È tempo di osare di più

L’HIV/AIDS è un’emergenza sanitaria globale che richiede ancora una risposta eccezionale e un rinnovato e continuo impegno da parte dei donatori, dei governi e delle industrie farmaceutiche affinché possa essere affrontata in maniera adeguata.

Nel mondo ci sono circa 2,1 milioni di bambini affetti da HIV/AIDS. Di essi, il 90% vive nell’Africa Sub-Sahariana. L’impatto dell’HIV/AIDS è devastante: secondo UNAIDS, l’AIDS uccide ogni anno circa mezzo milione di bambini, ogni giorno più di mille, ed ogni minuto un bambino al di sotto dei 15 anni viene infettato dall’HIV . I bambini orfani a causa dell’HIV/AIDS sono più di 15 milioni. Sono vittime di stigmatizzazione e discriminazione sociale. Per tutti i bambini che vivono con genitori malati aumenta inoltre la povertà e, quindi, l’impossibilità di nutrirsi correttamente, andare a scuola e curarsi. Nonostante le tragiche proporzioni di questa emergenza, gli sforzi per contrastare la malattia tra i bambini dei Paesi in via di sviluppo sono assolutamente insufficienti, sia per la vulnerabilità e la debolezza strutturale dei sistemi sanitari di questi Paesi, sia per la mancanza di strumenti e farmaci adatti. Nove bambini su dieci contraggono il virus dalla madre. Oggi, nei Paesi industrializzati, grazie anche alla diffusione delle terapie che impediscono la trasmissione materno-fetale del virus, ci sono pochissimi bambini sieropositivi. La profilassi con farmaci antiretrovirali durante la gravidanza, l’utilizzo del taglio cesareo e l’esclusione dell’allattamento materno hanno ridotto i tassi di trasmissione.

La situazione è diversa nei Paesi con risorse limitate, nei quali devono essere promosse strategie di profilassi semplificate e che tengano in considerazione la necessità dell’allattamento materno in relazione agli alti tassi di morbidità e mortalità associati all’allattamento artificiale. La prevenzione della trasmissione madre-figlio del virus dell’HIV ha ottenuto ottimi risultati nei Paesi ricchi. Diventa una sfida importantissima in contesti poveri di risorse. L’importanza dei programmi di prevenzione non deve però far dimenticare che, se non curato, il 50% dei bambini che nasce con HIV muore entro i due anni di vita. Sono troppo pochi i bambini che ricevono cure adeguate – solo il 10% di quelli che ne avrebbero effettivamente bisogno – e ciò è dovuto, in larga misura, all’inefficacia degli strumenti di diagnosi e cura. È difficile diagnosticare l’HIV nei neonati in Paesi con risorse limitate perché il test per scoprire gli anticorpi, normalmente utilizzato per gli adulti, non funziona con i bambini al di sotto dei 18 mesi. Le apparecchiature ed i test esistenti per la diagnosi del virus nei soggetti di età inferiore ai 18 mesi sono troppo costosi ed utilizzano una tecnologia troppo avanzata per i Paesi in via di sviluppo.

Il ritardo nella diagnosi diminuisce le possibilità di sopravvivenza del bambino entro i 2 anni di età. Da anni l’associazione umanitaria internazionale Medici Senza Frontiere (MSF) denuncia un fatto inaccettabile: trattare un bambino sieropositivo è molto più difficile e costoso che trattare un adulto. L’esperienza di MSF (l’organizzazione umanitaria ha iniziato a curare i bambini affetti da HIV/AIDS nel dicembre del 2000 e, negli ultimi 5 anni, ha curato circa 10.000 bambini di età inferiore ai 15 anni e 4.000 al di sotto dei 5 anni) dimostra che i bambini possono essere curati efficacemente. Le formulazioni pediatriche di antiretrovirali sono ancora poche e, soprattutto, non sono pensate per le realtà e gli ostacoli che si devono affrontare nei Paesi meno sviluppati. Fino a pochi anni fa, le terapie semplificate a dose fissa combinata (dette FDC, fixed dose combination) che riuniscono in una sola pillola i diversi principi attivi necessari a tenere il virus sotto controllo, e che nel trattamento dell’HIV/AIDS per gli adulti hanno rappresentato un notevole passo avanti, non esistevano per i bambini. La prima terapia pediatrica semplificata approvata e, pertanto, qualitativamente garantita, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è stata immessa sul mercato sei anni dopo quella per gli adulti.

Attualmente, esistono solo 7 terapie pediatriche a dose fissa combinata approvate dall’OMS o dalla Food and Drug Admnistration (FDA, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti farmaceutici) contro le 60 disponibili per gli adulti. Su 22 farmaci approvati dalla FDA statunitense e disponibili per gli adulti, 6 non hanno alcuna indicazione pediatrica e di 7 non esiste alcuna formulazione adeguata per i bambini. Non esistono neanche trattamenti adeguati per la co-infezione da tubercolosi nei bambini. L’efavirenz, un antiretrovirale fondamentale per trattare i pazienti sieropositivi con una co-infezione da TB e registrato negli Stati Uniti sin dal 1998, non ha ancora sviluppato dati affidabili e di qualità per il suo utilizzo nei bambini di età inferiore ai 3 anni. La mancanza di formulazioni pediatriche adeguate si spiega con il fatto che i bambini non rappresentano un mercato appetibile per le industrie farmaceutiche. Nei Paesi occidentali ci sono pochissimi bambini sieropositivi. Nel resto del mondo, gli oltre 2 milioni di potenziali consumatori non possono pagare le cure personalmente e vivono in Paesi dove i servizi sanitari non possono farsene carico per loro. I bambini rappresentano le vittime più silenziose e trascurate di questa pandemia. Qualunque governo, istituzione, organizzazione, che intenda dare un vera risposta all’epidemia di HIV/AIDS dovrà confrontarsi con questi temi. Lo sviluppo di nuovi strumenti diagnostici e lo sviluppo di formulazioni farmaceutiche adatte ai bambini nel contesto dei Paesi poveri restano fondamentali per ridurre le dimensioni di questa emergenza. L’impegno per la diminuzione della mortalità infantile, a più riprese annunciato dalla comunità internazionale, va onorato e non proclamato con la consapevolezza che non verrà mai assunto.

Silvia Mancini
Programmes officer MSF
Responsabile della campagna per l’accesso ai farmaci essenziali di Medici Senza Frontiere Italia

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