Teatro e cinema, due mete diverse di uno stesso sguardo

Forse
dall’altro lato della morte
sapro’
se fui parola o fui qualcuno.

J. L. Borges
“Soccorrere o essere”

 
Comincio con questo dubbio metafisico di Borges, lo stesso che permane al termine di questo articolo, insolubile quanto intangibile. Il cinema ed il teatro sono sempre stati speculari e al tempo stesso uniti fra loro da un legame che va ben oltre la semplice ispirazione. Entrambi sono nati come metodo di rappresentazione, entrambi hanno toccato argomenti simili, ognuno ha tratto dall’altro elementi utili per il proprio progresso. Il cinema delle origini, quello alla costante ricerca di un’identita’ (se sia stata colta tale identita’ e’ ancora da stabilire), ha fortemente attinto dai testi teatrali, Shakespeare soprattutto, ma anche (indirettamente e non) Pirandello, ma tale ispirazione appare quasi forzata, vitale e necessaria, perche’ il cinema di allora mancava di sostegni propri, era un’arte appena nata, priva di idee e concetti, almeno dal punto di vista astratto. Il teatro, invece, esisteva gia’ da centinaia di anni, ed aveva percorso il suo processo di formazione, toccando ogni inevitabile tappa. Si potrebbe dire che il cinema delle origini svolgeva una sorta di catarsi nei confronti dello spettatore, sconvolto da queste immagini scorrevoli (che altri non erano che la realta’ ripresa da un punto di vista diverso), per certi versi simile alla catarsi del teatro classico. Basti pensare a Melies ed ai suoi tentativi (fondamentali per il futuro del cinema) di stupire e stimolare la fantasia dello spettatore; oppure al cinema di propaganda russo, che aveva obiettivi ben prefissati. Il cinema dei Lumiere, le inquadrature fisse, rimandano concettualmente al teatro, alla sua rappresentazione necessariamente statica. Con il tempo, cinema e teatro hanno preso strade diverse, o meglio, il cinema ha preso la sua strada, restando al passo con i tempi (tecnologici innanzitutto), mentre il teatro, che gia’ aveva raggiunto il suo culmine, si e’ semplicemente soffermato ad approfondire quei termini a cui era gia’ giunto. Il cinema oggi e’ una macchina per fare soldi, che sfrutta in maniera indeterminata i mezzi informatici per superare, ogni volta sempre di piu’, i propri limiti, a scapito del suo senso intellettualistico e concettuale. Il teatro si e’ sempre piu’ chiuso in una cerchia ristretta, assumendo aspetti che lo caratterizzano come elitario. La prima impressione porterebbe ad una conclusione in parte erronea, e cioe’ che il teatro e’ morto, in quanto ha ormai completato il suo processo, ed e’ privo dei mezzi, anche fisici, in grado di rinnovarlo, ad esempio la sua fissita’ scenica, che difficilmente risulta superabile. Ma il teatro non e’ morto, perche’, come per reazione, sono venuti a galla elementi di innovazione. Mi riferisco al teatro sperimentale, dove vengono sfruttati in maniera funzionale i mezzi tecnico-visivi, nonche’ sonori, a disposizione. Un tentativo di superamento della fissita’ scenica, cui si accennava precedentemente, e’ ad esempio un metodo gia’ utilizzato nel medioevo (corsi e ricorsi…), ossia spostare gli spettatori da una scena all’altra, o addirittura farli partecipare alla rappresentazione stessa. C’e’ da chiarire se tali innovazioni si siano autocreate naturalmente, oppure se siano spinte dai residui inerziali, una sorta di toppe utilizzate per colmare le lacune che il teatro subisce in un’epoca di iper-informatizzazione come questa. In ogni caso si sta attuando il processo inverso, dove e’ il teatro a prendere ispirazione dal cinema, e non piu’ viceversa, se non da un punto di vista idealmente astratto, almeno da quello piu’ genuinamente concreto. L’impressione e’ che si sia creato un rapporto simbiotico fra le due arti, rapporto che pero’ pende piu’ da una parte: il cinema autorale che si sta perdendo viene preservato da un ritorno alle origini (vedi Straub), dove la sperimentazione sembra d’obbligo. Forse e’ proprio questa la chiave per un futuro intelligente: la normalizzazione della sperimentazione, da entrambe le parti, per poi sfociare in nuovi sguardi, nuove realta’.

Andrea Fontana
www.centraldocinema.it

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