L’evoluzione del suono

Nel passato erano le nuove tecnologie a scacciare le vecchie. Oggi, invece, sono sempre più spesso i fenomeni sociali a decidere. Il declino del CD come supporto audio, per esempio, non è attribuibile a una sua ridotta qualità, ma all’introduzione di nuovi modelli di business nel mercato della musica.

Le tecnologie per la produzione e per la fruizione della musica hanno seguito, nel corso dei decenni, un’evoluzione apparentemente erratica. Era il 1877 quando Edison organizzò, presso gli uffici della Scientific American, il famoso esperimento in cui, usando un foglio di latta arrotolato su un cilindro rotante, riuscì a riprodurre la sua voce che declamava la filastrocca “Mary had a little lamb”. Anche se la prima registrazione musicale fu realizzata poco tempo dopo (con il trombettiere Jules Levy che suonava “Yankee Doodle”), il pubblico dovette aspettare 15 anni prima di avere accesso (benché modesto) alla tecnologia. Questo era, infatti, il tempo necessario per passare dalla registrazione su cilindro a quella su disco di gommalacca (Berliner). L’idea della registrazione magnetica risale addirittura al 1878 (solo un anno dopo l’esperimento di Edison). Fu l’ingegnere meccanico americano Oberlin Smith a pensare di usare un filo di acciaio per registrare magneticamente il segnale di un telegrafo. L’idea, però, vide un seguito solo 13 anni dopo, grazie al danese Valdemar Poulsen, il quale riuscì a realizzare un vero e proprio sistema di registrazione (il “telegraphone”). Quando lo presentò al pubblico, nel 1900, la dimostrazione venne mostrata all’imperatore austriaco Francesco Giuseppe. Di lui registrò la voce e le congratulazioni. Anche qui, però, il pubblico non ebbe accesso alla tecnologia per molti anni. Il primo registratore commerciale a filo (blattnerphone) fu infatti realizzato nel 1929, mentre, nel 1931, i Bell Labs produssero la prima “segreteria telefonica” con registrazione a filo. Nel frattempo, nel 1926, O’Neill brevettò l’idea della registrazione magnetica su nastro. Ma il “nastro” di allora era di carta rivestita di ossido di ferro! Si sviluppò la ricerca per individuare un supporto magnetico a nastro con caratteristiche adeguate. AEG si alleò con l’azienda chimica Farben e sperimentò diversi materiali innovativi. BASF cominciò a produrre registratori con nastro in acetato fino a quando, nel 1935, produsse il primo nastro a base plastica. Per fornire la giusta eco alla scoperta, organizzò una registrazione con l’Orchestra Filarmonica di Londra. Iniziava l’era del magnetofono commerciale. Nel ’39, 54 anni dopo che l’idea della registrazione magnetica aveva visto la luce, un volume di vendita di poco inferiore a 400 registratori magnetici fu considerato un vero e proprio evento storico…

Anche lo stereo ha origini lontane. La sua “scoperta” risale, infatti, al 1881: Clément Ader piazza un paio di microfoni sul palcoscenico dell’Opera di Parigi, usa fili del telegrafo ed una rudimentale cuffia ed ottiene, per caso, una riproduzione stereo fuori dal teatro. Per passare dal “théâtrophone” alla prima trasmissione radio stereofonica della storia, trasmessa dalla BBC, ci vorranno circa 45 anni. Dopo soli 15 anni, l’audio stereo arrivò anche al cinema, grazie ad uno sforzo epico della Disney (ispirata dai recenti esperimenti dei Bell Labs): “Fantasia” fu il primo film nella storia del cinema ad essere realizzato in stereo. In quell’occasione, l’orchestra di Filadelfia, diretta da Stokowski, venne registrata utilizzando un sistema multitraccia rudimentale, composto da 4 registratori separati. Il risultato, allora chiamato “Fantasound”, fu presentato in alcuni cinema attrezzatisi per l’occasione, anche se il grande pubblico si godette solo il “mixdown” in mono. Dopo questo esperimento, le registrazioni multicanale non si fecero attendere. Apparvero, infatti, in produzioni cinematografiche solo una dozzina di anni dopo, circa 60 anni fa. Eppure, l’era d’oro della registrazione stereo si fece attendere ancora qualche decennio, fino alla fine degli anni ‘50. Fu allora che la riproduzione stereo all’interno delle mura domestiche, o in luoghi pubblici, divenne un fenomeno sociale. Altra importante pietra miliare nell’evoluzione dell’audio è l’introduzione del digitale. L’idea di convertire un segnale (audio o di altra natura) in una sequenza di numeri, per poi poterlo ricostruire con esattezza, risale al primo dopoguerra, quando l’americano Claude Shannon partorì i fondamenti della moderna teoria dell’informazione. Sollecitato dai recenti lavori di Turing sui principi ispiratori delle macchine di calcolo, egli scrisse alcuni fra i più celebri lavori scientifici del XX secolo.

Gli articoli più noti sul digitale risalgono al 1948, ma si dovette attendere per altri due decenni per vederne i primi frutti. Nel 1969, infatti, la registrazione analogica multitraccia viveva il suo momento di maggior fulgore. Thomas Stockham cominciò a realizzare i primi esperimenti con la registrazione digitale su nastro. Dopo 3 anni, Denon sviluppò il primo registratore digitale, e le prime registrazioni completamente digitali fecero la loro comparsa in alcuni studi di registrazione nel 1976. La prima etichetta a partire con una produzione di massa di registrazioni digitali fu la Telarc un paio di anni dopo. Erano anni difficili per gli studi di registrazione: i mezzi a disposizione erano ancora rudimentali e ci vollero alcuni anni per veder comparire sul mercato professionale registratori su Hard Disc e mixer digitali. Alcune grosse aziende, come 3M, leader per la produzione di nastri, cercarono di opporre resistenza alla diffusione dell’audio digitale. Ma, ormai, era troppo tardi. Nei primi anni ’80, Philips e Sony si accordarono per standardizzare un nuovo supporto in policarbonato per la lettura ottica (laser). Ricordo ancora come fosse ieri quando Sony introdusse sul mercato il suo primissimo lettore di CD digitale commerciale (il famoso CDP-101). Un disco che si leggeva “guardandolo” con un laser. Dopo quasi 40 anni, la fantascienza diventava realtà e l’audio digitale entrava nelle nostre case. 40 anni per il digitale, 80 per lo stereo, 80 per la registrazione magnetica.

Lunghe attese perché la tecnologia, dal suo concepimento, arrivasse al mercato “di massa”. In realtà, le grandi innovazioni vengono subito portate alla conoscenza di tutti, in quanto solleticano l’immaginario collettivo. Ma per farle finalmente entrare nella nostra vita quotidiana, occorre un lungo processo di affinamento tecnologico. Nel caso delle tecnologie per la produzione e la riproduzione del suono, sono state necessarie evoluzioni parallele in molti altri settori, come l’amplificazione, i microfoni, la registrazione, l’editing, ecc. Dietro queste evoluzioni, succedutesi quasi in sordina, si nascondono, in realtà, storie ricche ed interessanti: spionaggio industriale in periodo di guerra, scoperte accidentali, musicisti che hanno visto la luce grazie ad un lancio tecnologico, scoperte tecnologiche che hanno raggiunto le pagine della stampa grazie alla “sponsorizzazione” fattiva di musicisti famosi. Se, da una parte, la maturazione tecnologica richiede tempi molto lunghi, dall’altra, il declino di una tecnologia è spesso imprevedibile. Nel passato erano le nuove tecnologie a scacciare le vecchie. Oggi, invece, sono sempre più spesso i fenomeni sociali a decidere. Il declino del CD come supporto audio, per esempio, non è attribuibile ad una sua ridotta qualità, ma all’introduzione di nuovi modelli di business nel mercato della musica. Il concetto di “musica liquida”, infatti, è un neologismo che descrive la distribuzione e la vendita on-line di brani musicali senza che venga fornito un supporto fisico (ad esempio, un CD). Per la verità, si tratta di un cambiamento sostanzialmente modesto, ma certamente di grande impatto psicologico. Fino a pochissimi anni fa, quando compravamo un CD, lo facevamo con l’inconscia illusione di diventare i “possessori” della musica contenuta. In realtà, non è mai stato così. Con l’acquisto del CD diventavamo possessori del solo supporto, e con esso acquisivamo il diritto di poter ascoltare e riascoltare i suoi contenuti nelle condizioni specificate sul retro della copertina.

Il solo supporto, di fatto, aveva un costo irrisorio (costava meno della sua confezione). Il grosso del costo andava invece ricercato nell’acquisto della “licenza d’uso”, come nel caso di un software. Quindi, perché legarci ad un supporto fisico? La smaterializzazione dell’audio digitale presenta notevoli vantaggi, in quanto lo rende più facilmente accessibile. Il cambiamento, però, non si limita alla possibilità di ascoltare la propria collezione musicale ovunque, utilizzando un player portatile. Ci stiamo avvicinando sempre più a modelli di distribuzione della musica di tipo “ubiquo”. Presto ci limiteremo ad acquistare la sola “licenza di accesso” (una sorta di “chiave di sblocco”), la quale ci consentirà di accedere liberamente al brano musicale (o al bene digitale) nella modalità e nel formato che preferiamo. La speranza è che quest’operazione riesca a ridurre i fenomeni di pirateria dilagante di questi ultimi decenni, responsabili del collasso dell’industria musicale. Auspichiamo, quindi, un nuovo risorgimento.

Augusto Sarti
Professore associato di elaborazione numerica di segnali audio
– Politecnico di Milano

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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