C’era una volta la qualità

Ci stiamo perdendo in un mare di download per la smania di possedere tutto il possibile nel proprio archivio. Che suoni bene o male, non importa. Basta averlo. Speriamo che il futuro ci porti qualche nuova tecnologia in cui la qualità del suono possa tornare nuovamente protagonista, lasciandosi alle spalle la smania delle iper-compressioni malsuonanti.

La mia storia inizia nel 1987, dopo il diploma di perito edile.
Eh si, matita, stecca, metro, cemento, mattoni. Vi chiederete… ma che c’entra la musica con tutto questo? Beh, ho studiato pianoforte per cinque anni, come tanti, e la passione per la musica c’è sempre stata. Sin da bambino, armeggiavo con i 45 giri ed il “mangia-dischi” di color arancione, ascoltando musica prevalentemente italiana: ricordo “Chitarra suona più piano”, cantata da Nicola di Bari o le canzoni di Raffaella Carrà (!) E ricordo il registratore della “Geloso”, successivamente sostituito da un più moderno registratore a cassette e microfono dotato di interruttore che permetteva di attivare la registrazione in remoto. Supeeeer!!! Ma torniamo al 1987: suonare il pianoforte mi condusse, inevitabilmente, a mettere le dita sulle tastiere elettroniche. Mentre tanti miei coetanei si sporcavano le mani con carburatori, marmitte ed elaborazioni per far “tirare” il CIAO o la VESPA 50 Special, io mi ritrovavo a casa di amici a cui piaceva ascoltare musica con l’impianto di papà, tirando su a palla Led Zeppelin, Pink Floyd, Deep Purple e… Rockets… si, proprio il gruppo dalla testa pelata color argento! C’era ancora il vinile, con i suoi scricchiolii e fruscii ed il panno antistatico che, secondo me, non ha mai funzionato… Con il registratore a cassette hi-fi si incidevano le compilation. Poi, queste si ascoltavano a casa, sul famigerato radioregistratore mono della Philips. Si trascrivevano le parti da suonare nella cantina, con il gruppetto di amici, e ci si sentiva come rockstar. L’album che mi ha cambiato la vita è stato “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd, di cui, da vero maniaco, conservo una copia in vinile autografata dai membri originali della band (!) Per la promozione, i miei genitori mi regalarono una tastiera analogica usata della Korg. Nel 1983, le tastiere iniziarono ad utilizzare il protocollo standard MIDI e nel 1986 nacque il compact disc, il quale sostituì il caro e buon vecchio vinile. Il silenzioso e sterile suono del CD entrò nelle nostre case ed è tutt’ora in uso, malgrado la sua non più giovane età. Sta lentamente lasciando il passo al disastroso MP3… ma di questo parleremo più avanti. Gli anni ’80 sono segnati dall’uso sfrenato di sintetizzatori, batterie elettroniche e sonorità sintetiche. I sintetizzatori cercavano di riprodurre gli strumenti reali, senza riuscirci. Ma ci si accontentava. Con il protocollo MIDI, si potevano creare grosse reti di tastiere: un esempio è stato Howard Jones, il quale riusciva, da solo, a riprodurre un’intera band. Anch’io cercavo di farlo, attorno ad un sequencer che registrava i dati MIDI. Era come una calcolatrice, in cui si registravano dati numerici e le cui modifiche erano peggiori di espressioni logaritmiche…

Poi arrivò il primo computer, l’Atari Mega 2. Un salto nell’iperspazio, per l’epoca! E venne il grande giorno in cui mi feci prestare qualche soldo da mio padre per acquistare il mixer 40 canali della Tascam ed un multitraccia a 8 canali. Si trattava di attrezzature sufficienti per iniziare a lavorare. Adattai il garage a regia e costruii un box per le voci. Era l’inizio di Artesuono, nel 1990. Allora, la registrazione multitraccia ed il missaggio venivano effettuati su nastro analogico. Il due piste del master veniva tagliuzzato con la lametta per creare montaggi e spazi tra brano e brano. Valutai che il digitale sarebbe stato il futuro ed acquistai uno dei primi registratori digitali a due piste DAT: su una cassettina con il nastro venivano impressi dati digitali. La peculiarità era costituita dal fatto che, con gli ascolti reiterati, non si verificava un deterioramento del segnale ed era possibile realizzare copie di sicurezza identiche all’originale. Con l’analogico ciò non era possibile. Il nastro si deteriorava ed era soggetto a possibili rotture, i registratori subivano continue e costose messe a punto da parte di tecnici che spesso risiedevano a Milano. L’avvento del DAT offrì anche agli studi semi-professionali la possibilità di missare su un supporto poco costoso, compatibile e di facile gestione. Artesuono, allora, si chiamava Midi & Digital Studio, proprio perché era basato su una rete MIDI estesa. Il master finale registrato su supporto digitale divenne in breve tempo molto popolare, soprattutto tra le cantanti. Un bel giovanotto, bravo e gentile, dotato di un bel microfono… non pensate male! Nel frattempo, con vari lavoretti, riuscii ad acquistare il mitico Neumann U87ai. Per uno studio di provincia, era qualcosa di veramente superlativo.

Grazie al passa-parola, in breve tempo divenni molto richiesto e nel 1991 acquistai un multitraccia a nastro 24 piste: ero entrato nel mondo della registrazione acustica a tutti gli effetti. Erano anni davvero concitati perché, nel frattempo, avevano fatto capolino i primi registratori digitali multitraccia a 8 canali su videocassetta Super VHS: gli Alesis Adat. L’analogico continuava a rimanere comunque insuperato a livello sonoro. Gli Adat di prima generazione non suonavano proprio benissimo, ma i costi di gestione e l’assenza di rumore di fondo li fece entrare di diritto tra le attrezzature più utilizzate del periodo. Nel 1993 vendetti con dispiacere il multitraccia analogico in cambio di tre Adat XT di seconda generazione: suonavano meglio e le prestazioni erano migliorate. Il lavoro andava molto bene ed anche il vetusto computer Atari andò in pensione, lasciando il posto ad un fiammante Apple Mac Intosh con un monitor, finalmente, a colori. Gioie e dolori! Il computer era potente, ma ancora poco stabile. Spesso si perdevano dati, i floppy disk non funzionavano, vi era incompatibilità con altri sistemi. Nel 1994, con due amici, fondammo la L.W.S. Productions, un team di produzione di musica dance con cui arrivammo in vetta alle classifiche del periodo. Lavorammo fino al 1998 con grandi soddisfazioni e qualche soldino in più nelle tasche. Io investii tutto in attrezzature, acquistando casse acustiche, microfoni ed il primo sistema di hard disk recording Digidesign Pro Tools. Era il 1995 ed il salto tecnologico fu davvero notevole. Si poteva lavorare con l’audio come con il MIDI, spostando e copiando mattoncini, utilizzando il mouse e modificando a video le parti registrate. Ma i problemi erano tanti: dischi rigidi costosissimi e con memoria massima di 1 Gbyte (oggi si parla di 2 Terabyte come standard!), lentezza del trasferimento e continuo stress da crash di sistema, con perdita di dati. Una volta registrai la voce di un attore per la realizzazione di una fiaba, la missai con gli effetti ed ottimizzai il tutto. A fine giornata, entrambi soddisfatti dal lavoro svolto, andammo a casa, lasciando per l’indomani il trasferimento su DAT del master.

La sessione di ProTools non si aprì a causa della rottura dell’hard disk! Dovemmo rifare tutto daccapo! Bellezza del digitale… Nel 1996, avvenne la prima registrazione di musica jazz, su commissione del pianista Glauco Venier. Fu realizzata negli studi di Radio Capodistria, in Slovenia, in analogico, ma missata su DAT. Nel 1998, il primo Mac andò in pensione per lasciare il passo ad un più performante Apple Mac G3. Il ProTools cambiò. La tecnologia avanza velocissima e con essa il modo di fare musica. Il computer diventa un centro polifunzionale, essenziale per il lavoro di registrazione. Nel 2001 andai a Nashville, al seguito del gruppo rock-blues W.I.N.D. In qualità di produttore e fonico, collaborai alla registrazione nello studio privato di Johnny Neel (ex Allman Brothers / Gov’t Mule): usammo un vecchio registratore a bobine 24 piste, poi riversammo tutto su ProTools ed il risultato sonoro fu stratosferico! Caldo e avvolgente, come dev’essere per questo genere! Magia dell’analogico trasferito su supporto digitale! Poi una telefonata, e siamo nel 2003: era Enrico Rava, il quale mi comunicava che, dopo 18 anni, avrebbe registrato di nuovo per ECM e sarebbe venuto a farlo proprio da me. In una mattina grigia e nebbiosa, mentre Rava, Bollani, Petrella, Gatto e Bonaccorso stavano incidendo il primo brano, si spalancò la porta e alle mie spalle apparve Mr. Manfred Eicher in persona. Silenzioso, si sedette ed ascoltò attentamente. Poi salutò i musicisti, fece un giro di perlustrazione nello studio, controllò la posizione dei microfoni e disse “Ok, sounds good!” Eicher mi disse che il missaggio lo avremmo fatto qualche mese più tardi e che in quella occasione avrei dovuto assolutamente dotarmi di un’unità di riverbero Lexicon L480.

Si tratta di uno standard per la riverberazione, presente in tutti gli studi professionali. Il dilemma era se passare completamente al digitale, come tanti facevano o rimanere in un ambiente con mixer analogico e sistema di registrazione digitale. Alla fine, la scelta cadde su un mixer poco conosciuto in Italia, ma molto usato negli Stati Uniti: Otari Elite +. Dopo aver ristrutturato la regia per accogliere il nuovo arrivato, con cablaggi nuovissimi, calcoli acustici ed un pizzico di design, missammo il disco di Enrico “Easy Living”. Manfred Eicher rimase davvero soddisfatto e mi comunicò che desiderava continuare a lavorare con me. A patto che io acquistassi un riverbero Lexicon L480. Un giro di telefonate ai “pusher” dell’audio professionale, ed ecco un esemplare perfetto fare capolino ad Artesuono. Nel frattempo, l’Apple Mac G3 era stato sostituito da un G4. Il sistema ProTools era stato ulteriormente potenziato. Arriva anche un pianoforte a coda… un gran coda, F278 Fazioli! Festa grande! La notizia fece il giro della Penisola in un batter d’occhio e le chiamate da parte di pianisti furono numerosissime. La collaborazione con la ECM divenne sempre più stretta e la notizia richiamò anche altri artisti ed etichette di fama internazionale. Nel 2006, l’etichetta Artesuono Produzioni sbarcò su iTunes: fu la prima etichetta discografica del Friuli Venezia Giulia a mettere in vendita le proprie produzioni sul portale Apple. Anche il computer Apple G4 lasciò il passo ad un più performante G5 e ad un sistema ProTools HD completo di interfacce analogico-digitali che possono convertire frequenze di campionamento fino a 192 KHz/24 bit. Anno dopo anno, la tecnologia diventa sempre più orientata all’uso del computer e questo dovrà diventare sempre più potente ed affidabile. I sistemi operativi ed i programmi sono diventati stabili e funzionali.
Ed eccoci al 2008, l’anno in cui il disco di Norma Winstone “Distances” (Ecm) riceve la Nomination ai 51° Grammy Awards, quale miglior disco di jazz vocale. Registrato e missato a Cavalicco. Da non credere!
Il 2010 segna un ulteriore tuffo nella tecnologia: il computer Apple G5 viene sostituito da un potentissimo Apple MacPro 12 Core, con ProTools espanso ad HD3. Nonostante tutti i nostri sforzi votati al raggiungimento della massima qualità del ‘suono’, le nuove generazioni stanno disimparando ad ascoltare con qualità e non c’è più il culto dell’ascolto, ma solo la fruizione superficiale della musica. Si ascolta in formati compressi come MP3, con l’ausilio di lettori di bassa qualità e con gli altoparlanti minuscoli del computer. Ci stiamo perdendo in un mare di download per la smania di possedere tutto il possibile nel proprio archivio. Che suoni bene o male, non importa. Basta averlo.
Speriamo che il futuro ci porti qualche nuova tecnologia in cui la qualità del suono possa tornare nuovamente protagonista, lasciandosi alle spalle la smania delle iper-compressioni malsuonanti, per ritornare al “sound” dinamico dove il VU meter si muoveva… e faceva muovere!
E, come canta Barry White, “Let the music play!”

Stefano Amerio
Sound Engineer – 51st Grammy Awards Nominations for Best Jazz Vocal Album

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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