Imparare dal volontariato

Andrea Augello

L’azione dello Stato è stata concreta e misurabile con importanti interventi per fronteggiare la malavita, i rifiuti in Campania, la crisi economica, la modernizzazione delle nostre istituzioni. Il rischio della politica, da come si è trasformata negli ultimi 10 – 15 anni, è che viva di proiezioni mediatiche, di rappresentazioni non autentiche. La politica dovrebbe mutuare la concretezza dal mondo del volontariato.
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Gentile Sottosegretario, sappiamo che lei nel 1991 è stato tra i fondatori di Movimento Comunità, una ONG di cooperazione internazionale, e che si è impegnato per tre anni in Croazia e in Bosnia per portare aiuto alle popolazioni colpite dalla guerra nei Balcani. Vorrei allora chiederle, prima di tutto, che insegnamenti ha tratto da questa esperienza personale, e come questa esperienza ha influito sul suo modo di fare politica.

La mia esperienza risale agli inizi degli anni ‘90 e va inserita in un particolare approccio alla politica, tipico delle nuove generazioni alla fine degli anni ’70. La solidarietà, da questo punto di vista, aveva un suo grande rilievo: l’impegno politico era un atto di militanza e si dava grande attenzione ai problemi sociali. Quando l’Europa fu investita dalla crisi nei Balcani fondammo l’associazione Movimento Comunità, che mi permise di entrare in contatto con la difficile realtà di uno scenario di guerra. Questo ovviamente ha avuto un peso nella mia formazione politica, e mi ha portato a prestare ancora maggior attenzione ai problemi dei più deboli.

In termini più generali, lei pensa che la politica potrebbe o dovrebbe mutuare dal mondo del volontariato alcuni aspetti organizzativi, piuttosto che sistemi di comunicazione, o di gestione delle risorse economiche, o del capitale umano?

La politica dovrebbe mutuare dal mondo del volontariato la concretezza. Il rischio che corre oggi la politica, così come s’è trasformata negli ultimi 10-15 anni, è che le proiezioni mediatiche assorbano per intero lo spazio politico, a discapito dell’autenticità e appunto della concretezza. Il mondo del volontariato non si può permettere questi lussi, deve vivere ben calato nella realtà e a contatto con le emergenze.

Pensa che la politica potrebbe o dovrebbe mutuare dal mondo del volontariato anche aspetti più intimi e personali come uno spirito più sincero di gratuità e di dedizione verso gli altri?

La politica si riempie molto la bocca con slogans solidaristici. Non conosco programma elettorale che non sia votato a soccorrere i ceti più deboli, a risolvere i problemi di tutti e via dicendo. Il vero problema è proprio la concretezza, l’autenticità di queste istanze. Come dicevo prima, il mondo del volontariato, intervenendo direttamente nel sociale, non ha alcuna possibilità di barare da questo punto di vista, nel senso che o consegue un risultato o viene meno quella che è la sua stessa ragione d’essere. Quindi, sostanzialmente, esce dal panorama delle organizzazioni credibili un’organizzazione che manca questi obiettivi elementari. Purtroppo, invece, la politica si può permettere il lusso di fare un grande sfoggio della retorica, di lanciare una grande parola d’ordine mediatica cui però non fa seguito una conseguenza politicamente misurabile in termini di beneficio effettivo, ovvero il superamento concreto della situazione che è stata denunciata. Non a caso, in questo Paese, continuiamo a fronteggiare sempre gli stessi identici problemi.

Quali sono, secondo lei, i più grandi problemi del Paese in questo momento, e come li sta affrontando il Governo?

Io credo che i principali problemi che c’erano sull’agenda del Governo nel momento in cui s’è insediato fossero riconducibili prima di tutto al ripristino dell’autorità dello Stato in alcune zone del Paese. Dove l’autorità dello Stato era scomparsa, le conseguenze si misuravano in termini di fragilità del sistema economico, di riduzione di opportunità per i giovani e i più deboli, di possibilità di accesso allo svolgimento di attività economiche senza interferenze della malavita organizzata. Da questo punto di vista, l’azione dello Stato è stata concreta e misurabile, nel senso che noi abbiamo non soltanto registrato una serie di importanti interventi contro la malavita, in particolare contro associazioni di tipo mafioso e camorristico, ma riportato la presenza dello Stato su alcuni temi chiave facendo scivolare l’attenzione verso il terzo mondo del Paese. Mi riferisco al problema dei rifiuti, al blocco degli impianti e alle discariche in Campania. Questa emergenza è stata ampiamente ridimensionata, e possiamo dirlo in base a dei risultati obiettivi. Il secondo elemento importante era fronteggiare la più grave crisi economica e finanziaria dell’occidente dal 1929, e da questo punto di vista il Governo è stato particolarmente vigile sul piano del controllo dei conti anche se non è stato ancora pienamente soddisfacente sul piano della costruzione delle premesse per agganciare al meglio la ripresa che fa seguito normalmente a queste crisi. Ma i tempi sono maturi per aprire le porte a una politica economica di più ampio respiro. Il terzo elemento è la modernizzazione delle nostre istituzioni e, da questo punto di vista, i risultati sono molto contraddittori. Qui io vedo ancora una situazione di grandissimo ritardo nelle riforme istituzionali, ad esempio nella riduzione dei parlamentari, e in tutte quelle iniziative di moralizzazione che il Paese reclama da troppo tempo. Le cose sono andate meglio sul piano della riforma della Pubblica Amministrazione, dove finalmente meritocrazia, efficienza e innovazione tecnologica hanno iniziato ad avere un valore fino ad oggi del tutto ignorato.

Intervista ad Andrea Augello
Sottosegretario alla Pubblica amministrazione e Innovazione

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