Due scienze, un unico obiettivo

L’economia viene definita una scienza senza valori, una scienza neutra. È invece affidato alle scienze sociali il compito di promuovere quei valori in grado di creare una società che procuri abbondanza per tutti, divenendo efficaci strumenti per la riduzione dei disagi.

Pedagogia ed economia sono due scienze che, storicamente, non hanno mai avuto un dialogo diretto fra loro, ma entrambe si rivolgono all’uomo ed alla società. L’economia viene definita una scienza senza valori, una scienza neutra. È invece affidato alle scienze sociali il compito di promuovere quei valori in grado di creare una società che procuri abbondanza per tutti, divenendo efficaci strumenti per la riduzione dei disagi. Per realizzare questa condizione, non si può prescindere dal contesto in cui si vive, perché è in esso che possiamo trovare le opportunità e le risorse per poter progredire.

Il contesto può essere facilitante. Può, cioè, accogliere dei bisogni ed aiutare o facilitare a superarli, come predisporre ambienti senza barriere architettoniche. Ma può anche essere limitante, dove non ci sono attenzioni che comprendano tutte le persone, disabili inclusi. Un contesto limitante si può fortunatamente modificare, utilizzando dei mediatori, come, per esempio, l’economia, che può permettere l’inclusione sociale investendo anche in risorse umane ed educative. Il mercato attuale dà spazio non ai beni relazionali, bensì ai beni posizionali, cioè quelli che conferiscono utilità allo status sociale ed alla posizione che l’uomo riveste in essa. Possedere determinati oggetti fa rientrare o esclude una persona in un determinato status, alla cui base vi è la competizione e non la reciprocità. Si deve, pertanto, porre al centro il valore della persona, le competenze e le risorse che questa può offrire. Come afferma G. Barbera, presidente del CIPSI, “Dobbiamo riscoprire la persona come attore e soggetto della politica, quella autentica, impegnata a difendere i diritti e i beni comuni di tutti i cittadini, non soltanto gli interessi economici o politici.” I disabili sono molto spesso considerati un peso per la società. Appaiono frequentemente come soggetti da aiutare, da “contenere”, non come una risorsa attiva in grado di offrire alla comunità un contributo personale. Affinché i disabili possano diventare una risorsa, si deve offrire loro un progetto di vita condiviso e condivisibile, che porti alla loro autonomia e sia sostenibile nel tempo. Spesso, si agisce esclusivamente in brevi momenti della vita di una persona, o ci si limita a contenerne le emergenze. Rispondere esclusivamente alle situazioni d’emergenza comporta l’utilizzo di sforzi economici generalmente dispendiosi, mentre coltivare ed arricchire la normalità della quotidianità risulta un investimento più proficuo, perché strutturato lungo tutto l’arco della vita del soggetto a cui sono rivolte tali azioni sociali ed educative.

Talvolta, si preferisce non impegnare dei fondi in progetti a lungo termine perché non si ritengono vantaggiosi nell’immediato. Non supportare azioni educative strutturate su un ampio arco temporale comporta il rischio di pagare, successivamente, un prezzo maggiore, in termini sia economici, sia umani. Come afferma l’economista J. Heckman, investire delle risorse nei primi anni di vita di una persona risulta funzionale, sia da un punto di vista sociale, sia economico. Tali investimenti hanno infatti un alto rapporto beneficio-costo rispetto ad altri interventi successivi e permettono la formazione di cittadini attivi nella comunità in cui vivono, offrendo loro la possibilità di scegliere il proprio percorso personale di vita. In tale prospettiva si inserisce l’Osservatorio Economico Educativo (O.E.E), presentato durante la seconda Settimana dell’Educazione e della Pedagogia (Cesena, 15-21 novembre 2010), che vuole essere uno strumento di individuazione della spesa sociale utilizzata in soggetti con bisogni speciali. Non si può prescindere dal coinvolgimento diretto di questi soggetti che, a partire dai racconti personali, offrono una visione trasversale e più veritiera sulla qualità degli interventi a loro rivolti. Dai racconti diretti e dal recupero dei dati che sono forniti dalle cartelle cliniche, dalle relazioni svolte da assistenti sociali, insegnanti, educatori e tramite interviste rivolte agli stessi, si può giungere ad una visione a posteriori più ampia di come sono state impiegate le risorse economiche. Da questa analisi si potranno rilevare le carenze dei servizi e si potrà cercare di offrire un migliore sostegno per la realizzazione di una vita autonoma. Si evidenzieranno le buone prassi per poterle poi replicare e diffondere, supportando un modello positivo di pratica educativa. Nel corso del suo primo anno di attività, l’O.E.E. ha scelto di seguire quattro casi di ragazzi frequentanti, o che hanno frequentato, il centro semiresidenziale “L’Arca” di Cesena. Questo tipo di scelta dà la possibilità di valutare come sono state spese le risorse con i ragazzi che non frequentano più il centro e di iniziare, fin da subito, a maturare un percorso mirato e di maggiore sinergia fra i vari enti e i minori che si affidano al centro. Si è scelto di intervistare gli operatori che hanno avuto maggiori relazioni con i ragazzi.

L’intervista risulta funzionale agli operatori per riflettere sul lavoro svolto e valutare gli interventi individuali. Nei servizi di cura, il tempo della riflessione riveste fondamentale importanza, ma è posto molto spesso in secondo piano, perché considerato una perdita di tempo e di risorse. Riflettere sul proprio operato offre un quadro allargato degli interventi, permettendo di conseguire una panoramica che comprende tutti i contesti di vita dei ragazzi. Molto spesso, infatti, gli operatori hanno poco tempo per confrontarsi tra loro e relegano le proprie opinioni alle relazioni scritte dei casi trattati. Questo atteggiamento viene giustificato con l’idea di un risparmio economico e imputato alla scarsità di tempo. In realtà, il più delle volte questo non dialogo porta progetti poco coesi e frammentati che non aiutano il soggetto a crearsi un progetto di vita lineare. Oltre all’intervista, che risulta una parte fondamentale dell’O.E.E., si è scelto di utilizzare le banche dati già presenti sul territorio per poter confrontare i dati e renderli maggiormente leggibili. Questo si può realizzare grazie alla lettura critica della pedagogia che, in sinergia con l’economia, può svilupparsi nella direzione di una “simbiosofia”, la quale, come teorizza E. Morin, è la saggezza di vivere assieme. Una saggezza in grado di responsabilizzare tutti gli esseri umani verso una coscienza planetaria attraverso la quale guardare gli altri come controparte imprescindibile da se stessi.

Andrea Canevaro
Professore Ordinario di Didattica e Pedagogia Speciale Università di Bologna

Consuelo Filippi
Pedagogista

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