Il complesso universo dei genitori in prestito

Alessandra Maggi

L’ultima ricognizione realizzata dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza ci dice che nei primi cinque anni del nuovo secolo gli affidi sono cresciuti del 50%. Un dato confortante, perché va di pari passo con la chiusura degli Istituti, ma anche un dato che va letto avendo attenzione ad individuare come in risposta a quali bisogni questo aumento si è verificato

Confrontarsi con il tema dell’affido significa affrontare il nodo di come la comunità nel suo complesso si prende cura di bambini e ragazzi. L’affido famigliare non è infatti “un servizio” ma un modo per garantire “il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia […] senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua e religione..” come recita l’art.1 della l. 149/00, che richiede innanzitutto il coinvolgimento attivo e volontario delle famiglie accoglienti, il monitoraggio, il sostegno continuo e competente degli operatori territoriali, l’attenzione della magistratura minorile al modificarsi dei bisogni dei bambini. Dunque un insieme di soggetti pubblici e privati, di singoli e di aggregazioni accomunati dalla volontà di garantire ad ogni bambino il diritto ad una famiglia. La “cultura” dell’affido, come ormai è comunemente indicata anche in studi e documenti ufficiali, è senza dubbio cresciuta; l’ultima ricognizione realizzata dal Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’infanzia e l’adolescenza ci dice che nei primi cinque anni del nuovo secolo gli affidi sono cresciuti del 50%. Un dato confortante perché va di pari passo con la chiusura degli Istituti, ma anche un dato che va letto avendo attenzione ad individuare come ed in risposta a quali bisogni questo aumento si è verificato. Quasi tutte le Regioni registrano un incremento significativo, anche se l’affido familiare è ancora più praticato nelle regioni del Centro e del Nord piuttosto che nelle regioni del Sud. In questo contesto un aspetto senza dubbio rilevante è il perdurare della netta prevalenza degli affidamenti giudiziari rispetto a quelli consensuali che sono solo poco più di un quarto, segno evidente di una conflittualità alla base del percorso di affidamento. Se a questo aspetto si associa l’aumento rilevante degli affidi etero-famigliari rispetto a quelli che si realizzano nell’ambito della cerchia parentale, si ha immediatamente un quadro della complessità che caratterizza oggi gli affidi.

Progettare, realizzare, sostenere nel tempo l’affido famigliare e al contempo avviare a soluzione i problemi che hanno motivato l’allontanamento del minore dal proprio nucleo famigliare richiedono una collaborazione continua e paritaria dei diversi soggetti coinvolti. Molte Regioni, consapevoli della complessità e dell’importanza di sostenere e diffondere l’affido famigliare, hanno avviato ed ormai consolidato interessanti esperienze di nuclei territoriali impegnati nell’affido, quali i “Centri affido”. Certo sarebbe auspicabile che la presenza di nuclei territoriali pluridisciplinari dedicati all’affido famigliare fosse definita come un livello essenziale delle politiche sociali, per le politiche per l’infanzia e la famiglia. Tale scelta, a valenza nazionale, pur con le indispensabili declinazioni locali, senza dubbio favorirebbe una ulteriore diffusione dell’affido. L’Istituto degli Innocenti ha di recente curato una approfondita analisi di come è cambiato l’affido famigliare in Toscana, regione da sempre fortemente impegnata nella promozione dell’affido e nel superamento dell’istituzionalizzazione e dove i Centri affido sono diffusi nell’intero territorio regionale da tempo, essendo stati individuate dalla legge n. 348/94. Si tratta di un lavoro realizzato in collaborazione con le zone socio-sanitarie, nell’ambito delle attività del Centro regionale di documentazione e studi sull’infanzia ed adolescenza, che ha unito alla rilevazione ed analisi della condizione dei minori fuori famiglia ed in particolare dei minori in affidamento la riflessione condotta con gli operatori stessi circa i punti di forza e debolezza del sistema degli interventi a sostegno dell’affido. La regione Toscana ha infatti, con le linee di indirizzo in materia di affidamento (del.139/06) individuato alcuni risultati prioritari da conseguire: la riduzione dei casi di allontanamento dei minori dalla famiglia, la riduzione della durata del periodo di affidamento, l’aumento dei rientri in famiglia nell’interesse del minore. Consolidare l’esperienza dei Centri affido e leggere l’evoluzione dei diversi bisogni espressi dei minori e dalle famiglie sono il presupposto per orientare il lavoro di tutti verso il raggiungimento di questi obiettivi. Quali dunque, in estrema sintesi, i punti di forza e quelli di criticità individuati nel contesto toscano. Innanzitutto un importante aumento degli affidi, con un aumento della presenza dei minori 0-5 anni ed una contrazione dei minori della fascia 11-17 anni, a testimonianza di una precoce individuazione delle situazioni problematiche ed al contempo di una difficoltà a rispondere ai problemi educativi degli adolescenti attraverso l’affido.

In secondo luogo un differenziarsi delle motivazioni dell’allontanamento del minore e dell’avvio dell’affido a seconda che il provvedimento riguardi un bambino italiano o straniero. Nel primo caso la grave trascuratezza, problemi di dipendenza da sostanze, la salute mentale sono le più significative cause, mentre per i minori stranieri la condizione economica del nucleo famigliare e di minore non accompagnato sono quelle maggiormente ricorrenti. Quindi i progetti educativi che accompagnano l’affido sono molto differenziati ed anche le modalità di relazione fra i minori e la famiglia naturale e fra questa e quella accogliente necessitano di strategie molto diverse, a cui gli operatori del territorio, ma anche l’autorità giudiziaria che interviene nella maggioranza dei casi, sono chiamati a riservare particolare attenzione rifuggendo dalla standardizzazione delle risposte. Da ultimo la durata dell’affidamento famigliare, che per sua natura dovrebbe avere carattere di temporaneità: se da un lato si registra una contrazione della durata rispetto al passato, infatti il 45% degli affidi vanno da meno di un anno a meno a tre anni, dall’altro persiste un 11% di minori con affidamenti superiori ai 10 anni. Una rilettura e riattualizzazione delle normative in materia di adozione e di affido, già da tempo oggetto di numerose proposte, diviene forse urgente, così come un sempre maggior collegamento e condivisione delle soluzioni fra autorità giudiziaria e servizi territoriali. Credo che il focus sulle realtà territoriali che maggiormente hanno sviluppato una forte esperienza in questo ambito, come quella toscana a cui si è accennato, possa fornire importanti suggerimenti al fine di individuare politiche, anche nazionali, di informazione, sostegno, promozione dell’affido famigliare, finalizzate ad una ulteriore diffusione della cultura dell’accoglienza e della genitorialità, così come favorire positive contaminazioni fra territori con un processo di confronto e formazione continua a sostegno delle risorse pubbliche e private coinvolte.

Alessandra Maggi
Presidente Istituto Innocenti di Firenze

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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