L’oggettivazione sessuale

Le ricerche mostrano che l’esposizione a modelli idealizzati ed irraggiungibili di corpo femminile correla, nelle donne, con diminuzioni dell’autostima, disturbi dell’umore, sintomi depressivi, disturbi alimentari. Anche la salute fisica risente negativamente della sessualizzazione: le ragazze insoddisfatte del loro corpo tendono, per esempio, a fumare di più.

La mercificazione è una forma di deumanizzazione. Riduce la donna ad oggetto, merce, strumento del volere e del piacere altrui, negandole la possibilità di realizzarsi come persona capace di decidere ed agire in modo responsabile ed autonomo. Nella società contemporanea, sempre più spesso il corpo femminile è usato come strumento per vendere, o diventa esso stesso oggetto in vendita. Dalle forme più esplicite, costituite dalla prostituzione e dalla pornografia, alle forme più sottili di oggettivazione mediatica, il fenomeno invade la quotidianità in modi tali che è impossibile eluderlo. Proprio la sua pervasività lo rende difficile da concettualizzare e contrastare. I mass media giocano un ruolo decisivo nella cultura dell’oggettivazione sessuale, dato che propongono immagini femminili e maschili che assurgono a modelli dell’agire sociale. Come hanno mostrato numerosi studi, le donne vengono sessualizzate dai media in modi quantitativamente e qualitativamente diversi rispetto a quanto succede agli uomini. Le immagini pubblicitarie, per esempio, si concentrano sul corpo femminile, o su alcuni suoi elementi, in una sorta di gigantesca sineddoche, in cui una parte è sufficiente per indicare il tutto. La mercificazione del corpo femminile è penetrata anche nell’ambito politico, come hanno dimostrato i recenti scandali sessuali che hanno rivelato il fenomeno della donna-tangente. Il concetto di “utilizzatore finale”, impiegato dall’avvocato Ghedini per spiegare l’incontro tra il leader di governo ed una “escort”, resterà negli annali della letteratura psicosociale come definizione sintetica ed efficace del rapporto asimmetrico tra un uomo soggetto ed una donna oggetto.

Un altro punto estremo, nell’oggettivazione della donna in politica, è stato raggiunto nella primavera del 2011, quando, in alcune città venete, sono comparsi dei manifesti che esibivano, fianco a fianco, una donna procace, a seno nudo, eretta a simbolo di un federalismo fattivo, ed una donna piegata dall’anoressia, simbolo, invece, di un federalismo inconsistente. Poco importa che i manifesti siano stati sconfessati dallo stesso Movimento Veneto Libero, sotto la cui sigla erano comparsi. Ciò che conta è che, con la loro affissione, si è valicata un’ultima frontiera: la deumanizzazione dell’immagine femminile nella propaganda politica è stata spinta fino a strumentalizzare la sofferenza estrema, mediante l’esibizione dell’immagine di Isabelle Caro, deceduta proprio a causa dell’anoressia. La mercificazione non riguarda solo le donne, ma anche uomini, adolescenti, maschi e femmine, bambini e bambine. Sono sempre maggiormente diffuse le campagne pubblicitarie che mostrano piccoli di pochi anni in atteggiamenti adulti. Veicolano al pubblico più giovane messaggi sessuali prima che venga sviluppata la capacità di farvi fronte dal punto di vista cognitivo, emotivo e fisico. La fascia di età in cui più pericolosa risulta l’esposizione alla mercificazione del corpo è l’adolescenza. Si tratta di un periodo delicato, durante il quale si verificano profonde trasformazioni fisiche che incidono sull’identità degli adolescenti, rischiando di comprometterne sicurezza ed autostima. Nella pubertà, il corpo delle ragazze diventa “pubblico”, viene guardato, valutato, commentato, fatto segno di richieste e, spesso, molestie. Le adolescenti imparano presto che molti, troppi, intorno a loro, le valutano esclusivamente per il loro aspetto fisico. Vengono così iniziate alla cultura dell’oggettivazione sessuale, nella quale sono costrette a nuotare, come i pesci nell’acqua, secondo l’efficace immagine di Catharine MacKinnon.

Le conseguenze psicologiche e sociali della mercificazione del corpo
La mercificazione dell’immagine femminile comporta pesanti conseguenze per la vita delle donne, come spiega la teoria dell’oggettivazione sessuale, proposta nel 1997 da Barbara Fredrickson e Tomi-Ann Roberts. Secondo le autrici, oggettivare significa ridurre le donne ad oggetti di consumo, uguali, interscambiabili, privi di individualità. L’oggettivazione si esprime in una grande varietà di forme, che lasciano però trasparire una malinconica monotonia di fondo: alle donne vengono richiesti pochi atteggiamenti stereotipati, ruoli limitati, corpi e volti identici. Quando sono oggettivate, le donne interiorizzano la prospettiva dell’osservatore e si considerano oggetti il cui valore dipende dall’aspetto fisico. L’auto-oggettivazione è il processo chiave mediante il quale donne e ragazze imparano a pensare a se stesse come ad oggetti del desiderio altrui. Storicamente, l’auto-oggettivazione è legata al ruolo subordinato delle donne nella storia, ed al fatto che la bellezza fisica è tradizionalmente stata uno dei pochi mezzi disponibili al genere femminile per acquisire potere e mobilità sociale. Fare attenzione al modo in cui ci si presenta agli altri ed interiorizzare lo sguardo altrui è una strategia antica che permette di controllare le relazioni sociali nella speranza di migliorare la qualità della propria vita. Si tratta, però, di una tecnica che induce a focalizzare pensieri e comportamenti sull’aspetto fisico, sottraendoli ad altri possibili interessi. Se l’oggettivazione può essere stata funzionale nel passato, quando le donne vantavano ben poche possibilità di sottrarsi ad un ruolo precostituito, risulta penalizzante nella società attuale, come illustrano vari studi sull’impatto negativo della sessualizzazione sulle prospettive di carriera. I costi più alti dell’oggettivazione sono quelli che incidono sul benessere psico-fisico: l’oggettivazione conduce all’auto-oggettivazione, che scatena emozioni negative, rende difficili le prestazioni cognitive, riduce le esperienze motivazionali di picco, abbatte la consapevolezza degli stati interni. Questa catena di relazioni contribuisce alla diffusione degli stati depressivi, delle disfunzioni sessuali, dei disordini alimentari. La prima conseguenza dell’auto-oggettivazione è l’aumento delle esperienze emozionali negative legate al corpo. Nella società contemporanea, le donne sono continuamente esposte a modelli irraggiungibili di corpi femminili levigati e perfetti. Il confronto con tali immagini provoca sentimenti di ansia, vergogna, disgusto per la propria inadeguatezza. Tali emozioni generano tensione, analisi ossessiva del proprio aspetto, desiderio di sfuggire allo sguardo altrui, stati confusivi caratterizzati dall’incapacità di pensare ed agire con chiarezza.

La sessualizzazione provoca, inoltre, effetti negativi sul funzionamento cognitivo. Pensare ossessivamente al corpo, confrontandolo con gli standard culturali dominanti, lascia poche risorse cognitive disponibili per altre attività mentali e fisiche. La sessualizzazione contribuisce quindi ad abbassare interessi, risultati scolastici, aspirazioni di donne e ragazze nei campi più impegnativi, limitando le opportunità di formazione ed affermazione professionale. Altra conseguenza dell’auto-oggettivazione è la riduzione delle esperienze di stati motivazionali di picco, vale a dire di quei momenti, purtroppo rari, in cui si è completamente assorbiti da attività fisiche o mentali molto impegnative, che danno la sensazione di essere vivi, creativi, liberi dal controllo altrui. Il continuo richiamo all’aspetto fisico, esercitato da uno sguardo esterno o interno, interrompe la concentrazione e diminuisce la possibilità di provare tali esperienze. Le donne sperimentano una minore consapevolezza dei propri stati interni, che si traduce in una ridotta capacità di individuare ed interpretare correttamente le proprie sensazioni fisiche perché troppo concentrate sull’aspetto esteriore. Gli effetti negativi dell’oggettivazione influenzano negativamente la vita affettiva di donne e uomini. Quando una persona tratta un’altra come un oggetto, è difficile che provi per questa dell’empatia, sentimento necessario perché le relazioni intime siano soddisfacenti e stabili. Se donne e ragazze sono viste come oggetti sessuali, invece che come persone complete, dotate di interessi propri, talenti, specificità, uomini e ragazzi incontreranno difficoltà a stabilire con loro relazioni diverse da quelle meramente strumentali. Come detto, le ricerche mostrano che l’esposizione a modelli idealizzati ed irraggiungibili di corpo femminile correla, nelle donne, ed in particolare nelle adolescenti, con diminuzioni dell’autostima, disturbi dell’umore, sintomi depressivi, disturbi alimentari. Anche la salute fisica risente negativamente della sessualizzazione: le ragazze insoddisfatte del loro corpo tendono, per esempio, a fumare di più. Altre conseguenze negative riguardano la sfera della sessualità. Il benessere sessuale necessita di intimità, fiducia in sé e nel partner, bassi livelli di stress. Diminuisce quando le donne guardano a se stesse con uno sguardo oggettivante. L’auto-oggettivazione è legata a minore assertività e maggiori comportamenti a rischio: le ragazze meno sicure di sé sono meno consapevoli dei loro desideri e fanno minor uso di mezzi anticoncezionali. A livello sociale, la mercificazione delle donne contribuisce al mantenimento dell’ineguaglianza tra i generi ed alla diffusione di atteggiamenti e comportamenti sessisti. L’esposizione ad immagini che oggettivano le donne influenza i giudizi sulle donne in generale e causa una più accentuata tolleranza degli stereotipi di genere, del mito dello stupro (la credenza che le donne lo provochino con il loro comportamento), delle molestie sessuali, della violenza interpersonale. L’esposizione ad immagini oggettivanti, infine, influenza le interazioni tra uomini e donne. Ad esempio, dopo aver visto contenuti oggettivanti, gli uomini sono spinti a pensare alle donne come ad oggetti sessuali, a trattarle di conseguenza e a non riconoscere il loro contributo allo sviluppo della società.

Chiara Volpato
Professore Ordinario di Psicologia Sociale Università Bicocca di Milano

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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