Lo sport, che passione!

Alessandro Zanardi

Alex non ha mai dimostrato solo tenacia e determinazione, ma anche una grande umiltà, voglia di vivere e un immenso amore per il suo sport. Per tutte la sfortunate vittime di incidenti analoghi al suo, per tutti i disabili, Alex Zanardi è un eroe, un esempio e un punto di riferimento.

Alessandro Zanardi, uno tra i più grandi piloti italiani di Formula Uno, ha commosso l’intero mondo sportivo ancor più del dramma vissuto per l’incidente di cui è stato vittima nel 2001. Da sempre nobile e gentile nell’animo, Alex non ha dimostrato solo tenacia e determinazione, ma anche una grande umiltà, voglia di vivere e un immenso amore per il suo sport. Per tutte le sfortunate vittime di incidenti analoghi al suo, per tutti i disabili, per i loro amici e familiari, e per chiunque ami lo spirito sportivo, Alex Zanardi è un eroe, un esempio e un punto di riferimento.

– Alex, ci racconti della sua esperienza presso la Scuola di Sci di Salice d’Ulzio.
Una bellissima esperienza, che va oramai avanti dal 2004, insieme a BMW Italia ed alla Scuola di Sci di Salice D’Ulzio. Un progetto che consente a giovani affetti da disabilità di imparare a sciare e praticare questo sport. Un team di maestri di sci esperti si è reso completamente ed entusiasticamente disponibile a ri-imparare a sciare utilizzando non più i semplici e comuni sci, ma un monosci studiato e realizzato appositamente per i disabili. Hanno rimesso in gioco la loro esperienza, la loro didattica, le loro metodologie, tutto in funzione di un obiettivo più grande: regalare a giovani disabili la possibilità di avvicinarsi allo sci ed imparare ad amare la montagna e ciò che essa offre. Hanno studiato l’attrezzo, lo hanno utilizzato per carpirne ogni segreto, per poter trasmettere ai giovani che si sono avvicinati ad esso la voglia di provare e di riuscire. È nato così un gruppo di lavoro coeso e motivato, che ha permesso a ragazzi con disabilità, non completamente penalizzati, di iniziare l’attività e testare il monosci, messo a disposizione per tutti da BMW Italia.

– In che maniera la BMW Italia è stata influente su un progetto relativo ad uno sport invernale?.
Il contributo di BMW Italia, che mi ha coinvolto in questa affascinante avventura, è stato determinante per il progetto. Spesso, molti ragazzi rinunciano a provare perché l’attrezzatura è costosa e molte famiglie non possono permetterselo. I risultati sono sorprendenti: ci sono ragazzi che vanno via entusiasti e ritornano con la loro attrezzatura dopo aver fatto esperienza in piena autonomia su altre piste da sci; altri che tornano e vogliono ripetere l’esperienza sotto la guida degli istruttori della scuola perché si sentono più ‘sicuri’. Altri, ancora, che invece rinunciano perché fa troppo freddo. A loro la neve non piace… Ma anche questi ultimi portano a casa una esperienza che è comunque illuminante, che li pone davanti al fatto che, se sono stati in grado di fare questo, chissà quante altre cose possono fare e quante cose si sono persi fino ad oggi. Gli stessi maestri di sci, con il tempo, hanno preso più coscienza di tutte le problematiche che questi ragazzi devono affrontare, sono diventati più esperti ed hanno affinato le tecniche di insegnamento. Hanno considerato, con sempre maggiore consapevolezza, casi di giovani con problematiche di disabilità particolarmente penalizzanti che all’inizio non ritenevano associabili e compatibili con questo tipo di attività, riuscendo a dar valore anche a ragazzi che hanno talenti molto ridotti. Ed è questo il bello del progetto che, nonostante gli anni, è in continua evoluzione. C’è sempre qualcosa da scoprire e tante altre persone potranno avvicinarsi a questo sport.

– Altro sport, stessa passione, anzi qualcosa in più… Ci spiega cos’è questa handbike di cui tanto si parla?
La handbike è, di fatto, una bicicletta a mano. Attraverso la sua progettazione, costruzione e pratica, mi sono avvicinato al paraciclismo e ho scoperto tutti gli sport paralimpici. Si tratta di una serie di attività ormai abbastanza popolari che sono praticate, a diversi livelli, da molte persone affette da disabilità. Per la maggior parte di queste discipline sportive si è reso necessario operare delle piccole modifiche, degli aggiustamenti al regolamento per rendere fruibili anche agli sportivi diversamente abili. La handbike mette in un certo senso in discussione questo principio. L’attrezzo è, di fatto, una bicicletta ribaltata in cui la motricità è trasferita alla ruota anteriore e il sistema propulsivo è azionato a forza di braccia, con due leve parallele con le quali si controlla anche lo sterzo. È un’attività bellissima, che dà grandi soddisfazioni a chi la pratica. È un attrezzo molto fruibile. Chi decide di provare, parte dal proprio garage e può correre nelle strade cittadine, urbane, extraurbane, in campagna. È un’esperienza assolutamente piacevole. La handbike si spinge, appunto, con la forza delle braccia ed è stata concepita per persone che possono praticare il ciclismo solo in questo modo, perché non hanno le gambe, come il sottoscritto. Il risultato è sorprendente: con la handbike si possono raggiungere anche i 40 km/h. La gente resta allibita, si stupisce perché è uno sport molto diretto, ti guarda con stupore e meraviglia, perché in questo caso è immediato rilevare il gesto atletico che in altri sport praticati da diversamente abili resta un po’ più coperto e deve essere, in qualche modo, decodificato. Attrezzature come la handbike possono essere considerate prodotti artigianali. Io ho costruito il prototipo della mia handbike da solo. L’ho testato e il risultato è stato buono; ho capito più o meno quali erano le misure, sono andato da un artigiano che l’ha assemblato. Solo la seduta è stata realizzata presso il centro protesi dove mi realizzano quelle per le gambe. Non ho potuto fare diversamente perché c’era tutto un complesso anatomico da rispettare.

– Questo è uno sport accessibile quindi a chiunque?
Industrializzare questo tipo di prodotti, anche per abbassare il loro prezzo di produzione e renderli disponibili e più appetibili, sarebbe auspicabile. Ma è evidente che i numeri non saranno mai, e da un certo punto di vista mi viene da dire ‘per fortuna’, una motivazione sufficiente perché il mercato possa richiederne una produzione a livello industriale. È difficile pensare alla produzione su larga scala di questo tipo di mezzo anche perché ogni attrezzo è legato alle caratteristiche personali, uniche, nel nostro caso. Ognuno di noi non sceglie come mutilare il proprio corpo o determinare una lesione che toglie l’uso di una particolare parte del corpo. Partendo dal presupposto che per ottenere il miglior risultato possibile bisogna sfruttare al meglio tutti i talenti rimanenti, è logico che ogni persona disabile presenti caratteristiche diverse che vanno in qualche modo adattate sul mezzo. Piuttosto, si potrebbe pensare che certi tipi di attrezzature possano diventare prodotti di interesse anche per persone normodotate. Non c’è alcuna ragione per cui un normodotato non possa spingere una bicicletta con la forza delle braccia. La handbike potrebbe dar vita ad un nuovo sport per le persone che non amano il ciclismo tradizionale e che invece potrebbero appassionarsi a questo diverso modo di praticarlo. La handbike costituisce un’alternativa fantastica alla palestra, per chi desidera costruirsi un fisico da bagnino!

intervista di Alessia Petrilli

Intervista ad Alessandro Zanardi
Pilota automobilistico, 41 Gran Premi di Formula 1, campione Italiano Superturismo nel 2005
Medaglia d’Oro al Valore Atletico

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