Dall’età della pietra all’iniezione letale

Il passaggio dalla lapidazione ai tempi più recenti della sedia elettrica, dell’impiccagione, della camera a gas o della fucilazione e, avanti, fino ai giorni nostri dell’iniezione letale, non può essere considerato una conquista.

Per chi lotta contro la pena di morte, il metodo di esecuzione non può fare la differenza. Certo, la lapidazione è il più terribile. Il condannato viene avvolto da capo a piedi in un sudario bianco ed interrato. La donna viene interrata fino alle ascelle, mentre l’uomo fino alla vita. Un carico di pietre viene portato sul luogo e funzionari incaricati o, in alcuni casi, semplici cittadini autorizzati dalle autorità, effettuano la lapidazione. Le pietre non devono essere così grandi da provocare la morte con uno o due colpi, in modo da poter provocare una morte lenta e dolorosa. Ma il passaggio dall’età della pietra della lapidazione ai tempi più recenti della sedia elettrica, dell’impiccagione, della camera a gas o della fucilazione e, avanti, fino ai giorni nostri dell’iniezione letale, non può essere considerato una conquista. Gli Stati mantenitori della pena di morte – americani e non solo – che hanno deciso di passare a questo metodo, non possono presentare questa “riforma” come una salto di civiltà, un modo più umano ed indolore per giustiziare i condannati a morte. Anche perché, la realtà è diversa. Nel settembre 2009, in Ohio, l’esecuzione di Romell Broom è stata interrotta per la difficoltà a trovare le vene dopo diciotto tentativi in più di due ore e mezza. Dopo la fallita esecuzione, lo Stato ha adottato un nuovo protocollo di esecuzione, basato su una singola, massiccia iniezione di anestetico, il Pentotal.

Il nuovo protocollo è stato applicato per la prima volta a Kenneth Biros, nel dicembre 2009. Ma nonostante la novità dell’iniezione a base di un solo farmaco, anche stavolta non sono mancati i contrattempi. Il boia ha dovuto effettuare ben nove tentativi prima di trovare la vena di Biros, la cui fine può essere paragonata a quella di un porcellino d’India, l’animale usato come cavia nelle ricerche scientifiche. Il 28 settembre scorso, un giovane bianco di 31 anni, Brandon Joseph Rhode, ha subito qualcosa di surreale ed incomprensibile: è stato giustiziato nel penitenziario di Jackson, in Georgia, mediante iniezione letale. La settimana prima, aveva tentato il suicidio, tagliandosi con una lametta le vene e la gola. Era stato salvato grazie all’intervento del personale carcerario ed al ricovero in ospedale. Poi è tornato sul lettino dell’iniezione letale e, agli stessi addetti che gli avevano salvato la vita, sono serviti circa 30 minuti per trovare le vene dove iniettare il cocktail mortale, il quale, a sua volta, ha impiegato 14 minuti prima di fare effetto. Una notizia recente potrebbe offrire un pò di respiro ai detenuti del braccio della morte americano: sono ormai finite, su tutto il territorio nazionale, le scorte di Pentotal, il barbiturico presente in tutti i protocolli di iniezione letale dei vari Stati della federazione. Così, molti candidati a finire sul lettino dell’iniezione mortale potrebbero ricevere uno stop dell’esecuzione di diversi mesi. Il 25 agosto 2010, il Kentucky ha reso noto di detenere in magazzino solo 9,5 grammi del farmaco. Per un’esecuzione ne servono 3 grammi, più altri 3 come “emergenza”, nel caso di complicazioni. Ciò ha indotto il governatore democratico Steve Beshear a firmare solo uno dei tre ordini di esecuzione che gli erano stati sottoposti e a disporre un rinvio per gli altri due. I funzionari del Kentucky hanno raccontato che, mentre loro stessi contattavano altri Stati alla ricerca di Pentotal, altri Stati avevano contattato loro per lo stesso problema. In Ohio, i funzionari penitenziari hanno deciso il calendario delle prossime esecuzioni basandosi proprio sulla difficoltà a reperire il Pentotal.

Il Missouri ha già fatto slittare quelle previste entro la fine dell’anno, e queste slitteranno ancora perché il Pentotal scade a gennaio e altro non se ne trova. Anche l’Arizona ha annunciato la fine delle scorte del farmaco, una penuria che ha costretto altri 8 Stati a rivedere il calendario delle esecuzioni. L’unico a non avere problemi col Pentotal sembra essere il Texas, campione americano di pena di morte. Alcuni fautori della pena capitale sospettano che la casa farmaceutica Hospira, l’unica a produrre il Pentotal negli Stati Uniti, abbia orchestrato la penuria del barbiturico perché contraria alla pena di morte. La Hospira ha assicurato che le scorte potrebbero essere ripristinate nei primi mesi del 2011, forse a marzo. Ma ha anche ribadito che “la ditta produce questo farmaco per migliorare o salvare una vita umana” e che “il suo uso va limitato esclusivamente alle indicazioni scritte sull’etichetta del farmaco”, il quale “non è indicato per la pena capitale”. L’ultima notizia viene dall’Oklahoma e ha del grottesco: per ovviare alla carenza di Pentotal, lo Stato ha chiesto ad un tribunale di autorizzare il ricorso ad un potentissimo barbiturico, il Pentobarbital, solitamente utilizzato dai veterinari per l’eutanasia di cavalli azzoppati o di animali malati in stato terminale. L’uso di questo veleno per animali non è mai stato somministrato sul corpo umano e non è possibile stabilire quali siano gli effetti, se produca dolore o meno, prima di provocare la morte. Che si applichi la legge islamica del taglione, oppure la legge biblica dell’occhio per occhio, si tratta sempre dello stesso, aberrante e contraddittorio principio secondo cui la vita si deve difendere infliggendo la morte. Che sia la fucilazione o l’impiccagione, la camera a gas o la sedia elettrica, la lapidazione iraniana o l’iniezione letale americana, si tratta solo delle diverse facce della stessa, fasulla ed arcaica medaglia della pena di morte. Quella americana è altrettanto terribile e, forse, più inaccettabile per chi considera e ama l’America dei padri fondatori e di una Costituzione fondata sulla libertà dalla paura e sulla ricerca della felicità. L’unica differenza tra il monolitico (in senso anche letterale) regime iraniano ed il complesso e contraddittorio sistema americano è che, in quest’ultimo, basta, a volte, un granello di sabbia o di sale in zucca per bloccare il sofisticato meccanismo pratico della pena capitale.

Sergio D’Elia
Segretario nazionale di “Nessuno tocchi Caino”

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