Tutti pazzi per Facebook

Roberta Bruzzone

Dalla bacheca di Facebook alla scena del crimine, in alcuni casi, il passo può essere terribilmente breve: come in ogni medaglia che si rispetti, ci sono sempre due lati da considerare… ed ecco affacciarsi prepotentemente il lato più oscuro di questa epoca digitale.

Facebook fa “impazzire” gli Italiani sempre più: in pochi mesi è diventato il social network più diffuso nel nostro Paese, con oltre 16 milioni di utenti, ed il trend è in crescita costante. In base ad una ricerca pubblicata dal Sole 24 Ore, ritrovare amici e fare nuove conoscenze è l’uso primario dichiarato da oltre la metà dei 2.500 utenti interpellati. Non manca, però, il rovescio della medaglia, ovvero i falsi profili, i cosiddetti fake, che sfruttano i personaggi famosi per le finalità più disparate. È capitato di recente anche al notissimo giornalista Bruno Vespa. Qualcuno ha aperto un account con il suo nome e molti hanno abboccato. Persino la candidata alla Presidenza della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, si è ritrovata una richiesta di amicizia da parte del “falso” Vespa. Quello “vero” ha dichiarato: “Ho denunciato l’abuso alla polizia postale… Non ho la più pallida idea di chi, a mio nome, scriva a chi”. Miracoli e aberrazioni dell’universo Internet. E non si tratta certo di un pericolo da poco. Ci sono anche altri personaggi famosi che si sono ritrovati su Facebook a loro insaputa. Di tali furti d’identità si è occupata anche Striscia la Notizia, inviando Capitan Ventosa nella sede londinese del social network. Purtroppo, però, la missione dell’intrepido inviato non ha sortito alcun effetto. Si rende quindi necessario un intervento ad hoc teso a fermare questi furti di identità. Altrimenti, resterà valido quanto scritto su Il Giornale da Gaia Cesare, che ha “clonato” Monica Bellucci: “Nulla di più facile. Sono bastati pochi minuti. Se noi siamo la sessantottesima Monica Bellucci in circolazione, quel Silvio Berlusconi diventato nostro amico è solo uno dei 42 (quarantadue!) che viaggiano nel magico mondo di Facebook”. Potere dei social networks. E che dire di una star di Hollywood del calibro di Angelina Jolie? Sarà perché sono in molte a desiderare di giocare con quattro taglie in meno e venti centimetri di più che la bella di Hollywood è già arrivata a quota 21 profili aperti a suo nome? Una star nostrana superimitata è poi il pluricampione del mondo Valentino Rossi. Tra omonimi e mitomani, lui è a quota 26 profili “fake”. Ma il social network più famoso a livello internazionale sembra possedere doti ancora più inquietanti, come testimonia la “resurrezione” dell’ex Presidente USA Ronald Reagan, che ha ormai superato gli 80 profili. Non è tutto. Questo è solo l’aspetto più edulcorato del cosiddetto “lato oscuro” che tanto contraddistingue il social network americano.

Dalla bacheca di Facebook alla scena del crimine, infatti, in alcuni casi il passo può essere terribilmente breve. Del resto, come in ogni medaglia che si rispetti, ci sono sempre due lati da considerare… ed ecco affacciarsi prepotentemente il lato più oscuro di quest’epoca digitale travagliata: i valori condivisi, quelli che contano davvero, sono solo quelli diffusi e promossi dalla “rete delle reti”. E gli esempi “sinistri” non mancano. Pensiamo alla spaventosa diffusione dell’anoressia, mitizzata in molteplici blog giovanili o ai siti che propugnano il suicidio come unica soluzione ai mali del mondo reale. Per non parlare, poi, del notevole incremento tra i giovani di gravi disturbi di matrice psicopatologica. Ma quest’epoca ha visto anche la nascita di veri e propri nuovi eroi. Modelli positivi o negativi, viene considerato determinante il possesso di competenze tecnologiche straordinarie, in grado di trasformare i “nuovi eroi” in esseri onnipotenti. O quasi. Insieme a loro sono nate nuove forme di devianza, come il cyberstalking ed il cyberbullismo e reati caratterizzati da alta tecnologia. Ma anche i reati per così dire più “tradizionali”, come la diffamazione o la calunnia, hanno conosciuto una nuova “età dell’oro” attraverso la “rete delle reti”. Ma davvero «in Democrazia un cittadino deve avere il diritto di dire le sciocchezze più grandi che crede», come teorizzò, nel 2003, l’allora Ministro della Giustizia Roberto Castelli? Considerata l’enorme mole di vera e propria immondizia che trabocca on-line, il Ministro dell’Interno Roberto Maroni pensa di no. E, a mio modesto parere, ha ragione. Se è vero che la nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri, anche la libertà di parola, il bene più prezioso in una Democrazia degna di considerarsi tale, ha un limite. Che non è solo quello del buon senso, per molti un vero e proprio sconosciuto: si tratta del limite fissato dal nostro codice penale. Ci sono delle leggi e bisogna rispettarle. Nessuno escluso, nemmeno in forma di avatar o profilo “fake su facebook”.

Come ha spiegato Antonio Roversi nel libro «L’odio in Rete», il lato oscuro del web «è popolato da individui e gruppi che, pur nella diversità di accenti e idiomi utilizzati, parlano tutti, salvo qualche rara, ma importante, eccezione, il linguaggio della violenza, della sopraffazione, dell’annientamento». Tomas Maldonado l’aveva già intuito anni fa: «In queste comunità elettroniche cessa il confronto, il dialogo, il dissenso, e cresce il rischio del fanatismo. Web significa rete, ma anche ragnatela. Una ragnatela apparentemente senza ragno, dove la comunicazione, a differenza della tivù, sembra potersi esercitare senza controllo». Colpire Internet, dicono gli avvocati di Google, denunciata per certi video infami su YouTube, dello stesso infimo livello di quello che mostrava un disabile pestato e irriso dai compagni, «è come processare i postini per il contenuto delle lettere che portano». Ed eccolo, il lato oscuro, emergere in tutto il suo macabro fascino ed in tutta la sua terrificante diffusione. Il problema vero è che l’odio e la distruttività albergano in ciascuno di noi, anche quando il computer è spento.

Roberta Bruzzone
Psicologa Forense e Criminologa
Perfezionata in Scienze Forensi e Psicologia e Psicopatologia Forense
Presidente Accademia Internazionale di Scienze Forensi

Rispondi