L’olio di Lorenzo

“L’adrenoleucodistrofia o ALD ha impedito a mio figlio di vivere una vita come quella che qualunque essere umano merita. Fino a sei anni era un ragazzino sano, vispo, sempre allegro. È cosi che preferisco ricordarlo. Poi ad un tratto tutto è precipitato: la nostra tranquillità è stata drasticamente interrotta per sempre”

Sono in tanti a conoscere la mia storia e ovviamente quella di mia moglie Michaela. La maggior parte della persone, forse, si ricorda di noi perché ha visto il film “L’Olio di Lorenzo”. Film in cui Nick Nolte interpretava me e Susan Sarandon mia moglie. Devo dire che il regista – George Miller – tranne forse che per qualche piccolo dettaglio, si è attenuto fedelmente a quello che è stato il reale andamento delle nostre vicissitudini: dal periodo in cui tutto sembrava essere perfetto, quando ancora eravamo una famiglia serena che non immaginava neppure quello a cui stava per andare incontro, al momento in cui abbiamo appreso, come un fulmine a ciel sereno, della malattia del nostro piccolo Lorenzo, per arrivare infine al lungo calvario della malattia stessa e ai nostri tentativi disperati di sconfiggerla. Nel film non c’è nulla di inventato, anche se per rendere chiari certi aspetti si è ricorso a quelle che io sono solito definire “trovate cinematografiche”. Ecco, per esempio, c’è una scena in cui per rendere chiaro allo spettatore il modo in cui ho cominciato ad intuire come sarebbe stato possibile bloccare l’azione dell’enzima responsabile dell’accumulo degli acidi grassi a lunga catena, Miller ha deciso che andavano utilizzati dei fermagli in acciaio. In pratica ci sono “io/Nick Nolte”, che dopo l’ennesima notte insonne trascorsa in biblioteca per ampliare le mie conoscenze scientifiche, nel tentativo di simulare la struttura molecolare dell’acido erucico, inizio ad inserire i fermagli uno dentro l’altro fino a quando arriva “l’illuminazione”: finalmente capisco cos’è che si inceppa nell’organismo di Lorenzo e soprattutto comincio ad avere le idee chiare su quanto andrebbe fatto per arrivare alla soluzione del problema. Se devo essere sincero, non è andata proprio così, ma tutto sommato questo sistema era, forse, l’unico che in un certo senso poteva descrivere quanto in realtà avveniva solo ed esclusivamente nella mia testa. Dal momento che i pensieri non sono facilmente rappresentabili, era di sicuro il metodo più efficace per far comprendere a tutti cosa e perché non funzionava in mio figlio. Invece con Nolte ho persino litigato. La malattia di Lorenzo ha segnato in maniera pesante, indelebile, la mia esistenza; le tribolazioni di mio figlio mi hanno riempito di dolore, ma allo stesso tempo mi hanno obbligato a non arrendermi mai e, anche su spinta di Michaela, mi hanno costretto, nel senso buono del termine, a non accettare una realtà insopportabile per qualunque genitore. Ho lottato prima per Lorenzo, poi per gli altri bambini che stavano vivendo lo stesso dramma. Ci sono stati momenti di sconforto, di vera e propria disperazione, ma io dalle scale non mi sono mai buttato! L’ho detto a Nolte: “questa scena non mi piace, non mi rappresenta!”, ma lui ha insistito, l’ha voluta a tutti i costi ed è per questo che ci siamo arrabbiati. Ovviamente si è trattato di uno “scontro amichevole” e ci tengo a precisare che, tanto Nolte quanto la Sarandon, hanno fatto molto per il Myelin Project di cui io e mia moglie siamo stati i fondatori. Il fatto che due attori del loro calibro si siano prestati come testimonial di quello che in Italia si chiama Progetto Mielina, non è stata cosa da poco. Tornando al film, non l’ho visto tante volte come si potrebbe presumere perché ogni volta era un po’ come rivivere daccapo tutti i tormenti che la nostra famiglia è stata costretta a sopportare. L’ultima volta l’ho riguardato circa un anno fa a distanza di ben 10 anni in cui avevo preferito evitarne la visione, forse, anche perché tra Lorenzo e il bambino che lo interpretava – Zack O’Malley Greenburg –  c’era una notevole e per me troppo dolorosa somiglianza fisica.

L’adrenoleucodistrofia o ALD ha impedito a mio figlio di vivere una vita come quella che qualunque essere umano merita. Fino a sei anni era un ragazzino sano, vispo, sempre allegro. Un bambino sensibile, curioso, che sembrava avere straordinarie doti dal punto di vista cognitivo, basti pensare alla sua spiccata propensione nell’apprendere lingue diverse dalla propria. È cosi che preferisco ricordarlo. Se torno indietro con la memoria  mi piace ripensare proprio a quando parlava con sua madre e le  rispondeva a volte in inglese, altre nella lingua tipica della isole Comore, dove all’epoca vivevamo. Era buono, mai capriccioso.Poi ad un tratto tutto è precipitato: la nostra tranquillità è stata drasticamente interrotta per sempre. Purtroppo mia moglie ed io, per quanto bravi a creare l’Olio di Lorenzo, non abbiamo avuto la fortuna di essere stati anche veloci ed è per questo che è stato impossibile evitare che le funzioni più importanti di nostro figlio venissero danneggiate in maniera irreversibile. Forse, se il tutto fosse accaduto oggi, ci sarebbe stato un lieto fine. Con internet avremmo potuto avere un vantaggio notevole, avremmo potuto accedere in tempo reale alle più importanti pubblicazioni scientifiche sul tema. La sorte non è stata dalla nostra parte. Tuttavia, per lungo tempo, siamo riusciti a strappare Lorenzo alla morte. Di sicuro gli abbiamo regalato un tempo molto più lungo di quello prospettato dai medici secondo i quali sarebbe dovuto morire al massimo dopo un paio d’anni dalla comparsa della malattia. Non è stato così. Lorenzo, come noi del resto, non ha avuto di certo quel che si dice una vita facile, ma ha combattuto la sua battaglia. Non poteva parlare, ma aveva imparato a farsi capire con un sistema molto semplice che, a suo tempo e con infinita e amorevole pazienza, gli era stato insegnato da mia moglie Michaela: chiudeva gli occhi per dire no e muoveva le dita per dire si. Non molto, lo so, ma pur sempre qualcosa. Aveva bisogno di essere accudito in tutto e per tutto, ma almeno c’è stato e noi ci siamo stati per lui. È morto il giorno dopo aver compiuto 30 anni ed “ironia della sorte”, non a causa della sua malattia, ma  per le conseguenze di una polmonite. Mia moglie Michaela, poco prima di morire, mi disse che nel caso io fossi sopravvissuto a Lorenzo il suo desiderio sarebbe stato quello di unire le sue ceneri a quelle del suo adorato bambino. Così è stato. Così si è conclusa la storia della mia famiglia: ancora una volta Michaela ha avuto l’ultima parola. Era testarda lei, cocciuta e determinata. Per fortuna. Se così non fosse stato, Lorenzo non sarebbe riuscito a compiere i suoi primi 10 anni. Che dire… Michaela ha speso tutta la sua esistenza nel tentativo e nella speranza di vedere Lorenzo guarire. Ad un certo punto si stava praticamente annullando: aveva capito che, in realtà, l’unica cosa da sperare era quella di riuscire a far rimanere in vita nostro figlio, nulla di più. È andata avanti lo stesso per la sua strada, non ha mai accettato l’idea che potesse non esserci un rimedio. È stata una madre eccezionale, di quelle rare da trovare. Senza di lei, forse, io mi sarei dato per vinto e, forse, l’Olio di Lorenzo non sarebbe mai esistito. Questo sarebbe stato il dramma più grande, considerati i risultati che si hanno grazie alla sua assunzione.Ora che Lorenzo è morto, sono in molti a pensare che la parola fine, questa volta, verrà scritta davvero. Non è assolutamente così: il Myelin Project continuerà a svolgere le sue ricerche e ad operarsi affinché in un tempo, speriamo più vicino possibile, malattie come  quella che ha colpito mio figlio, vengano debellate per sempre. È una battaglia che dobbiamo vincere. Oggi come oggi, mi sento solo. Penso sia più che lecita la sensazione di vuoto che provo perché, a modo suo, Lorenzo mi ha riempito la vita. Se la sua morte rappresentasse la fine di tutto, allora i sacrifici fatti in questi anni da tutti noi sarebbero stati inutili. Non è di sicuro questo ciò che avrebbe voluto Michaela e, ne sono convinto, nemmeno quello che avrebbe desiderato nostro figlio. Ci sono stati dei momenti in cui, io stesso, ho tentato di dissuadere mia moglie dall’andare avanti, ma alla fine ho capito che Michaela aveva ragione: era doveroso continuare la nostra lotta personale, ormai non tanto per Lorenzo, ma per regalare una speranza ad altri bambini e alle loro famiglie. E’ per questo che anche adesso bisogna continuare.

Augusto Odone
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Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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