Salviamo Pemba

Come in molti altri paesi in via di sviluppo, anche in Mozambico il turismo di massa rischia di provocare conseguenze ambientali, socio-culturali ed economiche profondamente negative, dovute alla noncuranza, alla mancanza di riflessione e, soprattutto, alla ricerca del profitto a tutti i costi.

Il concetto di turismo responsabile nasce da un’evoluzione di quello sostenibile nel momento in cui con questo termine si inizia a descrivere un turismo che si preoccupa di non danneggiare le risorse dei luoghi di destinazione e, allo stesso tempo, vuole portare un contributo attivo alla loro salvaguardia ed al mantenimento o al recupero della solidarietà nei confronti delle comunità ospitanti. Il turismo responsabile va quindi incontro con rispetto e disponibilità alle caratteristiche ed alle esigenze del paese di destinazione, alla gente, con i suoi usi e costumi e alla natura. Nei paesi in via di sviluppo, l’arrivo del turismo è visto come un’imperdibile opportunità, perché sempre legato ad una crescita economica dell’area che interessa, con tutta una serie di ricadute positive. Tuttavia, esso porta con sé anche delle potenziali conseguenze negative, di cui sono soprattutto le fasce più disagiate delle popolazioni locali a pagare il prezzo. Un turismo che sfrutta le risorse naturali al fine di offrire una qualità che non si integra con le necessità del luogo di destinazione è un turismo che va a danneggiare pesantemente degli equilibri spesso già estremamente precari. Pemba è un esempio di città fortemente a rischio in questo senso. Situata nel nord del Mozambico, questa città è la capitale della provincia di Cabo Delgado e sorge in una tra le più belle baie al mondo, dove le tante risorse naturali stanno da qualche anno attirando forti interessi ed investimenti legati al turismo.

Il Mozambico è un paese molto giovane e sta facendo grossi sforzi per uscire da una situazione di profonda povertà causata dalla lunga stagione di guerre (oltre 30 anni) prima per l’indipendenza dal Portogallo e poi civile. Come in molti altri paesi in via di sviluppo, anche in Mozambico il turismo di massa rischia di provocare conseguenze ambientali, socio-culturali ed economiche profondamente negative, dovute alla noncuranza, alla mancanza di riflessione e, soprattutto, alla ricerca del profitto a tutti i costi. Se da un lato, per Pemba, l’attuale sviluppo turistico rappresenta un’occasione unica per il proprio sviluppo, dall’altro sono noti i pericoli in termini di alterazione dello stato ambientale e di perdita d’identità. I crescenti investimenti esteri non portano alcuna ricaduta positiva alla popolazione locale, che continua a dover fronteggiare disoccupazione e povertà. Ad un primo impatto, Pemba ha le sembianze di una città rimasta indietro nel tempo, con il suo grande patrimonio naturale (mare, ampie spiagge, barriere coralline, alberi da frutto e natura incontaminata) ed artistico (artigianato, musica e danze tipiche della tradizione mozambicana). Purtroppo, però, è scarsa la consapevolezza della popolazione locale circa tutte queste ricchezze, come è scarso l’interesse delle nuove generazioni per quelle che sono le tradizioni del proprio passato.

Al vedere tutto questo, viene naturale dire: “Peccato!” Peccato che non esistano strutture e servizi creati e gestiti dalla popolazione locale; peccato che i locali si limitino a piccole attività di vendita di prodotti tipici nei mercati o vengano impiegati in lavori di basso profilo nelle poche strutture ricettive; peccato che i villaggi che sorgono nell’entroterra si stiano rapidamente spopolando perché tutti corrono verso Pemba convinti che il turismo vi porterà grandi opportunità, salvo poi andare ad aumentare il numero di chi, nei bairros (quartieri) di periferia, vive in povertà e malattia. Tutti questi fattori si traducono in persistenti condizioni di crescente isolamento, perdita di identità ed arretratezza per le popolazioni locali, in un contrasto spesso molto stridente tra la povertà che caratterizza gran parte delle aree intorno alle poche, grandi strutture turistiche e chi si reca in questi luoghi per goderne le ricchezze. La sensazione è che, tuttavia, Pemba possa ancora essere salvata dallo sviluppo a ritmi non controllati e dalla creazione di paradisi per occidentali all’interno di un contesto dove i mozambicani vivono in miseria ed isolamento.

Bisogna però agire subito. In che modo?Con progetti che favoriscano una presa di coscienza, da parte delle popolazioni locali, circa il potenziale racchiuso nel proprio territorio, in termini di patrimonio naturale, cultura, tradizioni ed opportunità. Sensibilizzando circa la possibilità di preservare ed utilizzare questo potenziale per trarne occupazione e diminuzione della povertà. Promuovendo un’aumentata attenzione nei confronti dei luoghi visitati ed un uso sostenibile delle risorse naturali da parte di tutti (investitori compresi). Mostrando che accanto ai tanti effetti positivi dello sviluppo turistico, ci sono numerose conseguenze negative che un turismo non adeguatamente regolamentato può provocare: uso indiscriminato delle risorse naturali, cambiamento degli assetti dei villaggi lungo la costa, pericoli di sfruttamento dell’infanzia, perdita di tradizioni e cambiamenti nello stile di vita di un paese. A Pemba si può fare veramente del bel turismo, che per essere “responsabile” dovrà tuttavia avere come obiettivo principale, accanto ad un’offerta di alto livello ai futuri turisti di questo paese, la salvaguardia delle ricchezze naturali e delle popolazioni locali (con i loro diritti) ed il consolidamento dell’identità e dei valori della comunità locale.

Ester Giuntini
Docente Dipartimento di Psicologia Università Cattolica
Coordinatrice progetto “Muindi” di turismo responsabile in Mozambico

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