Guidato da un non vedente

Normalmente siamo noi, normodotati, ad aiutare un ipovedente oppure un non vedente a compiere delle azioni dove la sua disabilità lo porterebbe ad incappare in grossi rischi. Nel mio caso, accade il contrario. È lui che guida me, comunicandomi all’interfono i dati necessari ad affrontare e vincere una gara.

Per chi non mi conosce, sono un pilota di vetture storiche che ha partecipato, e tuttora partecipa, alle più importanti gare di “regolarità”, dove l’abilità del pilota non si manifesta solo nel saper guidare una vettura d’epoca, ma deve esprimersi anche nel rispetto dei tempi previsti nel raggiungere i traguardi.

Per ulteriori approfondimenti su di me è meglio lasciare il compito al mio sito web www.lucianoviaro.com. Come scritto in precedenza, partecipo alle gare di regolarità classica riservate alle vetture storiche, in particolare quelle di produzione o in allestimento da corsa. Con questa disciplina sportiva, si vuole mantenere viva la memoria storica di vetture e gare, sia pure con un contenuto agonistico limitato esclusivamente alla regolarità, cioè al rispetto dei tempi prestabiliti per percorrere i diversi settori in cui è suddiviso il percorso (controlli orari) e determinati tratti dello stesso (prove cronometrate, di media o con diversa tipologia).

Questa capacità “oraria” costituisce il fattore determinante per la classifica. Non ultimo, ovviamente, il fattore di rispetto dell’originalità del mezzo con il quale si gareggia e che determina, a sua volta, un certo punteggio extra. Gran parte di queste vetture hanno visto al loro volante figure storiche dell’automobilismo, quali Tazio Nuvolari, Manuel Fangio, Stirling Moss, fino ai più recenti campioni del rally mondiale, quali Sandro Munari (con la Lancia Fulvia Coupé HF) e Walter Röhrl (con l’Audi Quattro S1 Sport). E proprio con la vettura originale del Museo Storico Lancia, che vinse il Campionato Mondiale Rally nel 1972 con Sandro Munari, ho partecipato e vinto, ottenendo non solo il primo posto sul podio, ma anche l’attenzione dei principali media. Questo grazie al mio copilota. Questa figura è fondamentale nei rally, di qualunque tipo essi siano. È colui che legge le note, avvertendo per tempo il pilota delle curve imminenti, dei dossi, dei cambi di direzione e comunica anche tutte quelle informazioni necessarie ad ottenere il miglior risultato in gara. Anche per me, come per Sandro Munari con il suo copilota Mauro Mannucci, la vittoria è stata condivisa con chi mi sedeva a fianco.

Ho guidato e riportato alla vittoria in un rally storico proprio quella gloriosa vettura, ma con lo strabiliante aiuto di un copilota non vedente. Sul podio, quindi, una duplice vittoria. La nostra come migliori in gara e quella sempre nostra contro un destino avverso. I disabili nella vista mi hanno sempre colpito per il coraggio di affrontare la vita affinando gli altri sensi. Soprattutto, l’essere in grado di “vedere” con le dita delle loro mani. Da un po’ di tempo avevo realizzato “La Scuola di Luciano”, dove insegnavo ai neofiti delle gare di regolarità storica come si guidano le vetture prive di servosterzo, servofreno, ABS e tutta quella tecnologia che oggi siamo abituati ad avere sulla nostra auto. Dopo un incontro con un ipovedente bresciano, ho voluto perfezionare questa mia iniziativa, offrendo ai video-lesi la possibilità di prendersi una rivincita sul destino. Normalmente, siamo noi normodotati ad aiutare un ipovedente o un non vedente a compiere delle azioni nelle quali la disabilità comporterebbe grossi rischi. Nel mio caso, accade il contrario. È lui che guida me, comunicandomi all’interfono i dati necessari ad affrontare e vincere una gara. Ma come avviene la preparazione di un non vedente per questo ruolo? Per prima cosa gli faccio conoscere la vettura. La deve toccare dal cofano motore al bagagliaio, dal radiatore allo scarico. Deve “vederla” al tatto, compresi i sedili, il cruscotto, ecc. Tutto questo per permettergli di costruire l’auto nella sua mente. Quando prenderà posto al mio fianco, avrà la precisa idea di dove si trova e qual é la dimensione della vettura.

Di conseguenza, il senso del peso e dell’inerzia del mezzo, in frenata o in curva. Quando mi dirà: “100 metri, curva stretta a sinistra”, sarà pronto ad assorbirla cosciente della forza centrifuga contraria. Tutte cose per noi marginali, relative e normali, quando si è seduti in un’auto in gara. Anche per il copilota, sballottato a sinistra o a destra, non cambia nulla. Legge le note e segue la strada con uno sguardo. Attenzione: non ha il compito di leggere con il metodo Braille, senza poter avere un riscontro esterno. Quei puntini a rilievo sulla carta che permettono la lettura a chi non ha più la vista… Saper affrontare le forze dinamiche nello scavalcamento di un dosso, o nel superamento di una buca, significa essere in grado di non perdere il segno della lettura. Il tempo è quanto mai “tiranno” in una competizione di questo tipo. Ricevere un’informazione errata perché il copilota ha saltato una riga, significa perdere la prova e, di conseguenza, la gara. A tal proposito, vorrei sottolineare che il mio compagno non vedente non è un terzo trasportato: se lui sbaglia, io lo seguo comunque. Se lui, via interfono, mi dice: “Bivio a 100 metri – prendere a sinistra…” io giro a sinistra, e se a sinistra invece della strada c’è un fosso, finiamo entrambi dentro. Nasce così la mia battuta, a loro rivolta: “mi fido ciecamente di te”. È quindi comprensibile che la preparazione di questo “road book” in braille rivesta una delle fasi più importanti. Normalmente, l’organizzatore della gara distribuisce per tempo la mappa del percorso ai partecipanti, gli orari delle tappe, le prove speciali, ecc. Queste informazioni formano il “road book”, il quale deve essere integrato dalle mie note personali e poi tradotto in Braille. Il passo successivo è l’ambientamento del copilota alla metodologia della comunicazione nella preparazione alla gara. Ad esempio, lettura e rilettura delle note, quasi come a volerle imparare a memoria. Il tutto si concretizza nei giorni di gara. Il mio copilota non vedente è ormai pronto ad interpretare il suo ruolo. Dopo la mia preparazione, egli conosce l’auto da gara come le sue tasche, tanto che, dopo averlo accompagnato a prendere posto in macchina al mio fianco, verifico che si stia allacciando correttamente le cinture di sicurezza, che allacci bene il casco… Proviamo i microfoni. Tutto è pronto per il via. Le dita dello starter indicano 5 secondi al via. Lo scatto della Lancia HF campione del mondo rally del ’72 ci incolla ai sedili avvolgenti. Il rombo del motore cerca di coprire le parole del mio copilota. Sobbalzi, strattoni, scossoni non distolgono le sue dita nella lettura del road book. Dati precisi e sicuri mi arrivano in cuffia. Ultime curve di una performance che fa inchiodare i cronometri nel famoso “netto”, nell’aver cioè centrato l’obiettivo del tempo imposto. Abbiamo vinto. Ecco che, allora, i miei occhi ed i suoi diventano veramente uguali. Tutti e due piangono dalla gioia della nostra doppia vittoria.

Luciano Viaro
Pilota di automobilismo storico
www.lucianoviaro.com

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