Neonati sani

La scelta riproduttiva nei soggetti affetti da HIV presenta aspetti biologici, clinici ed etici del tutto particolari. Avere un figlio nelle coppie in cui uno od entrambi i partner siano HIV-positivi comporta sempre un rischio di contagio di un soggetto (partner o concepito) ancora non infetto.

L’infezione HIV colpisce prevalentemente soggetti in età fertile. Negli ultimi 15 anni, l’uso di terapie antiretrovirali ha apportato un notevole miglioramento nella qualità della vita dei pazienti HIV positivi. L’efficacia della terapia ha finalmente consentito a numerose donne HIV positive di poter esprimere e realizzare il desiderio di maternità che, negli ultimi anni, si è tradotto in un numero crescente di gravidanze e di bambini nati sani. Secondo il registro europeo, formato anche dal nostro Paese, i parti di donne HIV positive trattate con adeguate terapie antivirali risultano essere oltre 400 all’anno, con un tasso di trasmissione dell’infezione al neonato inferiore o uguale all’1%. La gravidanza non costituisce per se stessa una causa di diminuzione delle difese immunitarie che precedono lo sviluppo di complicanze infettive, sia nella gestante sana, sia in quella sieropositiva. La maggior parte delle gestanti HIV positive è infetta già da prima del concepimento. Sebbene esista il rischio di coinvolgimento embrio-fetale esteso su tutta la durata della gestazione, non si è osservato un aumento della percentuale di malformazioni, aborti o ritardo di crescita endouterina rispetto a quella delle gestanti sieronegative. L’uso simultaneo di diversi farmaci nel corso della gestazione e del parto ha riportato all’attenzione il problema della tossicità su madre e neonato, sebbene siano solo pochi i farmaci antiretrovirali con possibili effetti secondari.

Quasi tutti i casi di AIDS pediatrico derivano quindi da infezione materno-fetale. Non si è mai osservata la nascita di un feto infetto per trasmissione diretta del virus di origine paterna senza coinfezione materna. Ciò suggerisce l’assenza di un contributo paterno diretto alla trasmissione verticale. Il virus HIV viene escreto nel latte materno e l’allattamento al seno quasi raddoppia il rischio di infezione neonatale, costituendo un importante fattore di rischio per la trasmissione verticale dell’HIV madre-neonato. Nei Paesi industrializzati, questa evidenza ha portato a sconsigliare l’allattamento al seno a tutte le madri HIV-positive. Nei Paesi indigenti, invece, il rischio di infezione da HIV deve essere valutato contro i rischi legati alla mancanza di acqua sterile e di latti in formula per la nutrizione neonatale. Diversi provvedimenti ostetrici, tra cui l’esecuzione del taglio cesareo, possono agire in modo sinergico al trattamento farmacologico nel limitare il rischio di infezione neonatale. I risultati ottenuti fanno sperare che in un prossimo futuro si possa ridurre a zero la trasmissione verticale del virus ed estinguere così la principale causa di AIDS pediatrico. La scelta riproduttiva nei soggetti affetti da HIV presenta aspetti biologici, clinici ed etici del tutto particolari. Nelle coppie in cui uno od entrambi i partner siano HIV positivi, decidere di avere un figlio comporta sempre un rischio di contagio di un soggetto ancora non infetto (partner o concepito). Nelle coppie sierodiscordanti, il soggetto sieropositivo può trasmettere l’infezione al partner sano durante i rapporti deliberatamente finalizzati al concepimento. Questo rischio sembra essere maggiore per la donna.

La maggiore efficienza della trasmissione sessuale maschio-femmina deriva probabilmente dalla maggiore carica virale contenuta nello sperma rispetto ai liquidi cervico-vaginali. Nel caso di coppie formate da donna sieropositiva e maschio sano fortemente motivate ad avere un figlio nonostante i rischi di infezione congenita del nascituro, la fecondazione può essere raggiunta tramite “auto inseminazione”. Molto più complesso è invece ottenere il concepimento nelle coppie HIV-discordanti per sieropositività maschile, data l’elevata possibilità di infezione tramite sperma infetto. Il rischio medio di infezione, uno per mille, spesso citato nei diversi editoriali sulla trasmissione eterosessuale del virus, potrebbe essere considerevolmente sottostimato. Va inoltre considerato che la possibilità di concepimento per singolo rapporto è attorno al 16%. Dopo aver studiato oltre 1.000 coppie sierodiscordanti, abbiamo osservato che queste presentano frequentemente fattori di infertilità che possono comportare ripetuti rapporti prima che abbia luogo il concepimento o costituire un impedimento irreversibile, come nel caso di occlusione tubarica bilaterale o severa dispermia.

Da piu di dieci anni, ormai, il nostro laboratorio ha messo a punto una metodica combinata di filtrazione su gradiente, lavaggio spermatico e migrazione spontanea che rimuove dal seme sia la componente virale cellulare, sia quella libera nel plasma seminale. I risultati ottenuti ci hanno indotto ad offrire a queste coppie, che avrebbero comunque abbandonato l’uso del preservativo pur di ottenere un concepimento, la possibilità di mettere sotto controllo medico il rischio infettivo mediante trattamento spermatico ed inseminazione intrauterina in fase fertile. Piu di tremila coppie sono gia state trattate, in Europa ed in America, con madri rimaste sieronegative e bambini nati sani. Un problema rilevante che abbiamo dovuto affrontare è quello di coppie sierodiscordanti con fattori di infertilità incompatibili con il concepimento mediante inseminazione, a causa di ostruzione tubarica o grave dispermia. Tali coppie sono oggi assistite con programmi di fertilizzazione in vitro con seme del partner preparato precedentemente e sottoposto al trattamento di riduzione della componente virale. I Centri Clinici offrono consulenza ed assistenza riproduttiva a queste coppie ed eseguono una raccolta congiunta dei dati anonimi relativi alle coppie e al loro trattamento riproduttivo (www.Cretahe.org). Il fine è il miglioramento della qualità e della disponibilità di servizi di concepimento sicuro per le coppie affette da HIV che desiderano avere un figlio. Gli aspetti etici di tutte le tecniche di fertilizzazione assistita hanno fatto discutere, e continueranno a far discutere, per la difficoltà di inserire la fertilità nel novero delle funzioni biologiche riconducibili alla salute dell’individuo.

Ginecologo, immunologo riproduttivo e infettologo,
Presidente Creathe and ESHRE Task force on viral diseases in reproduction

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