Un mondo da manicomio

Franco Basaglia sosteneva che “un malato di mente entra nel manicomio come ‘persona’ per diventare una ‘cosa’. Il malato, prima di tutto, è una ‘persona’ e come tale deve essere considerata e curata (…) Noi siamo qui per dimenticare di essere psichiatri e per ricordare di essere persone”. Franco Basaglia ha rivoluzionato il pensiero della scienza psichiatrica, ha modificato il concetto di malato mentale, ha abolito i sistemi terapeutici lesivi per la dignità umana come l’elettroshock e le camicie di forza. Ha rivisto il concetto di “malato mentale” inteso come “rifiuto” e lo ha restituito ad una condizione umana. Su queste basi è nata la legge 180, che ha permesso finalmente la chiusura dei manicomi-lager e la nascita dei centri di salute mentale con un organizzazione territoriale.

Il 13 maggio del 2008 c’è stato il trentennale della Riforma della Psichiatria varata proprio grazie alla legge 180 del 1978. Dare soggettività a chi non viene considerato come essere umano era in quegli anni un obiettivo che poi è stato condiviso non solo in Italia ma dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Libro verde sulla salute mentale approvato dal Consiglio dell’Unione Europea nell’ottobre 2005 e che l’Europarlamento nel 2006 ha preso come modello in una risoluzione per modificare il sistema sanitario europeo. Dopo trent’anni di applicazione però il diritto alla salute mentale non è ancora efficacemente garantito su tutto il territorio nazionale. Rimangono forti differenze fra le regioni e all’interno di queste.

È spesso scarsa la presenza di strutture alternative ai manicomi e, laddove presenti, gli stessi Centri di Salute Mentale tendono ad offrire risposte esclusivamente di tipo ambulatoriale e tecnico ma non aiuti concreti e terapeutici al malato e alla sua famiglia. Alcune analisi preoccupanti evidenziano come la tutela del paziente, il recupero sociale e lo sviluppo di un modello assistenziale allargato sul territorio siano rimasti inattuati. Non va poi dimenticato il nodo irrisolto del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari dove, tra gli oltre 1200 internati, vi sono persone che rimangono rinchiuse solo perché fuori non hanno alternative.Se escludiamo la Legge numero 6 del 9 gennaio 2004 che ha istituito la figura dell’amministrazione di sostegno a tutela di chi, pur avendo difficoltà nel provvedere ai propri interessi, non necessita comunque di ricorrere all’interdizione o all’inabilitazione, nessuna rielaborazione o rivisitazione della legge 180 è riuscita ad essere approvata.

Uno dei nodi cruciali è la condizione dei malati non collaborativi che, non riconoscendo la loro malattia, rifiutano le cure e pertanto con la legge vigente è difficile introdurre al trattamento di cui avrebbero bisogno. Situazione questa che spinge alcune associazioni, ma anche alcuni parlamentari, a chiedere una ridefinizione della 180 ed in particolare del trattamento sanitario obbligatorio (TSO) verso forme di cura obbligatorie. In Italia l’ultimo manicomio è stato chiuso nel 2002. I problemi di salute mentale rappresentano quasi il 20% del totale delle malattie. Almeno una persona su quattro, in un periodo della propria vita, soffre a causa di un problema mentale. La possibilità di trattamento sanitario obbligatorio è limitata solo ai momenti più acuti e drammatici. Circa la metà delle persone che soffrono di depressione non vengono mai curate. Una percentuale oscillante fra il 44% e il 70% di coloro che soffrono di problemi mentali non si è mai sottoposto ad alcuna terapia. Forse, per tutelare questi malati e per garantire a loro e alle loro famiglie una vita degna di essere vissuta, sarebbe il caso che il problema della salute mentale venisse maggiormente sentito dalle istituzioni come priorità.

di Massimiliano Fanni Canelles

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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