In prima linea

Ad Haiti e nei Paesi caraibici (CARICOM) l’Italia svolge interventi di cooperazione finanziando programmi di riduzione della povertà, utilizzo delle risorse idriche, integrazione economica e sociale e sviluppo della pesca attraverso organismi internazionali, come il Programma Alimetare Mondiale, l’IFAD, il Programma ONU per lo Sviluppo e la Banca Interamericana di Sviluppo.

Di colpo, la mattina del 12 gennaio scorso, il mondo intero si è ricordato o, in alcuni casi, forse addirittura ha appreso dell’esistenza di un Paese che si chiama Haiti. Purtroppo, il motivo di questa improvvisa ed enorme attenzione è stata l’ennesima catastrofe naturale che colpisce questo angolo del pianeta, ma questa volta con una violenza tale da rendere quasi vana la ricerca di aggettivi adeguati a descriverne la portata, tanto che alcuni hanno paragonato l’entità della tragedia a quella dello tsunami del 2003. Se il numero delle vittime alla fine forse risulterà essere in analogo ordine di grandezza, questa volta l’evento si è concentrato in un lembo di terra, e il terremoto, oltre alle tante vite umane portate via, ha comportato la distruzione non solo di case ed infrastrutture, ma degli stessi luoghi delle istituzioni. Emblematiche le immagini del Palazzo presidenziale crollato.

Poco più di 500 anni dopo che Cristoforo Colombo vi approdò, così “scoprendo” l’America, il mondo torna prepotentemente ad accorgersi di quest’isola, o meglio del suo lembo orientale che forma lo Stato di Haiti, la più antica Repubblica “nera” della storia, nata ad inizio Ottocento dalla ribellione degli schiavi e resasi indipendente ancor prima del resto dell’America Latina e Caraibica. Origini nobili ed orgogliose, quindi, ma che non sono bastate a forgiare il futuro di questo Paese.
Haiti è uno dei Paesi più poveri del pianeta e con uno dei peggiori indici di sviluppo umano. Ecco un altro aspetto di cui tenere conto nel guardare al disastro del gennaio scorso: il sisma ha colpito un Paese già molto provato sul piano economico e sociale, e le cui stesse istituzioni erano talmente fragili da rendere necessaria la presenza, ormai da anni, di una forza di stabilizzazione delle Nazioni Unite. Se Haiti e gli Haitiani non ce la facevano da soli prima, tanto più ora dovrà essere efficace e consapevole l’impegno della Comunità Internazionale, anche dopo che i riflettori mediatici si saranno spenti. Ma per l’Italia, per il Ministero degli Esteri, Haiti non è apparsa sulle mappe soltanto il 12 gennaio 2010. È vero, già da molti anni non abbiamo più un’Ambasciata a Port-au-Prince, ma questo non vuol dire che non abbiamo continuato a dedicare tutta l’attenzione possibile a questo Paese anche prima del terremoto.

In ambito Nazioni Unite, ed in particolare quando l’Italia era membro del Consiglio di Sicurezza, abbiamo sempre seguito con cura le vicende di Haiti, ed abbiamo anche inviato un qualificato contingente ad integrare la forza di stabilizzazione MINUSTAH. Un impegno comunque significativo, se si considera la quantità delle operazioni che già vedono schierate forze italiane nel resto del mondo. Avevamo svolto interventi di cooperazione allo sviluppo anche prima dell’emergenza causata dal sisma, soprattutto finanziando programmi di riduzione della povertà, utilizzo delle risorse idriche, integrazione economica e sociale e sviluppo della pesca attraverso organismi internazionali, come il Programma Alimentare Mondiale, l’IFAD, il Programma ONU per lo Sviluppo e la Banca Interamericana di Sviluppo, per non parlare degli interventi d’emergenza effettuati in occasione degli uragani che, quasi ciclicamente, colpiscono l’isola.
Vorrei ricordare anche i programmi regionali della nostra cooperazione, di cui Haiti beneficia in quanto membro dell’organizzazione che riunisce i Paesi caraibici, il CARICOM, come pure i programmi previsti dal recente accordo di partnerariato economico tra quest’area e l’Unione Europea, cui evidentemente anche l’Italia contribuisce in proporzione. Non bisogna dimenticare, a questo proposito, che è l’apporto dei singoli Paesi dell’Unione, soprattutto dei più grandi, che rende possibile la considerevole opera di cooperazione allo sviluppo svolta dall’ Europa.

Certamente, la cancellazione del debito rappresenta un capitolo molto importante di quello che l’Italia già stava facendo per Haiti, non solo perché siamo addirittura il secondo creditore di Haiti, e quindi stiamo parlando di oltre 70 milioni di dollari, ma anche perché l’Italia ha deciso di cancellare interamente il debito, non limitandosi al 90% previsto. E’ una forma di aiuto molto concreta, a diretto beneficio della popolazione dell’isola.
Sarebbe però riduttivo limitare il rapporto tra Italia ed Haiti alla sola dimensione dell’aiuto allo sviluppo. Haiti è un importante Paese caraibico, dunque è parte integrante delle nostre relazioni con l’America Latina, per le quali, da tempo, siamo impegnati in un’azione di fortificazione e rilancio. Non a caso, l’iniziativa che in maniera sempre più qualificata testimonia l’intensità dei nostri rapporti – la periodica “Conferenza Nazionale”, la cui ultima edizione si è tenuta qualche settimana fa a Milano – ormai non si limita al subcontinente latinoamericano e include a pieno titolo anche l’area caraibica. Ricordo anche che Haiti è l’unico Paese francofono dell’Istituto Italo Latino Americano, l’IILA, creato oltre 40 anni fa, con sede a Roma, e che, a scanso del nome, è una vera e propria organizzazione internazionale, che raccoglie ed istituzionalizza i rapporti della famiglia italo-latinoamericana. Tengo anche a sottolineare che Haiti guarda all’Italia come ad un punto di riferimento per le proprie relazioni internazionali, tanto da mantenere operante una sua Ambasciata nel nostro Paese. E mi fa molto piacere evidenziare, con rinnovata gratitudine, che anche grazie al voto di Haiti Milano è riuscita a vincere la competizione per ospitare la Expo 2015.

Con queste premesse, non stupisce la mobilitazione istituzionale – Ministero degli Esteri, Forze Armate, Protezione Civile – e popolare con la quale il nostro Paese ha risposto immediatamente e con grande compattezza al dramma provocato dal terremoto del 12 gennaio scorso: svariati voli umanitari, volontari di ogni genere al lavoro, aiuti di emergenza per oltre 7 milioni di euro, raccolte di fondi nell’ambito della società civile, e, addirittura, la nave ammiraglia della nostra flotta, con ulteriori uomini, mezzi e materiali per prestare assistenza.
Una mobilitazione generosa, quella di cui ancora una volta sta dando prova il “Sistema Italia della solidarietà” a fronte di una catastrofe: un impegno che non si spiega con interessi economici, strategici o di altra natura, ma con la coscienza di un Paese che i terremoti li ha vissuti spesso sulla propria pelle.

On. FRANCO FRATTINI
Ministro degli Affari Esteri

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