Un fenomeno in crescita

Il turismo responsabile non rigurda un paese specifico, ma si può praticare ovunque, anche in Italia, dove sono nate molte proposte: dalle giornate in barca con i pescatori dormendo negli antichi borghi marinari, ai “sentieri del gusto” per riscoprire i sapori regionali fino al tour della Sicilia con le associazioni che lottano contro la mafia.

Il turismo responsabile non è più una piccola esperienza di nicchia, promossa da alcuni scalmanati terzomondisti, ma una tendenza in crescita nel mercato del turismo italiano. Lo dimostrano i risultati dalla prima ricerca statistica sul turismo responsabile in Italia, commissionata da Fondazioni 4Africa e Cisv, realizzata da Isnart e Ciset, e presentata ufficialmente il 29 maggio scorso all’interno della Fiera Terra Futura. Il 52,3% degli intervistati, infatti, ha già sentito parlare di turismo responsabile, il 23% si dice molto interessato, il 68% abbastanza interessato, il 15% (pari statisticamente a 7,2 milioni di persone) sostiene addirittura di aver già sperimentato questo tipo di viaggi. Il turismo responsabile in Italia è nato oltre 10 anni fa con la costituzione ufficiale di Aitr (l’Associazione italiana turismo responsabile, che oggi raccoglie oltre 90 membri, tra agenzie di viaggio, associazioni e ong). Si tratta di una forma di turismo che promuove viaggi rispettosi dell’ambiente e delle persone che si incontrano, sostenendo con i viaggi stessi lo sviluppo delle comunità visitate. Soprattutto nei paesi del Sud del mondo, infatti, la disparità tra la situazione economica dei turisti e quella delle popolazioni locali è spesso stridente, e l’impatto turistico risulta talvolta devastante per l’ambiente e la cultura locale. È per questo che le proposte di viaggi responsabili sono anche attente ad utilizzare il più possibile strutture di accoglienza o mezzi di trasporto locali, così che la maggior quota possibile (almeno il 50%) dei costi del viaggio resti nei paesi ospitanti e sostenga concretamente lo sviluppo delle comunità.

Una sensibilità che cresce
La ricerca dimostra anche che, sebbene in generale permangano alcune confusioni su cosa si intenda per turismo responsabile (il 72,4% degli intervistati mette al primo posto l’aspetto ambientale “rispettare e scoprire la natura”), è molto forte il desiderio di un rapporto più autentico con le popolazioni locali ospitanti (“avere uno scambio con la popolazione locale”, 49%, “partire con un operatore che sostiene le associazioni locali”, 41,5%). Da notare poi che, tra coloro che si dichiarano interessati, “interagire con la popolazione locale” è indicata come priorità dal 93,1%, a pari merito con “sapere a chi vanno esattamente i soldi spesi per il viaggio”. Incontro autentico con popolazioni diverse e trasparenza nel prezzo sono dunque percepiti come elementi chiave della responsabilità nel turismo. “È evidente una forte crescita in Italia della sensibilità verso questi temi” sostiene Maurizio Davolio, presidente di Aitr (Associazione Italiana Turismo responsabile), “esiste un’ampia fetta di mercato che vorrebbe fare viaggi responsabili o ritiene di averli già fatti. È un dato di cui non possono non tenere conto gli operatori del settore nel prossimo futuro”.

Un marchio di qualità
«Va anche considerato che tra gli interessati al turismo responsabile» spiega Piera Gioda, presidente Cisv e vicepresidente Aitr «molti sono persone che amano viaggiare da soli o in piccoli gruppi, al di fuori dei circuiti organizzati». È anche per questo che Aitr sta lavorando alla definizione di un “marchio di turismo responsabile”, che si spera pronto per la fine di quest’anno, applicabile sia ai tour organizzati, sia alle realtà ospitanti per i viaggiatori “free-lance”. «Uno standard di qualità improntato alla trasparenza e a indicatori rigorosi di responsabilità, che porti chiarezza e garanzia ai viaggiatori» chiarisce Piera Gioda «Ciò non toglie poi che Aitr continui a dialogare con gli altri operatori del settore turistico “tradizionale” per inserire singoli aspetti di responsabilità nei loro programmi». Il turismo responsabile, essendo una modalità di organizzazione dei viaggi, non riguarda un paese specifico, ma si può praticare ovunque, anche in Italia, dove infatti sono nate molte proposte; dalle giornate in barca con i pescatori dormendo negli antichi borghi marinari ai “sentieri del gusto” per riscoprire i sapori regionali fino al tour della Sicilia con le associazioni che lottano contro la mafia. Ma ci sono alcune destinazioni che si stanno sviluppando maggiormente e una di queste è sicuramente il Senegal.

Destinazione Senegal
Paese stabile politicamente e socialmente ormai da molti anni, il Senegal rappresenta la prima destinazione turistica in Africa nera francofona e le entrate del settore formano il 4,6% del suo Pil. Non solo. Proprio qui, infatti, negli anni ‘70, è nata la prima esperienza al mondo di turismo responsabile, con la creazione di un “campement” per turisti gestito collettivamente dal villaggio nella regione della Casamance. Come riporta Eleonora Castagnone, curatrice di un’altra ricerca significativa sull’offerta di questo tipo, che ha mappato il fenomeno del turismo responsabile in Senegal: «Nel paese sono state censite oltre 55 strutture di albergazione responsabili, soprattutto campement villageois, guest house o alloggiamenti in famiglia; e ci sono molte associazioni e cooperative che offrono servizi di ristorazione, accompagnamento alle escursioni, laboratori e incontri con le popolazioni locali».
Proprio alla promozione del turismo responsabile in Senegal, come motore per lo sviluppo dell’economia del paese, è stato dedicato un settore del programma “Fondazioni4Africa”, promosso dalle fondazioni bancarie Cariparma, Cariplo, Monte dei Paschi di Siena e Compagnia di San Paolo. Il programma coinvolge quattro regioni italiane (Lombardia, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna) e prevede due interventi principali: in nord Uganda, per far rientrare gli sfollati nei villaggi d’origine, e in Senegal, per migliorare le condizioni socio-economiche delle aree rurali, con un impegno globale di 11 milioni di euro per i primi tre anni. Il tutto in stretta sinergia con ong e realtà della cooperazione internazionale accreditate. «L’aspetto assolutamente innovativo del progetto è lo stretto contatto tra enti finanziatori e ong, sia nella fase di elaborazione (scelta dei paesi, dei settori d’intervento, dei partner in loco ecc.) sia nell’attuazione» spiega Simona Guida, focal point del progetto in Senegal per conto dell’ong Cisv. E un ruolo particolarmente significativo lo giocano gli immigrati senegalesi in Italia, che partecipano alla promozione del turismo responsabile nel loro paese di origine.

Mamadou Samb, in Italia da quasi 20 anni, ma senza mai scordare la sua terra e la sua gente, è mediatore culturale e presidente dell’associazione d’immigrati Trait d’Union. «È ora che i migranti si impegnino per sviluppare insieme il proprio paese» sostiene «in senso comunitario e non solo a livello di singoli. Oggi molti pensano a mettere i soldi da parte per farsi una casa o aprirsi un negozio in Senegal, che spesso fallisce. Serve di più mettersi in rete e collaborare per favorire lo sviluppo di un’intera zona, di un intero villaggio. E per farlo occorre un’adeguata preparazione». Proprio lui, insieme alla sua associazione, ha fatto nascere a Lompoul sur Mer, villaggio di pescatori in uno splendido contesto naturale, un “campement” per turisti. «La zona di Lompoul è bellissima» spiega Mamadou Samb, «oltre alla spiaggia c’è la possibilità di visitare il vicino deserto naturale, sconosciuto persino a molti senegalesi, e a poca distanza, per gli appassionati di eco-turismo, c’è il parco ornitologico nazionale di Djoudj e le isole del Saloum». Il tutto condito dai tipici ingredienti senegalesi, «il calore umano e l’atteggiamento ospitale che, insieme alla tranquillità dei luoghi, possono garantire una vacanza piacevole, in cui i turisti imparino a conoscere e apprezzare la cultura degli africani».

Turismo e sviluppo
Il progetto, avviato ufficialmente a novembre 2008, prevede il coinvolgimento di 500 membri dell’associazione contadina Asescaw nella costruzione di un altro campement sul lago di Guiers, e di più di 350 famiglie dei Gie, Gruppi d’interesse economico, che dovranno realizzare servizi igienici, pannelli solari e sale a scopo ricreativo nel parco di Djoudj, oltre alle associazioni di produttori di Lompoul sur Mer, circa 1.200 persone dedite a orticoltura, allevamento e pesca, che forniranno il cibo per i turisti. «Se tutto va bene, a giugno potremo inaugurare il sito turistico di Lompoul, che sarà utilizzabile tutto l’anno» spiega ancora Samb. «Ci saranno un campement sulla spiaggia e una serie di tende mauritane, a basso impatto ambientale, per i soggiorni nel deserto. Oltre all’aspetto naturalistico, si potrà conoscere la cultura locale e i suoi prodotti, come i manufatti in argento e in legno, o i caratteristici quadri fatti con la sabbia del mare». Come dice Marzia Sica, project manager di “Fondazioni4Africa-Senegal”, «il turismo responsabile può contribuire a diversi aspetti: la protezione di territorio e ambiente, la salvaguardia di cultura e tradizioni, ma anche la promozione di una crescita economica sostenibile e del ruolo della donna».

Silvia Pochettino
Direttore Responsabile della rivista VpS – Volontari per lo Sviluppo,
responsabile ufficio stampa CISV, Una comunità per il mondo

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