“Mi scusi, venerabile maestà? Com’è umano lei! Disponghi di me come meglio vuole!”

In effetti, la prima cosa che mi viene in mente quando si parla di “meritocrazia sul lavoro” è la figura dello sfortunato Ugo Fantozzi. Questo personaggio fu concepito da Paolo Villaggio durante il suo periodo lavorativo come impiegato in una grande azienda di Genova. Lì l’attore prese spunto dagli episodi di servilismo ed arrivismo di cui era stato testimone oculare, poi artisticamente ingigantiti con vena tragicomica. Chi non ricorda, ad esempio, l’episodio in cui il direttore Guidobaldo Maria Riccardelli obbliga i suoi dipendenti a vedere film neorealisti dell’est europeo (rigorosamente sottotitolati in tedesco) e a giudicarli? Quando Fantozzi, continuamente punito perché si addormenta durante le proiezioni, viene costretto a guardare per l’ennesima volta la corazzata Potemkin anche il giorno della partita Italia-Inghilterra dà vita ad una ribellione di massa.

In un altro film compare invece la figura del ragionier Fonelli, collega di Fantozzi, che dopo aver aderito alla Mafia ed alla P2 ed essersi abbonato a vita quattro volte a Famiglia Cristiana, viene nominato improvvisamente Mega Direttore Galattico del personale. Poco dopo assume il nome di “Cobram II” e costringe i suoi novelli sottoposti a condividere il suo fanatismo per l’atletica leggera, organizzando umilianti giochi olimpici aziendali. Questi personaggi fanno ridere, ma fanno ridere con amarezza, perchè i meccanismi perversi che descrivono sono all’ordine del giorno in molti dei nostri uffici. Tutti abbiamo assistito, più di una volta, a scene grottesche di sudditanza psicologica verso il potere costituito. Tutti, almeno una volta, ci siamo visti superare sulla base di criteri che nulla hanno a che vedere col merito. Tutti conosciamo in prima persona l’ormai quasi proverbiale fenomeno del “lecchismo” alla macchinetta del caffè: il capo che dice qualsiasi sciocchezza e tutti intorno che vanno in delirio! I film di Fantozzi, sia pur con una profonda ironia, hanno anticipato le tematiche del mobbing e della cooptazione nelle grandi aziende. Ma bisogna anche dire che non hanno sviscerato tutti i mali che si annidano dietro il mondo del lavoro. La società, infatti, è in continua evoluzione ed ogni giorno si presentano ai nostri occhi nuovi agghiaccianti scenari. Come, ad esempio, quello del precariato.

Con questo termine si intende la condizione di quelle persone che devono fare i conti con una perenne discontinuità del rapporto di lavoro, accompagnata da redditi assolutamente inadeguati per pianificare la propria vita ed il proprio futuro. Una volta, ad un sistema che garantiva occupazione fissa e pensione ma che forse era poco competitivo, ci piaceva contrapporre il sogno americano: nessuna garanzia ma chiunque, dotato di talento, può davvero sfondare. Adesso stiamo andando verso un sistema all’americana, ma con stipendi sempre all’italiana! Volendo poi accostare i termini “meritocrazia” e “precariato” si rischia di avventurarsi su un sentiero scivoloso. Perchè c’è più di qualcuno che ad oggi si domanda se il termine “meritocrazia” venga usato solamente a significare la sacrosanta necessità di valutare il merito del lavoro per gettare le basi di un sistema educativo e produttivo di qualità. O se piuttosto lo stesso termine venga abusato per giustificare un precariato di massa, venduto come palestra di vita e nobilitato dal concetto di merito, come se fosse il frutto di una libera scelta delle giovani generazioni.

Martina Seleni
Giornalista

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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