Le reti sociali

Il concetto di rete é un modo di definire la realtà di una persona, di una microcultura riconosciuta, di un contesto identificantesi in termini organizzativi e/o culturali. Disegna lo spazio-tempo in cui detti soggetti si identificano e vengono identificati. Questo spazio- tempo é il frutto di un dare e ricevere significati tra i vari punti rete.

In questi anni¹, il concetto di rete ha assunto tali e tanti significati che occorre chiarire cosa si intenda nell’ambito del proprio discorso. In prima istanza, rete è ciò che si intende in Network analisys² , vale a dire il sistema di relazioni sociali che individuano una comunità³ . Un primo ambito – spesso poco teorizzato, ma di fatto ampiamente utilizzato da operatori sociali, insegnanti, ecc. – consiste nel tentativo di “inserire” una persona – spesso un adolescente – in una rete sociale “piú affidabile e controllabile”, in presenza di una rete sociale ritenuta povera, inadeguata o patologica. Un secondo utilizzo della rete come network é legato al filone della psicologia di comunità ed al concetto di “comunità competente”. Secondo tale indirizzo, “il centro dell’interesse non é piú la mancanza, il problema, il deficit, il bisogno di soddisfare” bensì “l’identificazione di risorse inaspettate ed inutilizzate ma che possono essere attivate per potenziare, sviluppare e migliorare la qualità della vita”. Compito del professionista é quindi quello di conoscere e promuovere forme di aggregazione quali, ad esempio, possono essere reti self-help. Il terzo approccio definito dal concetto di network é rappresentato dal lavoro di intervento sociale con la rete stessa della persona che presenta una situazione di disagio psicologico.

Secondo le parole di R. Speck e C. Attneave, pionieri di tale intervento, “scopo dell’intervento nella rete é di utilizzare la forza della rete riunita per scuotere un sistema irrigidito, di consentire con la crescita dell’insight e della conoscenza, che si producano quei cambiamenti che i membri del sistema desiderano, di cui sono i soli responsabili”4. In seconda istanza, rete è usato come sinonimo di “connessione finalizzata ad uno o più obiettivi”. Appartengono a questo tipo di significato l’uso del concetto di rete come “rete istituzionale”, “rete di risorse” o “rete di servizi”. Citiamo come esempio di questo utilizzo del concetto di rete cio che dice Fabio Folgheraiter5 in uno dei suoi interessantissimi lavori: “Il significato dell’approccio di rete può essere messo a fuoco prendendo in considerazione due dei maggiori punti di difficoltà che gravano sul funzionamento attuale del Welfare state socio assistenziale…il primo è la difficoltà della rete dei servizi del walfare state a differenziare oltre certi limiti la gamma delle prestazioni…il secondo problema è connesso invece alla difficoltà a mantenere vivo, negli atti erogati dalle prestazioni ciò che potremmo chiamare, per dirla genericamente, il loro “senso umano…come è noto la chiave di risoluzione di questo che può essere chiamato l’autentico enigma del welfare state, si è creduto di intravederla in una prima ipotesi di community care cioè nella direzione di creare servizi integrati di comunità…questo movimento di protensione verso la comunità si è sviluppato in due momenti interconnessi ma che possono essere concettualmente distinti…dapprima con l’impianto nelle comunità di vita di piccole strutture di servizio alla persona…questo primo sviluppo ha portato nel suo complesso alla costituzione di una articolata “rete formale di supporto comunitario” a composizione mista pubblico e privato…una rinnovata presa di coscienza delle potenzialità della comunità stessa come contesto di cura e promozione umana…”6 In terza istanza, il concetto di rete individua la rappresentazione che un soggetto ha del suo mondo vitale di significazione7. Useremo il concetto di rete in quest’ultima accezione. Più precisamente, il concetto di rete é un modo di definire la realtà di una persona, di una microcultura riconosciuta, di un contesto identificantesi in termini organizzativi e/o culturali. Disegna lo spazio-tempo in cui detti soggetti si identificano e vengono identificati.

Questo spazio- tempo é il frutto di un dare e ricevere significati tra i vari punti rete. È ovvio che, quindi, detto concetto designa un punto di vista sempre e comunque soggettivo. Intervenire su una rete significa far fare agli elementi che la compongono (soggetti, relazioni, vincoli, ecc.) movimenti cognitivi e operativi tali da produrre una ridefinizione (cambiamento) del sistema di scambio dei significati e/o dello spazio/tempo. L’intervento di rete é quindi un modo per incidere sui processi vissuti da un contesto. Ognuno di noi, se prende una settimana tipo e guarda con chi instaura relazioni significative (il significato di questa parola è volutamente impreciso, poiché ognuno lo deve intendere a suo modo – altrimenti si perde il suo punto di vista soggettivo), indicherà un certo numero di persone: 20-50, non molte di più. L’80/90% del suo tempo – spazio si svolge quasi sempre lì. È lì, nella sua rete, dove scambia identità, vive l’appartenenza. È a quella rete che ricorre per aiuto, per superare un disagio… per vivere. Lì cerca conferma, agisce polarizzazione o conflitto. Lì si genera e persiste (quando persiste) e si esprime la devianza, lo stigma, ecc… concretamente. Lì ci si definisce, si definisce e si è definiti socialmente. Lì, in ultima istanza, si controlla e si è controllati… La rete è anche il luogo dove ci si rappresenta e si rappresenta la “realta”. Nella rete coesistono le coppie che identificano i vincoli e le possibilità: ad esempio, l’autonomia-dipendenza, ciò che è inutile… e le procedure che le fanno coesistere (ad esempio, il governo delle dipendenze che produce autonomia e viceversa…).
Normalmente, la rete “pulsa”, il ritmo di concentrazione-dilatazione è fornito dalla quotidianità…

La rete ammala, la rete cura.
È nella rete che gli stati di disagio cercano una risposta, ma è anche in essa che persistono quelle soluzioni peggiori del problema che poi assumono la forma di patologia. La rete produce resistenze al suo cambiamento ma, pur di non cambiare, …è disposta a cambiare. Il cambio di senso è normalmente sconvolgente. La rete è il luogo della conformazione delle rappresentazioni collettive. Sono queste i veicoli e i sensori di riconoscimento di ciò che si “deve” pensare per essere riconosciuti in una rete. Al di là del fatto che ogni singolo nodo possa pensare in profondità il contrario di ciò che si manifesta in superficie, sono le regole di conformazione il luogo in cui si giocano i meccanismi di controllo e di definizione sociale. Sono i quadri (le rappresentazioni) che contano. La rete differenzia, crea i suoi rappresentanti e i suoi punti di riferimento (ciò che noi abbiamo chiamato esperti informali). La rete è il luogo dove si celebrano i riti ed i loro simboli danno senso al vivere. Il lavoro di rilevamento di una rete consente di rappresentare “quel luogo” ove ciò avviene.

Roberto Merlo
Psicoterapeuta e formatore
specializzato negli stati di sofferenza personale e sociale

Bibliografia
¹per una storia del concetto di rete, vedere Mauro Croce, Roberto Merlo “Reti che ammalano reti che curano”, Dei delitti e delle pene, n. 3, 1991, Ega, Torino
²per ciò che concerne la Network Analysis, ad es. in J.A. Barnes «Social Networks» Addison-Wesley Reading 1972, J.C. Mitchell, ecc….e al concetto di rete informale di supporto sociale come ad es. si trova descritto in P. Donati «La famiglia nella società relazionale» Angeli Milano 1986 o in P. Di Nicola «L’uomo non è un’isola» Angeli Milano 1986; la seconda area che utilizza il concetto di rete più da un punto di vista psicologico relazionale e che ha come autori di riferimento R. Speck, C. Attneave «La terapia di rete» (la traduzione del titolo originale è più esattamente L’intervento di rete) Astrolabio Roma 1976, M. Croce R. Merlo «La rete sociale» in Animazione sociale n. 16 1989 Ega Torino.
³punto di riferimento come illustrazione di questo approccio resta (nonostante i successivi sviluppi) il lavoro di D. Francescato «psicologia di comunità» Feltrinelli Milano 1982, inoltre E.R. Martini R. Sequi «Il lavoro di comunità» NIS Firenze 1988, A Palmonari B. Zani «Psicologia sociale di comunità» il Mulino Bologna 1980. Per la mole notevole di contributi che, sopratutto negli Stati Uniti, sono stati elaborati in questi anni, citiamo D.M. Chavis «Sense of comunity in the urban environment: benefits for human and neighborhood developement» doctoral dissertation G. Peabody College Gaschville 1983.
4Mauro Croce, Roberto Merlo “La rete sociale”, in Animazione Sociale, n 16, Ega Torino, !989
5Fabio Folgheraiter “Verso nuove prospettive di lavoro sociale e di sua teorizzazione”, pp. 7-9, ed inoltre, dello stesso autore, “verso una teoria strutturale della comunicazione interpersonale: il modello di scambio di risorse”, Edizione scuola di servizio sociale Trento 1985 e la sue altre numerose pubblicazioni.
6Op. cit: vedi nota 3
7P. di Nicola e P. Donati hanno esplorato molto in profondità alcuni di questi modi. Si veda: P. di Nicola “L’uomo non è un’isola” F. Angeli, Milano 1986, che riporta, tra l’altro, un’ottima bibliografia ragionata sulla rete e P. Donati “La famiglia nella società relazionale” F. Angeli, Milano 1986. Si veda inoltre Laing e Esterson, “Normalità e follia nella famiglia”, Einaudi, Torino 1970. Bateson, “Mente e natura”, Adelphi, Firenze 1984, P. Watslawick, J.H.Beavin, D.D.Jackson. “Pragmatica della comunicazione umana”, Astrolabio, Roma 1971, J. G. Miller “Teoria generale dei sistemi viventi”, F. Angeli, Milano 1978; C. H. Waddington “Strumenti per pensare”, Mondadori, Milano 1977; J. Haley “Terapie non comuni”, Astrolabio, Roma 1976, le opere di Milton Erickson; R. A. Hinde “Le relazioni interpersonali”, Il Mulino, Bologna 1981; B. P. Keeney “L’estetica del cambiamento”, Astrolabio, Roma 1982; R. V. Speek e Attneave “La terapia di rete”, Astrolabio, Milano 1976, L. Muracchini “Introduzione alla teoria dei grafi”, Boringhieri, Torino 1967; “Grafi e le loro applicazioni”, Zanichelli, Bologna 1965. Una riflessione estremamente affascinante la si trova in Maturana e Varela “Autopoiesi e cognizione”, Marsilio, Venezia 1987, Asby “Introduzione alla cibernetica”, Einaudi, Torino 1971. E. Morin “Il metodo”, Feltrinelli, Milano 1986.

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