Squallore d’Italia!

“Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!”
(Purgatorio · Canto VI).
“Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!”
(Nanni Moretti, Palombella Rossa, 1989)

Quando il logos, inteso come pensiero critico, razionale ed oggettivo, ha prevalso sul mythos o, per meglio dire, sul pensiero mitico e, in senso lato, sull’autorità della tradizione arcaica e sui princìpi accettati e condivisi acriticamente, abbiamo compreso come la lingua sia potere ed il linguaggio quotidiano uno specchio fedele del nostro tempo e del nostro pensiero. Non vi è bisogno, quindi, di essere filosofi del linguaggio e studiosi di Logica ed Etica per comprendere le strette connessioni tra le funzioni del pensare e del parlare. Sostanzialmente, tutti abbiamo a disposizione un vocabolario abbastanza ampio per esprimere un concetto. L’uso che ne facciamo, però, ci denuda di fronte ai presenti, anticipa il nostro agire e, in qualche modo, ci rende vulnerabili. Sono questi semplici assunti a farci desumere che il linguaggio berlusconiano (le espressioni linguistiche in uso al Presidente del Consiglio ed a quanti si riconoscono nella sua stretta cerchia), a prescindere dagli aspetti penali e morali, denoti un atteggiamento sprezzante nei confronti delle donne e del femminile, mentre gli uomini, nell’immaginifico mondo del “partito dell’amore”, sono ridotti ai ruoli di comprimari, estorsori, cornuti e lacchè. Non si tratta solo di come le donne siano usate a proprio piacimento – in fin dei conti, ci troviamo davanti ad un banale mercato prostitutivo, declinato in “cena elegante” – ma del modo in cui i principali protagonisti di questo teatrino, fin troppo affollato di procacciatori, donne in vendita ed un solo utilizzatore finale, colpito da un’evidente forma di sex addiction (in Italiano, dipendenza da sesso), percepiscano loro stessi e gli altri. Della visione che hanno dei rapporti tra i sessi e della società nel loro insieme.

Il primo elemento che si coglie è un senso di vecchiume ed inadeguatezza che non viene colmato né dalla giovane età delle protagoniste, né da Berlusconi stesso, che ha fatto del giovanilismo (il fondotinta pesante, la bandana, la calza davanti all’obiettivo per attenuare le rughe, ecc.) il suo punto di forza. Le prostitute, da che mondo è mondo, sono sempre state molto giovani (“carne fresca”, come ha sentenziato una parlamentare europea), ciniche e spregiudicate (o spinte ad esserlo). Anche se ribattezzate ed ingentilite da diversi eufemismi, amiche, bambine, escort, olgiettine, veline, e frequentano i palazzi istituzionali, le caratteristiche di base non cambiano. Sono disposte a vendersi o a “vendere la propria madre” (le parole sono di una delle dirette interessate) pur di raggiungere denaro e successo. Peccato che non si siano rese conto di essere state già alienate al prezzo deciso da altri, e siano già entrate nella categoria della merce avariata. Si credono forti ed invidiate. Rappresentano, invece, l’anello più debole dell’intero sistema. È un mondo variegato di donne a perdere, quello che emerge dal pensiero berlusconiano. Alcune sono ambiziose e vogliono scalare in fretta le vette del successo. Altre sono rispettabili mogli di notai, imprenditori, professionisti, prestate per andare a Palazzo Grazioli e partecipare alle feste novello Trimalcione. “In mezzo a queste ci sono capitate delle mignotte”, ha ammesso un’altra delle protagoniste.

Ci chiediamo come fosse possibile distinguere le une dalle altre. Poco importa. I clienti abituali di questo tipo di mercimonio non amano le sottigliezze. Quasi sempre anziani e, comunque, con evidenti deficit relazionali, non amano le donne e le disprezzano anche quando sembrano omaggiarle. Dietro l’apparente atteggiamento paternalistico, sono uomini che coltivano un profondo disprezzo per l’altro sesso e, in fin dei conti, anche per se stessi. “Vedi, dovremmo averne due a testa, se no mi sento sempre in debito, tu porta per te e io porto le mie. Poi ce le prestiamo. Insomma, la patonza deve girare”. Per questo, il linguaggio ossessivo e monomaniacale captato nelle conversazioni telefoniche, ma anche quello usato in diversi momenti pubblici dell’attività politica ed istituzionale, fanno del berlusconi-pensiero un archetipo vecchio e malato, che usa ed abusa sempre degli stessi cliché. Dal “sei una bella ragazza, trovati un marito ricco” al “bunga bunga”, fino all’ormai istituzionalizzato partito del “forza gnocca”, il vocabolario berlusconiano, battuta dopo battuta, s’immiserisce fino ad appiattirsi sullo stile in uso agli habitué ed alle maitresse delle case chiuse del tempo che fu. Su questo punto ha ragione l’estimatrice della donna-escort-tangente: “ha scoperto l’acqua calda”. Quand’anche volessimo ricercare un criterio di obiettività nelle parole usate, sussurrate e, quindi, pensate dai rispettabili frequentatori dell’invidiabile e dell’invincibile, non riusciremmo a trovare un solo discorso in cui la donna, ridotta per lo più ad apparato genitale, non compaia nelle più spregiudicate combinazioni. Gli stessi concetti applicati a donne esponenti di altre forze politiche, quando non addirittura Capi di Stato esteri, fanno precipitare il tutto in uno stato di profonda inquietudine. Ancora più insulsi appaiono i tentativi di giustificazione ed auto-giustificazione per un pensiero ed uno stile di vita degradato, parassitario, avvilente. “Quando io uso una parola, significa esattamente ciò che ho deciso che essa significhi, né più, né meno” fa dire Lewis Carroll ad Humpty Dumpty (Alice nel paese delle meraviglie). Ed è vero, così come è vero che il messaggio dipende dall’informazione di fondo ed il linguaggio è uno strumento per ampliare le proprie esperienze. Nello specifico, dobbiamo constatare che ci troviamo di fronte ad una preoccupante involuzione socio-culturale. Ridotte a merce di scambio, sfruttate, defraudate di una personalità: (Amò, però mettiti una minigonna inguinale.. (…) vestiti proprio a mignotta! Mettiti vestito nero corto altezza fica… si deve vedere il pelo appena). Spesso, sono loro stesse a precipitare, non si comprende con quanta consapevolezza, in situazioni sempre più grottesche: “Ho vissuto un giorno da leone, non cent’anni da pecora come vorrebbero i comunisti!”, ha affermato una delle tante assoldate dal lenone-cocainomane, piazzista di protesi, per allietare le serate eleganti del premier a tempo perso.

La video-intervista è diventata un cult del web, suscitando sghignazzamenti e parole di sdegno. Ma perché prendersela tanto? La vergogna è per chi una rispettabilità la possiede. Altre fanciulle tacciono, alcune si offendono e pretendono un risarcimento (si è mai visto chiedere i danni per aver partecipato ad una cena elegante?), qualcuna segue pedissequamente i consigli dell’utilizzatore seriale e dei suoi legulei. Fa la matta e nega l’evidenza, la nipote minorenne di Mubarak, tra un’esibizione di lap dance ed una notte passata in questura con l’accusa di furto. È estasiata e felice per papi, l’attricetta di quart’ordine napoletana, istruita all’arte dell’adescamento dagli stessi genitori. Hanno avuto un rapporto affettuoso, che è sconfinato nell’innamoramento, le fidanzate che ruzzolano per le scale, le consigliere regionali, le parlamentari, le starlette televisive. L’unica consolazione è quella di apprendere che stima ed affetto, tra l’imperatore e le protette, o mantenute (come ha affermato Vittorio Sgarbi, noto cultore della bellezza), sono reciproci. “Non me ne fotte un c… se lui è il Presidente del Consiglio, cioè, è un vecchio e basta. A me non me ne frega niente, non mi faccio prendere per il culo. Si sta comportando da pezzo di m… pur di salvare il suo culo flaccido”, dice una delle tante innamorate, foraggiata con incarichi pubblici di prestigio. Non l’unica. Un’altra fortunata aggiunge: “So che mi stanno ascoltando, ma queste cose le dico lo stesso. A lui gli fa comodo mettere te e me in Parlamento perché dice ‘bene me le sono levate dai coglioni, lo stipendio lo paga lo Stato’”. I contribuenti italiani ringraziano. È stato lo stesso Silvio Berlusconi ad affermare, in un video messaggio che ha fatto il giro del mondo, “Non ho mai pagato per avere rapporti con una donna, e da dopo il divorzio ho una nuova relazione stabile. Le accuse contro di me sono infondate”. Rimane da comprendere se si tratti di idiosincrasia o tra i segni tangibili dell’amore disinteressato rientrino anche le buste con il denaro contante, la promessa di una comparsata in TV, un posto tra le file del “partito dell’amore” o nel neonato “forza gnocca”, un seggio senatoriale o una combinazione qualunque di altri ricchi premi e cotillon. Qualcuno insiste a spiegarci che il modello berlusconiano è vincente. Questo assunto, in parte, è vero, ma solo per quella parte di Italiani (pochi o tanti?), donne e uomini, i quali, vivendo di frustrazioni e nella più squallida mediocrità, ribaltano il proprio complesso di inferiorità, presentandolo come un ideale desiderabile, destinato a pochi eletti.

Nessuna fatica per lo studio, praticamente nullo l’impegno, inesistente la fatica del lavoro, futile e di corto respiro la gratificazione personale. In altri termini, lo sforzo minimo per raggiungere il livello più basso della scala sociale. Il logos, però, è inesorabile e, come sempre, trionfa sul mythos. Il re è nudo ha strillato il bambino della nota favola di Andersen. Il Paese è rimasto in mutande, hanno aggiunto tutti gli altri. La patonza di Volpedo (genialità di Vauro) ne ha certificato la penosa condizione. Il bagaglino istituzionale ha i giorni contati e, al pari del ridanciano spettacolo, chiude per i pochi spettatori rimasti. E le ragazze? “Te l’ho detto. È carne bruciata… una bella strega da mettere sulla catasta…” (Umberto Eco, Il nome della rosa, 1980). Antropologi ed etnologi degli anni a venire si occuperanno di studiare e confrontare lo strano fenomeno che ha fatto regredire fino a tal punto sessanta milioni di cittadini italiani, equamente divisi tra estimatori e denigratori. Quei pochi contemporanei, infima minoranza, ancora cultori del significante e del significato, si consoleranno rileggendo il Sommo Poeta, chiedendosi se vi sia ancora qualcuno che osi negare l’inscindibile nesso tra il presente, la memoria del passato e l’anticipazione del futuro:
“Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!”
(Purgatorio, Canto VI).

Bianca La Rocca
Capo ufficio stampa Sos Impresa – Confesercenti

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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