Fra morti bianche e sporche

La nostra Costituzione scrive che l’Italia, il nostro Paese, il Paese in cui tutti noi viviamo, è una repubblica democratica fondata sul lavoro. Il lavoro è quindi un diritto per ogni uomo e ogni donna e su di esso lo Stato italiano pone le sue fondamenta. Oggi, guardando verso i piani alti dove operano i grandi dirigenti del Paese l’immagine percepita è quella di un palazzo oscillante ed instabile come posto sulla sabbia, come costruito su fondamenta precarie caratterizzate dalla negazione dei diritti fondamentali, diritti che dovrebbero tutelare la dignità e la vita. Negli ultimi quattro anni, durante lo svolgimento del proprio lavoro, di quel compito che lo Stato prevede come base del proprio sviluppo, più di 5000 persone hanno perso la propria vita e molti altri sono rimasti invalidi. Proprio lo Stato allora, per garantire l’investimento che ne permette la solidità, dovrebbe prendere i provvedimenti necessari affinchè ciò non avvenga o per lo meno che si riduca. Non solo nella carta costituzionale, ma anche nel Codice civile italiano sono contenuti i principi di sicurezza e di dignità del lavoratore, ma i dati che giungono annualmente sembrano far apparire un progressivo peggioramento della tutela prevista per le vittime di incidenti sul lavoro o di malattia professionale. Spesso mancano ispettori che controllino realmente, i sindacati sembrano più attenti al salario che non alla sicurezza, le norme esistenti non sono applicate anche perché spesso molto restrittive e costose. Un obiettivo prioritario dovrebbe essere quello di diffondere una cultura di prevenzione, di portare nelle scuole e nell’università l’istruzione alla sicurezza. Ma forse il problema, soprattutto nei giovani, è la bassa percezione del rischio, soprattutto nell’ambito lavorativo. La nostra economia però necessità di lavoratori, di uomini e donne disponibili a mettere in piedi una famiglia, ad avere dei figli, di persone che vogliono coltivare le loro passioni, che non vogliono sentirsi una voce di bilancio o una spesa da tagliare. Donne e uomini che non accettano manager che guadagnano in un giorno quanto guadagnano in un anno gli operai dell’azienda che dirigono, che non accettano di dover lavorare quarant’anni per ottenere una pensione pari al 50% della loro ultima busta paga.

I vertici delle aziende e delle istituzioni devono capire che i dipendenti della Thyssenkrupp, del porto di Marghera, del porto di Genova, del cantiere della Catania-Siracusa, i familiari di tutti i caduti e gli invalidi, e tutti i cittadini e i lavoratori, non accettano di vivere in una società fondata esclusivamente sul profitto e non sul valore dell’essere umano.

di Massimiliano Fanni Canelles

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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