Dichiarazioni di fine vita

Ignazio Marino

Il “testamento biologico”, mira a stabilire il diritto di ogni persona di indicare oggi, nel pieno delle proprie facoltà, quali cure e terapie ritiene accettabili per se stesso e quali invece intende rifiutare, se un giorno si trovasse nella condizione di non potersi più esprimere.

Oltre 65.000 firme. Tante sono le adesioni raccolte, in poco tempo, dall’appello per il testamento biologico da me promosso, insieme ad altri autorevoli primi firmatari, in favore di una legge per il diritto alla salute e contro il dovere alle terapie (www.appellotestamentobiologico.it). Oltre 65.000 persone che hanno chiesto di rispettare il principio dell’autodeterminazione, sancito dalla nostra Costituzione. Accanimento terapeutico, sospensione delle cure, testamento biologico sono temi difficili e controversi, da tempo entrati a fare parte del dibattito pubblico, anche grazie alla risonanza mediatica riservata a drammatiche vicende umane.

Negli ultimi anni, grazie ai progressi compiuti dalla scienza, che offre nuove possibilità ma pone anche nuove problematiche rispetto all’utilizzo della tecnologia in medicina, i cittadini sono stati spesso sollecitati a riflettere sulle implicazioni legate all’evolversi delle malattie, sempre più curabili anche se non guaribili, e sulle tematiche legate alla fine della vita. Come è logico e giusto che accada, il dibattito ha investito anche la politica, ma il percorso per arrivare a stabilire delle regole che trovino applicazione in una legge non si è rivelato privo di ostacoli. Nel momento in cui il Senato ha iniziato a lavorare sul tema del testamento biologico (le prime discussioni risalgono a dieci anni fa ma si è entrati nel vivo della questione la scorsa legislatura), le difficoltà e le differenze sono venute a galla in maniera chiara ed inequivocabile.

E non sono servite audizioni, convegni, pubblicazioni, approfondimenti, dato che ognuno resta ancorato alle proprie posizioni e, tra i diversi disegni di legge depositati in Parlamento, si stenta a trovare una sintesi per arrivare ad un testo il più condiviso possibile da sottoporre al voto. La legge sulle dichiarazioni anticipate di fine vita, meglio conosciute come “testamento biologico”, è bene ricordarlo, mira a stabilire il diritto di ogni persona di indicare oggi, nel pieno delle proprie facoltà, quali cure e terapie ritiene accettabili per se stesso e quali invece intende rifiutare, se un giorno si trovasse nella condizione di non potersi più esprimere e senza una ragionevole speranza di recuperare la propria integrità intellettiva. Di fronte all’ipotesi di una malattia terminale, con la certezza di non poter recuperare la coscienza di sé, l’atteggiamento varia moltissimo da un individuo all’altro.

C’è chi desidera accettare la fine naturale della vita senza essere sottoposto a terapie invasive e collegato a macchinari che, in determinate circostanze, servono solo a prolungare un’inutile agonia. C’è invece chi preferisce usufruire senza limiti di tutte le opzioni terapeutiche messe a disposizione dalla medicina. Ogni tipo di indicazione dovrebbe essere rispettata dato che parliamo di decisioni che riguardano il bene più prezioso che ognuno di noi possiede, ovvero la nostra stessa vita. Del resto, il modo in cui vorremmo lasciare questo mondo è una questione che toccherà tutti prima o poi ed è partendo da questo presupposto che sono convinto che una legge sia utile, anzi necessaria, al di là degli orientamenti politici, dei partiti e delle ideologie, ma nell’interesse dell’individuo, della sua dignità e dei suoi diritti civili. Le decisioni che riguardano le modalità della fine della nostra vita hanno implicazioni etiche molto forti che toccano la sfera delle libertà individuali, i valori, la cultura, l’interiorità e il modo in cui ognuno vede e concepisce la propria esistenza, il proprio corpo, la fede in ciò che verrà dopo, o l’idea del dopo.

Quello che si vuole riconoscere con una legge sul testamento biologico è, dunque, il diritto di poter scegliere per se stessi, un diritto che oggi in ambito sanitario si esercita attraverso il meccanismo del consenso informato, accettato da tutti e obbligatorio per legge perché recepisce quanto stabilito nell’articolo 32 della Costituzione, che prevede il diritto alle cure ma non il dovere alle terapie. Le dichiarazioni anticipate e il rifiuto dell’accanimento terapeutico altro non sono, quindi, che un allargamento dello spazio di libertà individuale che già esiste e che viene regolarmente rispettato. Questo principio è stato condiviso anche nella Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina, firmata nel 1997 da quasi tutti i paesi europei, compresa l’Italia. Già da tempo l’Europa, dunque, ha manifestato l’esigenza di condividere linee di indirizzo etiche comuni sui delicati temi legati alla bioetica e al progresso scientifico, in un momento storico in cui la biologia e la medicina attraversano una fase di rapidissimo sviluppo.

Abbiamo dunque molte buone ragioni per affrontare il tema con serietà e senza indugi, tenendo conto anche delle numerose sollecitazioni che il Parlamento ha ricevuto dal Presidente della Repubblica, dai medici, dalle associazioni di pazienti e dai cittadini. Ma proprio perché parliamo di diritti, auspico una legge di libertà, che dia la possibilità a chi lo vuole, e solo a chi lo vuole, di lasciare delle indicazioni e di individuare, eventualmente, un fiduciario la cui presenza serva a garantire che quelle volontà siano rispettate e che sia in grado di interpretarle se necessario. Nulla di obbligatorio dunque, ma piena libertà di scelta. E proprio in nome di questa libertà non credo sia possibile rendere obbligatorie per legge terapie come la nutrizione o l’idratazione artificiali. Se si inserirà la loro obbligatorietà nella legge che sarà approvata andremo incontro a grandi problemi perché se il paziente indicherà di non accettare la nutrizione artificiale, che richiede un intervento chirurgico per l’applicazione di un tubicino nello stomaco, il medico si troverà di fronte a un dilemma: o infrangere la legge e prestare fede alle indicazioni del malato, come prevede il codice deontologico, oppure infrangere l’alleanza terapeutica tra il medico e il suo paziente per attenersi a disposizioni imposte dallo Stato.

Io credo che il Parlamento debba ascoltare le posizioni di tutti e i cittadini ci dicono che sulla fine della loro vita vogliono decidere da soli e non vogliono imposizioni. Del resto questa libertà di scelta vale per le decisioni da prendere in piena consapevolezza. Quando lavoravo negli Stati Uniti, mi è capitato di non poter programmare un intervento chirurgico su testimoni di Geova perché erano necessarie trasfusioni di sangue e, senza il consenso del paziente, non era assolutamente possibile infondere sangue. Ricordo l’episodio di un ragazzo minorenne che, gravemente ammalato e bisognoso di un intervento chirurgico al fegato, rifiutò di sottoporsi al trapianto per non entrare in contrasto con le regole della sua religione. Quel ragazzo successivamente morì e noi medici non potemmo fare nulla per evitarlo. Resta da chiarire un punto: va fatta una distinzione tra la situazione di un paziente che discute con il suo medico di tutte le implicazioni legate ad un intervento e la situazione di emergenza.

Nel primo caso il medico deve attenersi alle volontà espresse dalla persona ammalata ed è deontologicamente e legalmente vincolato a quanto deciso assieme. Se però una persona arriva in pronto soccorso in stato di incoscienza, in seguito ad un grave trauma, il medico non può omettere il soccorso ed è obbligato ad intervenire subito per salvare la vita di quella persona. Ci sono situazioni in cui in meno di un minuto bisogna fare una trasfusione di sangue o quel paziente morirà. In questi casi, quando la persona recupera la coscienza, potrà decidere se continuare a sottoporsi alle cure oppure no. Ma se la coscienza fosse persa per sempre, chi e su quali basi potrebbe e dovrebbe prendere una decisione? Il testamento biologico serve proprio a questo: indica con chiarezza la strada da percorrere a medici e familiari. A chi, pienamente consapevole ed informato, lo ha sottoscritto, esprimendosi sulle terapie alle quali vuole – o non vuole – essere sottoposto, garantisce il rispetto delle proprie volontà.

Ignazio Marino
Senatore, Chirurgo, Presidente parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Tags:

Rispondi