Le nuove sfide scolastiche

Il “technology enhanced learning” è considerato una della priorità della ricerca europea nel campo delle tecnologie dell’informazione e della cominicazione, come risulta dai dati della consultazione realizzata dalla Commissione Europea, che lo colloca fra i quattro obiettivi principali, dopo energia, salute e sostenibilità ambientale.

La scuola deve oggi affrontare sfide e problemi che derivano sia dalle mutate esigenze della società attuale, sia da insufficienze e bisogni a cui, tradizionalmente, è sempre stato difficile offrire soluzioni efficaci. Il rapido cambiamento della società, oggi attraversata da dinamiche non immaginabili fino a pochi decenni orsono, pone alla scuola non solo la sfida di affrontare nuove necessità educative, ma anche e, forse, soprattutto, l’esigenza di fornire risposte di qualità senza perdere la sua vocazione di scuola per tutti, affrontando bisogni che, seppur tradizionalmente presenti nei nostri sistemi educativi, necessitano di nuove strategie di approccio. Si pensi, ad esempio, alle difficoltà messe in luce da studi internazionali quali quelli OCSE-PISA in settori fondamentali per la preparazione di tutti gli individui quali la matematica, le scienze, la lingua. I nostri sistemi formativi si basano su un modello di apprendimento tradizionalmente legato all’accumulo di contenuti e competenze, perseguito attraverso metodologie e percorsi che risultano oggi insufficienti. C’è, quindi, un crescente bisogno di innovazione educativa per offrire a tutti gli studenti metodi, strumenti ed abilità che li mettano in grado di rapportarsi efficacemente con una società sempre più accelerata e complessa a cui, per citarne solo alcune, la globalizzazione delle relazioni, lo sviluppo scientifico e tecnologico, il crescere dei flussi migratori, pongono nuove sfide e necessità.

L’uso delle tecnologie digitali per innovare e supportare i processi di apprendimento inizia negli anni ‘60. In quasi cinquant’anni di ricerche ed esperienze sul campo, è stato messo in evidenza come la tecnologia, al di là di vecchi modelli (tecnologia come emulazione del docente, tecnologia come “agente di istruzione” che interagendo con il discente gli trasferisce nuovi contenuti) e di vecchi pregiudizi (pericoli dell’uso della tecnologia in un’attività tipicamente umana come l’apprendimento, potere della tecnologia di produrre autonomamente innovazione educativa), possa costituire un’importante risorsa per la qualità dei processi di apprendimento, in relazione sia agli specifici apprendimenti concettuali, sia all’acquisizione di competenze cognitive di tipo trasversale. È importante osservare, tuttavia, che l’uso della tecnologia deve avvenire nell’ambito di un ripensamento complessivo degli ambienti di apprendimento, dei modelli, delle metodologie adottate e dei contenuti stessi dell’insegnamento. Solo così la tecnologia può rappresentare una risorsa educativa importante, in ambito sia scientifico, sia umanistico. La ricerca in Tecnologie Didattiche studia il ruolo che la tecnologia può assumere nei processi di insegnamento ed apprendimento, con il duplice obiettivo di offrire risposte concrete ai bisogni della scuola di oggi e di prefigurare le potenzialità, ma anche gli elementi di possibile criticità della scuola del futuro.

L’obiettivo è, però, sempre l’educazione e non la tecnologia. La ricerca in tecnologie didattiche si contraddistingue sia come ricerca di base, sia come ricerca applicata con una forte caratterizzazione interdisciplinare. Gli aspetti di elaborazione concettuale, di conseguenza, sono spesso intrecciati con lo sviluppo di prototipi (ambienti didattici interattivi, ambienti per la comunicazione e la collaborazione, dispositivi tangibili per l’uso educativo, ecc.) e con la loro sperimentazione sul campo. Avendo per oggetto processi educativi, le sperimentazioni hanno usualmente un’estensione temporale prolungata, richiedono modelli per l’elaborazione dei dati e dei risultati ed hanno quasi sempre una forte componente di trasferimento. È importante osservare come il settore di ricerca sulle tecnologie educative (a livello europeo indicato spesso come “technology enhanced learning”) si sia progressivamente affermato in campo internazionale come un settore autonomo, con propri centri universitari ed istituti di ricerca, riviste, convegni e programmi di finanziamento dedicati. Attualmente, il “technology enhanced learning” è considerato una delle priorità della ricerca europea nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, come risulta dai dati della consultazione pubblica on-line realizzata dalla Commissione Europea, che lo colloca fra i quattro obiettivi principali, dopo l’efficienza energetica, la salute e la sostenibilità ambientale.

Il rapporto della Commissione Europea (2009) “Shaping the ICT research and innovation agenda for the next decade” è consultabile accedendo al sito: http://ec.europa.eu/enterprise/newsroom/cf/itemlongdetail.cfm?item_id=2521. Le prospettive attraverso cui guardare alle ricerche in tecnologie didattiche possono essere diverse, anche se tali prospettive, data l’interdisciplinarietà delle ricerche ed il loro contesto applicativo, si influenzano reciprocamente. Non sono, quindi, da considerare separate, ma, spesso, intrecciate fra loro:
a) Prospettiva pedagogica – si considerano i problemi educativi posti da situazioni concrete (ad esempio, l’insegnamento della matematica a studenti della scuola primaria, oppure l’integrazione di studenti disabili) per progettare situazioni mediate dalla tecnologia che possano costituire una risposta a tali problemi, seguendone anche la sperimentazione sul campo.
b) Prospettiva computazionale – si analizza ciò che la tecnologia rende possibile e come cambia la relazione con il sapere, sia dal punto di vista del “cosa” (nuovi argomenti che possono essere trattati), sia del “come” (ad esempio, nuovi modi di rappresentare concetti scientifici sfruttando le possibilità di visualizzazione, manipolazione ed interazione offerte dalla tecnologia; oppure, le nuove modalità di interazione e di accesso all’informazione offerte dai dispositivi mobili).
c) Prospettiva cognitiva: si studia il rapporto fra processi cognitivi ed artefatti, non per se stessi, ma in relazione a problemi concreti relativi ai processi di insegnamento ed apprendimento. Ad esempio, si analizza come cambi la ricerca e la valutazione di attendibilità di informazioni nella rete internet, oppure si esamina come i giochi digitali possano essere utilizzati per sviluppare abilità di ragionamento e di pensiero strategico o, ancora, si studia come si sviluppi una certa competenza nei bambini e quale sia lo spettro delle differenze individuali.
d) Prospettiva sociale e culturale: si analizza come cambi l’apprendimento in contesti diversi (nelle istituzioni, nella formazione professionale, nell’apprendimento informale, nelle comunità di pratica, ecc.) e si studia come le tecnologie possano cambiare le forme organizzative, i curricula, le metodologie con cui si erogano processi formativi ed, anche, come si possano garantire uguali opportunità a tutti, indipendentemente dalle abilità possedute e dalle caratteristiche personali (e-inclusion).
e) Prospettiva epistemologica: si studia come le caratteristiche peculiari di un certo dominio di conoscenza possano influenzare la progettazione e l’uso delle tecnologie didattiche. Il dominio di conoscenza della matematica può essere un esempio significativo a questo proposito. All’inizio, molte ricerche inerenti l’informatica e l’educazione matematica si focalizzavano sulle affinità degli obiettivi educativi fra queste due discipline: problem solving, uso corretto e non ambiguo del linguaggio, passaggio dal linguaggio naturale a quello formale, ecc.

L’evoluzione dell’hardware e del software, così come quella dei quadri teorici di riferimento, hanno poi provocato un progressivo spostamento di interesse verso la progettazione di ambienti computazionali per l’apprendimento di concetti matematici. Questi partivano dalla considerazione che, mentre la matematica è tradizionalmente percepita come astratta e formale, le tecnologie possono facilitare l’accesso ai concetti matematici attraverso l’esplorazione e la manipolazione di rappresentazioni concrete. Da qui sono nate le ricerche relative ai micromondi ed agli ambienti interattivi per la visualizzazione e la manipolazione di entità matematiche (si pensi, ad esempio, al Logo e a Cabri geometre per citare solo due fra le realizzazioni più conosciute). L’Istituto Tecnologie Didattiche del CNR è la prima e la sola istituzione scientifica pubblica italiana interamente dedicata alla ricerca nel settore delle tecnologie didattiche. L’Istituto è distribuito su due poli geografici: Genova, sede dell’Istituto, e Palermo, dove opera una sezione distaccata. L’istituto vanta collaborazioni e progetti sia a livello nazionale, sia internazionale. Riveste, inoltre, un ruolo importante anche nelle reti di eccellenza europee che integrano le principali istituzioni coinvolte in questo campo di ricerca. L’istituto cura da molti anni anche la prima rivista scientifica italiana sulle tecnologie didattiche (http://www.tdmagazine.itd.cnr.it/). Le attività di ricerca rivolte alla scuola sono spesso realizzate a stretto contatto con gli insegnanti, gli alunni e le istituzioni che di scuola si occupano. Tali attività di ricerca affrontano problematiche educative specifiche, pur con l’obiettivo a lungo termine di studiare i processi di innovazione nell’apprendimento. I risultati si hanno su più piani: riflessione teorica e definizione di metodi e modelli, elaborazione di sistemi software innovativi, analisi sperimentale, analisi cognitiva ed analisi sociale.
Maggiori informazioni sulle attività dell’istituto sono disponibili sul sito: http://www.itd.cnr.it.

Rosa Maria Bottino
Direttore – Istituto Tecnologie Didattiche – CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche

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