Fra analogico e digitale

É meglio il digitale o l’analogico? La strada intrapresa verso la digitalizzazione del suono è irreversibile. L’importante è avere a disposizione strumenti elettronici in grado di convertire e leggere i dati nel modo più preciso e completo possibile.

Siamo nell’era digitale. Oggi, un ragazzo del liceo, o ai primi anni di Università, si rapporta ai dischi in vinile, o alle musicassette, come un quarantenne alla macchina da scrivere. Il sistema digitale di registrazione e riproduzione è ormai consolidato ed appare in continua e lenta evoluzione. Ma quando è cominciata questa rivoluzione tecnologica in ambito musicale? Da quando Sony e Philips, all’inizio del 1983, hanno lanciato il “mitico” Compact Disc, questo supporto di riproduzione è divenuto lo standard più ambito dagli amatori della musica nel giro di pochi anni. E lo è anche oggi. Fin dalla sua comparsa, il CD si è imposto come supporto di alta qualità e durevolezza nel tempo. Va specificato che quest’ultima caratteristica deve intendersi valida solo per i CD industriali, quelli “stampati” ad ampia tiratura e riconoscibili per l’aspetto argenteo determinato da una lamina di alluminio. I comuni Cd masterizzabili col proprio computer, in realtà, hanno una durata molto inferiore (se di qualità scadente, anche di soli 5 anni). Dipende dalle condizioni di conservazione e dalla qualità iniziale del disco stesso. Insomma, digitale non è sinonimo di qualità, come analogico non significa automaticamente disco in vinile. Anzi, la versatilità dell’analogico si è esplicata nel tempo attraverso l’utilizzo del nastro magnetico, le musicassette, in generale. I termini analogico e digitale vengono spesso confusi con il supporto di registrazione. In realtà, la differenza risiede nella natura dei dati registrati. Nel caso delle musicassette, ad esempio, lo stesso nastro magnetico potrebbe essere registrato in modo analogico o digitale, a seconda dell’apparecchio utilizzato. Spiego, allora, velocemente, anche se in modo un po’ tecnico, la differenza tra digitale ed analogico. Analogico significa “analogo alla realtà”, digitale “cifrato”. Deriva dall’inglese digit, cifra, numero, originato, a sua volta, dal latino digitis (contare con le dita). Un segnale digitale (tecnicamente, bisognerebbe parlare di segnale analogico e segnale digitale) non è nemmeno un suono. É solo una sequenza numerica, la quale può essere letta e trasformata in musica attraverso un’apposita apparecchiatura, come un lettore CD-DVD-mp3, ecc. Cosa ben diversa è il segnale analogico, il quale non ha bisogno di elaborazioni elettroniche: le informazioni registrate presentano, infatti, una proporzionalità diretta col suono che si vuole riprodurre.

In questo caso, la testina del “registratore” trasferirà direttamente le tracce magnetizzate nel nastro in impulso elettrico (il quale sarà poi restituito in suono reale dai diffusori, le casse). Nel caso del segnale digitale, si effettua, quindi, un’operazione supplementare: la decodifica del segnale, la conversione dei numeri registrati in impulso elettrico continuo. I segnali digitali vengono cioè trasformati dal lettore CD in segnale analogico prima di essere trasmessi alle casse. Pertanto, sia nel caso della riproduzione digitale, sia in quella analogica, ci troviamo di fronte, in origine, a segnali elettrici i quali, affinché vengano percepiti dal nostro orecchio, devono essere commutati, trasformati dalle casse, in suoni. Grazie alla versatilità del nastro magnetico, il mondo analogico ha continuato a vivere ed a coesistere a livello consumer fino ad almeno 10 anni fa. Ciò è avvenuto per una ragione molto pratica: la possibilità di registrare, cioè copiare in modo amatoriale ed autonomo, a casa (Home recording), qualsiasi evento. Poi, tutto è cambiato. Lo sviluppo delle schede grafiche e audio nei computer e l’avvento dei masterizzatori hanno scardinato il muro, prima esistente, tra analogico e digitale, il baluardo dell’industria discografica. Da più di vent’anni esistono due correnti di pensiero, ognuna delle quali avvalora l’ideale della riproduzione nel digitale o nell’analogico, specialmente nel vinile. Dal punto di vista teorico, il segnale analogico presenta infiniti punti di registrazione. Virtualmente, si può creare una copia perfettamente “analoga” alla realtà. In pratica, però, dobbiamo tener conto di molte variabili, in particolare l’attrito e l’usura. Il sistema analogico prevede sempre la lettura meccanica del supporto, il che determina un certo “rumore” di fondo, che oscura per “mascheramento”, (termine tecnico per indicare la copertura che alcuni suoni determinano su altri), il suono nella sua completezza. Il segnale digitale, al contrario, nasce incompleto, perché numerico. E quindi discreto: essendo impossibile comporre un numero infinito di cifre, viene acquisita una gran mole di dati al secondo, (nel CD, ben 44.100). I dati persi si riferiscono solo alle frequenze altissime, quelle udibili dall’orecchio solo in misura minima. Non essendoci forti rumori di fondo legati al sistema, il suono risulta pulito e chiaro. Il punto di forza del digitale non è però la capacità di riprodurre l’alta fedeltà, ma la duttilità del sistema, la possibilità di manipolare e controllare i dati attraverso il computer.

Ciò è possibile proprio perché il segnale è discreto, numerico, completamente controllabile e trasformabile dai calcolatori senza perdita di qualità. Grazie all’avvento del digitale, è stato anche possibile restaurare antiche registrazioni. Determinante, nel mondo digitale, è la qualità del convertitore, il componente elettronico fondamentale sia nella registrazione, sia nella riproduzione digitale (il convertitore analogico-digitale A/D per la registrazione e il convertitore D/A per la riproduzione, l’ascolto). Pochi sanno che lo stesso CD-DVD, a seconda dell’apparecchio utilizzato, varia sensibilmente nella qualità del suono o dell’immagine. Spesso, i dati alla sorgente sono di alta qualità, ma vengono “semplificati“ dal lettore utilizzato. Oggi è possibile realizzare in digitale anche la fase di registrazione, con qualunque computer. La qualità non dipende solo dal microfono utilizzato (che converte il suono reale in impulso elettrico), ma dal convertitore presente nella scheda audio, il dispositivo che trasforma l’impulso elettrico analogico in impulso elettronico digitale (l’unico a poter “dialogare” ed essere archiviato all’interno del computer). Risulta pertanto fondamentale disporre di apparecchi di alta qualità, sia per archiviare la musica, sia per ascoltarla. Ciò vale soprattutto per il Compact Disc: nel caso in cui non venga operata una “compressione” informatica dei dati in altri formati consumer esportabili nel Web, come l’mp3, la valutazione cambia. In questo caso, il segnale digitale completo viene semplificato eliminando i dati ritenuti meno significativi, rendendo perciò il suono meno ricco.

Questo è però un tema legato esclusivamente alla tecnologia digitale ed alla gestione economica delle informazioni. Non riguarda la contrapposizione qualitativa tra il mondo analogico e quello digitale. Nella società odierna, ciò che risulta davvero importante è come la rivoluzione tecnologica abbia mutato radicalmente il modo di creare e trattare la musica. E non solo questa. Grazie ai computer, molte più persone sono in grado di acquisire competenze in fatto di registrazione e montaggio. I giovani artisti possono creare prodotti di buona qualità in modo autonomo, senza l’utilizzo di costosi studi di registrazione. Nella scuola, insegnanti ed alunni, con le poche risorse a disposizione, sfornano CD rom, CD audio e DVD riguardanti le attività realizzate durante l’anno scolastico: una vera rivoluzione culturale. Da un lato, essa insidia la “storica industria discografica”, dall’altro, apre nuove strade alla creatività degli artisti dotati di maggiori o minori risorse.

Matteo Fanni Canelles
Direttore dell’Accademia di Musica Ars Nova di Trieste
Compositore, docente di pianoforte

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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