la partecipazione che, a sua volta, ha come effetto che si affrontino i problemi, fino alla loro auspicabile soluzione e, quindi, al cambiamento sociale. Tale processo è anche espressione e rafforzamento della democrazia partecipativa, quella diffusa e molecolare dei cittadini e delle comunità6. Il Volontariato esercita anche un impatto rispetto agli obiettivi socio-economici stabiliti dalla UE, in quanto determina effetti positivi sulla cittadinanza (è scuola di sussidiarietà), sull’inclusione sociale (di gruppi sociali altrimenti emarginati), sull’occupazione (sperimenta nuove professionalità), sull’istruzione (espande l’educazione permanente e sostiene il diritto allo studio) e sullo sviluppo delle competenze (è fonte di capitale culturale e di abilità sperimentate sul campo).

Volontari in Europa: urge una definizione condivisa
Risultato auspicato dell’Anno è l’elaborazione della “Carta europea del Volontariato” per contribuire a fare chiarezza sulla definizione di volontario e di Volontariato. Nel convegno di Venezia (31.03 – 01.04.2011), all’apertura dell’Anno europeo in Italia, vi è stato un confronto con gli osservatori del fenomeno di altri Paesi europei. L’intervento più ricco di dati è stato quello dell’esponente della Germania7 che ha riportato le cifre dei volontari nel suo Paese. Nel 2009, essi rappresentavano il 37% della popolazione. Un dato eclatante – ma percentuali elevate sono emerse anche negli interventi degli esponenti di altre Nazioni – mentre nel nostro Paese, secondo l’indagine ISTAT 2010, i volontari (di età superiore ai 15 anni) raggiungono un’incidenza del 10%, pari a poco meno di 5 milioni di cittadini8. Un divario consistente, ma tale spread si deve ad una disomogenea definizione di volontario. In Germania è tale qualunque persona che svolga un’attività senza remunerazione in un qualsiasi tipo di associazione. È quindi tale anche il volontario dell’associazione pro-disabili, il socio della bocciofila e lo sportivo dell’associazione dilettantistica. Ovvero, le persone che si occupano dell’«interesse generale» come quelle che condividono con altri associati un qualche «interesse comune» nel tempo libero, senza, quindi, esternalizzare i benefici della loro azione. In Italia, invece, è considerato volontario colui il quale opera gratuitamente e solidaristicamente.

1 Nel 1951 nasce la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) per un accordo tra i sei Paesi fondatori, mentre, nel 1957, con il Trattato di Roma, tali Paesi decidono di dar vita alla Comunità Economica Europea (CEE) basata su un mercato comune più ampio. Con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, nel 1993, nasce l’Unione Europea (UE) che annovera oggi 27 Paesi. Nel 1999 viene introdotta la moneta unica, l’euro.
2 Cfr., Emmanuele F.M.E., Il terzo pilastro. Il non profit motore del nuovo Welfare, Roma, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008.
3 Il 02.07.2008 la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo sull’”Agenda sociale rinnovata: Opportunità, accesso e solidarietà nell’Europa del XXI secolo” stabilisce l’obiettivo di “dimostrare solidarietà”: «la solidarietà è l’elemento costitutivo del funzionamento della società europea».
4 Decisione del Consiglio dell’Unione Europea del 27.11.2009.
5 Cfr. Lipari N., Per un Volontariato quale modello di cittadinanza, in “Un modello di cittadinanza”, Fondazione Italiana per il Volontariato (a cura di E. Gastaldi e L. Mariotti), Roma, 2005, pp. 16-28.
6 Cfr., Falerno A., Dagli eccessi dello spreco alla cultura della sobrietà, Taranto, Edizioni Archita, 2009 e Marcon G., Come fare politica senza entrare in un partito, Milano, Feltrinelli, 2005.
7 Frank Heuberger della BBE – Bundesnetzwerk Burgeschaftliches Engagment.
8 ISTAT, La vita quotidiana nel 2010. Indagine multiscopo annuale sulle famiglie, Roma, 2011

Renato Frisanco
Responsabile Studi e Ricerche Fondazione Roma-Terzo Settore

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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