Affido e litigi di coppia

Arrigo De Pauli

L’affido può essere dato sulla base di oggettive difficoltà, anche attinenti alle responsabilità dei singoli. In campo matrimoniale nella crisi della coppia ciò può verificarsi quando vi è un tasso di litigiosità che comporta difficoltà nell’esercizio del diritto di visita al minore. è possibile affidare il figlio a terzi per creare in via temporanea un ambiente neutro, che permetta un distacco emotivo fra i genitori utile al raffreddamento del conflitto

Nel corso della mia ormai lunga carriera, una fase per me di notevole importanza è stata scandita dalla funzione di Procuratore presso il Tribunale per Minorenni di questa Regione. Si è trattato di un momento formativo, che mi ha consentito di essere arricchito di elementi culturali oltre che giuridici. E sottolineo questo, perché tutte le leggi che riguardano i minori hanno una caratura assolutamente diversa da quelle con cui siamo di solito costretti a misurarci. Durante la formazione universitaria ci viene insegnato che una norma giuridica può offrire una soluzione, un riconoscimento ad uno degli interessi in conflitto che si vengono a porre. Tutta la tematica relativa alle normative che riguardano i minori sfugge però a questa regola perché si tratta di leggi unidirezionali che perseguono cioè un unico interesse: quello del minore, interesse che non necessariamente corrisponde a quelli delle parti in conflitto. Questa è la guida, la Stella Polare che sostiene tutti gli operatori, perché l’approccio a queste problematiche comporta anche una dismissione del mero tecnicismo giuridico, sollecita una partecipazione che non deve essere comunque emotiva, richiedendosi per definizione un equilibrio che sia al riparo da eccessi di emotività; ciò non toglie che nella materia minorile vi sia un surplus partecipativo, del tutto inusuale nel lavoro del giurista e dell’ operatore giudiziario. Attualmente opero in patologia: tratto circa ottocento udienze di comparizione in sede presidenziale all’anno nei giudizi di separazione o divorzio, quelli cioè che segnano la crisi più o meno irreversibile del progetto matrimoniale. In Friuli Venezia Giulia ottocento tra divorzi e separazioni soltanto a Trieste costituiscono un dato estremamente rilevante.

L’affido familiare in alcuni casi può inopinatamente riproporsi anche in sede di separazione coniugale: se ciò appare conforme all’interesse del minore, ad esempio nel sospetto di ragionevoli dubbi sulla capacità genitoriale di entrambi è possibile un affidamento eterofamiliare. Va tuttavia subito precisato che l’affido familiare non implica nulla di sanzionatorio nei confronti della famiglia d’origine. è pur possibile che a monte vi siano comportamenti disdicevoli, però l’affido può essere serenamente, anzi fisiologicamente, dato sulla base di oggettive difficoltà, non comunque necessariamente ragguagliabili alla responsabilità dei singoli. Anche in campo matrimoniale, nella crisi della coppia ciò può verificarsi. Quando vi è un tasso di litigiosità, che comporta anche difficoltà nell’esercizio del diritto di visita al minore, è possibile creare in via temporanea un ambiente neutro, che possa permettere un distacco emotivo fra i genitori utile al raffreddamento del conflitto. è vero che si rischia di creare un ulteriore fronte di sovrapposizione di competenze fra Tribunale dei minorenni e giudice ordinario ed è per questo che sostengo la necessità di un Tribunale della famiglia che possa farsi carico di tutte le miriadi di competenze che si determinano nelle crisi coniugali. La legge sull’affido, in particolare nell’assetto dopo il 2001, è intrinsecamente ricca di messaggi, di indirizzi in uno con una significativa caratura pedagogica. Non trovo tutto questo negativo, anzi, ritengo che questo possa costituirne uno degli aspetti di maggiore positività, per non lasciare al “fai da te” in una materia così delicata e per consentire al Giudice, sia esso giudice Tutelare o Giudice Minorile Specializzato, di gestire in maniera ottimale vicende di questo tipo. Noi giuristi siamo abituati ad un certo approccio con la legge, la norma è per noi importante, è alla base di tutto: dobbiamo leggerla, capirla. Abbiamo degli strumenti interpretativi che ci sono stati affidati, li affiniamo nella pratica quotidiana e quindi il nostro approccio è innanzitutto un approccio letterale. Quando un giurista si misura con la legge dell’affido, deve quindi capire quali sono i presupposti, quale sia la ratio, cioè quale finalità è sottesa alla produzione normativa, qual è lo scopo che si vuole attuare. Dal punto di vista generale è evidente in letteratura che l’affido è un qualcosa di temporaneo, e in questo caso la temporaneità è fondamentale. I giuristi sono abituati a spaccare il capello in quattro, in realtà qualcuno ha detto che temporaneità non significa momentaneità, che c’è la temporaneità a medio termine, quella a lungo termine, la temporaneità allargata ed un’altra allungata. Ritengo che esista solo un concetto di temporaneità e che questa va correlata ad un altro elemento fondamentale dell’istituto, che è il reinserimento, perché la finalità del tutto – non è possibile dimenticarlo – è il ritorno nella famiglia d’origine.

La sconfitta di questo istituto sta nella cristallizzazione dell’abbandono o nella cristallizzazione dell’affidamento. In entrambi i casi la legge non ha funzionato. Se quindi correliamo la temporaneità al ritorno abbiamo già nei suoi tratti essenziali il fine di questo istituto. Non può tuttavia al contempo trascurarsi che la legge sull’affido contiene un dato normativo (l’articolo 4 comma 4 della legge) che pone il termine massimo di due anni, con un angosciante aggiunta : prorogabile. Prorogabile per una volta sola? Prorogabile come diciamo noi ad nutum, cioè a capriccio? sine die? Se, come spesso viene interpretato, il tutto diventa prorogabile sine die, l’istituto non risulta più temporaneo e quindi si perde una delle sue caratteristiche fondamentali. Questo è un rischio che in via pretoria, cioè nell’applicazione pratica da parte dei Tribunali per i minorenni, può portare alla vanificazione del principio base posto dal legislatore. Questo – in buona sostanza – significa legalizzare forme di adozione al di fuori dello schema dell’adozione. Ritengo che questo sia inaccettabile, perché l’adozione nel suo procedere si connota proprio per l’estrema delicatezza dei vari passaggi e consente alla famiglia d’origine una difesa ampia, un contradditorio pieno. Nell’adozione, a differenza dell’affido, lo strappo con la famiglia d’origine è definitivo. I due istituti, affido ed adozione non hanno quindi nessun punto in comune. Nell’affido, a differenza dell’adozione, non c’è solo la costante conoscenza fra le due famiglie (affidataria e d’origine), ma si prevede fra le varie clausole, ed i servizi sono espressamente invitati dal legislatore a farlo, a favorire il mantenimento di validi rapporti tra la famiglia biologica e la famiglia o l’ente affidatario. I genitori della famiglia biologica non hanno perso nessuna delle componenti di quella che chiamerei, non potestà genitoriale, ma responsabilità genitoriale che mi sembra un concetto più aderente alla realtà. Riguardo alla scelta della famiglia affidataria, è sempre meglio consentire l’inserimento temporaneo di un bambino in un nucleo familiare che sia quanto più analogo a quello d’origine, sia per status sociale che per composizione, e possibilmente con la presenza di altri figli. Io escluderei, salvo casi straordinari, l’affido a famiglie senza figli, perché si corre il rischio di trovare una coppia “affetta” da una genitorialità frustrata, che può nascondere la riserva mentale di trattenere il bambino per sempre. Va inoltre presa in debita considerazione l’età del bambino posto in affidamento. Se viene concesso l’affido ad un bambino in tenera età, creiamo le premesse per possibili lacerazioni affettive al momento del rientro, che deve essere sempre auspicabile, perché, come ho ormai più volte ripetuto, è una delle connotazioni maggiormente importanti dell’istituto dell’affido. Come molti altri in campo minorile, anche questo istituto deve essere considerato terapeutico, e come tutti i “farmaci” va usato con attenzione e non ultimo va considerato l’effettiva possibilità economica delle famiglie disponibili. Bisogna quindi permettere una corretta distribuzione delle risorse economiche, ma anche incrementare l’azione dei servizi che devono vigilare sull’attuazione e sostenere la famiglia affidataria e quella biologica. La concreta possibilità di dare a questo istituto il successo che merita si fonda quindi anche sulla possibilità di attingere a risorse economiche, oltre che a quelle umane e culturali.

Arrigo De Pauli
Magistrato, presidente Tribunale di Trieste

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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