Come arrivare alla meta del 2010

Giovanni Collino

Oltre a provocare 7mila vittime gli incidenti stradali in Italia sono la causa di 15mila invalidità gravi, 120mila ricoveri e più di un milione di persone al Pronto Soccorso, mentre in Europa ogni anno muoiono in questo modo più di 50mila persone. L’Unione Europea ha pertanto chiesto ai Paesi membri di attivare iniziative per la sicurezza stradale al fine di ridurre del 50 per cento i decessi ed i feriti gravi entro la fine del decennio

Trattare la sicurezza stradale significa occuparsi di una cultura da costruire, soprattutto in Italia, dove ogni anno i morti sulle strade sono più di 7mila.
In Europa le vittime della strada sono ogni anno più di 50mila, è per questo motivo che l’Unione Europea ha chiesto ai Paesi membri di attivare iniziative per la sicurezza stradale al fine di ridurre del 50 per cento i decessi e i feriti gravi entro il 2010. Che cosa sta facendo l’Italia per raggiungere questo obiettivo? La patente a punti è stata una prima azione che però dovrebbe trovare una nuova formulazione soprattutto sui corsi di recupero punti. Il Parlamento e il Governo di recente sono intervenuti con una serie di nuove norme che vanno a dare l’ennesimo giro di vite agli automobilisti.
Ben venga la repressione per chi sbaglia, ma occuparsi di sicurezza stradale deve voler dire costruire una cultura di rispetto verso la propria vita e di quella degli altri.
Però la strada verso il 2010 è ancora lunga e in salita, per questo serve l’impegno di tutti.
E per fare questo serve una rete tra tutte le istituzioni che devono attuare un fronte comune per fermare questa strage quotidiana. Anche la strada ha i suoi terroristi: chi fa uso di sostanze stupefacenti e abuso di alcol e poi si metta alla guida, magari con un’alta velocità, senza curarsi del fatto che sulla strada non si è mai da soli. Basta l’attraversamento della strada da parte di un animale piuttosto che l’arrivo improvviso di un veicolo perché si consumi un dramma, dal quale molte volte – troppe volte – non si può più tornare indietro.

Giovani vite perse per una bravata fra amici, ragazzi investiti all’uscita di locali notturni, anziani pedoni e ciclisti vittime della distrazione provocata dall’utilizzo di un telefonino. Questi sono alcuni dei volti della mancata sicurezza sulle strade che ha distrutto dal dolore intere famiglie.
La responsabilità non è soltanto di qualcuno, ma è di tutte le “agenzie di formazione”: famiglia, scuola, chiesa, società civile, associazioni, enti locali, istituzioni. Tutti devono fare la loro parte, per questo è necessario un coordinamento di idee, azioni, contenuti che non si traducano soltanto in campagne di comunicazioni attraenti e simpatiche, ma insufficienti per fare fronte alla situazione odierna. E’ necessaria una distinzione fra informazione e comunicazione, così come tra formazione e insegnamento. Quest’ultimo deve necessariamente tradursi in una testimonianza di comportamento. Il compito primo spetta ai genitori: allacciare nella giusta maniera il seggiolino e utilizzare sempre la cintura di sicurezza in ogni spostamento. Da questi giusti comportamenti il bambino apprende (da qui il progetto europeo nato in Olanda, “Euriches”, con l’armadillo”, l’unico animale che si autoprotegge), così che quando sarà ragazzo e guiderà il motorino sarà sensibile all’utilizzo del casco, come alla cintura di sicurezza in automobile e un giorno farà lo stesso con i propri figli.

La cultura della sicurezza parte anche da qui, attraverso gesti che entrano a far parte della quotidianità e si trasformano in buone abitudini. Lo stesso vale per il richiamo da parte dei trasportati verso chi in quel momento è alla guida e spinge troppo forte il piede sull’acceleratore. Non avere il timore nel chiedere di rallentare e di rispettare i limiti previsti dal codice della strada può voler dire abbassare il grado di pericolo che in quell’istante si stava elevando al di sopra della soglia di sicurezza. E ancora la sottrazione delle chiavi per chi vorrebbe mettersi alla guida con un bicchiere di troppo. In questo contesto è nata quella che poi è diventata una buona prassi dell’Unione Europea: il guidatore designato, ossia colui o colei che non beve e rientrando da una serata in allegria conduce tutti a casa sani e salvi. Per i giovani non bastano paternali o maternali, servono regole chiare, da rispettare, ma in questo percorso è necessario porsi anche dalla loro parte. Da quella sfera che vive il giovane oggi, richiamato da mille divertimenti differenti ai quali diventa difficile dire di “no”. Però l’emozione non va ricercata nell’illegalità. Non nelle droghe, non nell’abuso di alcool, non nella guida spericolata.

E “no” ai gruppi che cercano di trascinare ragazzi e ragazze verso una strada sbagliata, perché usare la propria testa per fare le scelte è un’emozione che non ha eguali. Il volto bello dell’emozione giovanile è nello sport, nell’amicizia e nel desiderio di stare insieme, nella curiosità d’imparare e nella voglia di diventare grandi. Essere grandi deve volere anche dire maggiore responsabilità verso se stessi e gli altri, anche alla guida di un’auto o di una motocicletta. Se nella scuola dovrebbero tornare attuali le lezioni di quella che un tempo si chiamava “educazione civica”, la formazione invece è compito delle scuole guida. I corsi dovrebbero essere ancora più articolati, improntati in particolare all’utilizzo dei dispositivi di sicurezza. Con l’evoluzione stradale degli ultimi anni sarebbe necessario un aggiornamento anche per chi la patente l’ha fatta propria nel passato. Basta guardarsi attorno per comprendere come si imponga quest’esigenza: ci sono persone che non sanno come entrare nelle rotatorie, avvicinarsi ai cosiddetti “semafori intelligenti” e fare una lettura utile della segnaletica che in realtà andrebbe quasi per intero riformulata, poichè troppi cartelli stradali rischiano di non essere più osservati dagli automobilisti.

Per chi infrange le regole della strada è necessaria una sanzione, purché sia giusta e proporzionata, ma allo stesso sia utile per farne comprende la motivazione. Per questo ho presentato per il nuovo Codice della strada un emendamento che era stato recepito solo in parte: la sanzione sociale. In proporzione al reato compiuto la sanzione amministrativa andrebbe affiancata da un lavoro socialmente utile che preveda azioni da svolgere a favore degli altri, nei Pronto Soccorso, in associazioni che si occupano di sicurezza stradale. La persona dovrebbe essere affiancata da un tutor, questo per far comprendere come l’errore sia stato tale e non vada più commesso. Purtroppo oggi i recidivi della strada sono troppi. Forse proprio perché non hanno capito e continuano a essere incoscienti. Il rispetto per gli altri è troppo importante e va esteso a tutti, anche perché la gran parte degli incidenti stradali deriva da comportamenti non razionali, scorretti e imprudenti che possono essere modificati. La strada è un luogo sociale e le istituzioni hanno il compito morale e civico di regolamentarne i rapporti. Le forze dell’ordine sono impegnate con impegno sulle strade, ma troppo spesso il loro ruolo non trova il giusto rispetto da parte dei cittadini che tante volte li credono loro nemici e ne annunciano la presenza agli altri automobilisti.

Non trovano giustificazione da parte dei cittadini però quelle polizie urbane che vengono schierate dai Comuni per rimpolpare le casse locali. Per far crescere la cultura della sicurezza è sempre necessaria la chiarezza nelle azioni e nelle parole, giusto per tracciare un percorso per chi guida che non contrapponga cittadini impauriti e forze dell’ordine pronte a punire, ma chiarisca l’importanza del ruolo di entrambi. Da un lato sono necessarie attenzione e prudenza e dall’altro capacità di capire l’entità degli errori e indurre alla correzione per evitare il peggio che in Italia è fatto di numeri poco rassicuranti. L’insicurezza stradale non è fatta solo di decessi, ma anche di feriti e di invalidi. In un anno oltre alle 7mila vittime, ci sono 15mila invalidi gravi, 120mila ricoveri e più di un milione di persone che ha accesso in Pronto Soccorso. In poche parole, dieci italiani su 100mila ogni anno perdono la vita in incidenti stradali che sono anche la prima causa di morte per i maschi che hanno meno di 29 anni. Nel mondo i decessi superano i 5milioni, per questo le Nazioni Unite (ONU) hanno promosso per il 2007 la prima settimana mondiale della sicurezza stradale fra le prime cause imputate: velocità, alcool, droghe, uso di cellulari alla guida, sonnolenza e stanchezza. Lo stato fisico e psicologico di ogni persona è sempre al centro dell’attenzione e questo vale a maggior ragione per gli automobilisti che devono avere lucidità e attenzione sempre al massimo per evitare pericoli e non essere loro stessi un pericolo per gli altri. La cultura della sicurezza deve partire da lontano e essere una costante per la vita di ogni uomo e di ogni donna.

L’impegno di numerose associazioni che si occupano di questo tema è quanto mai rilevante e va a incidere sulla modificazione di cambiamento dei comportamenti di interi territori. La forte solidarietà sociale che aggrega su questo tema va incentivata anche da Comuni, Province e Regioni che non devono limitarsi a bandire concorsi per una tematica, ma devono coordinare azioni mirate con obiettivi precisi, con un monitoraggio costante delle attività. Per questo, in qualità di responsabile nazionale del Dipartimento Enti locali di Alleanza Nazionale, mi sto facendo promotore di una rete di collegamento tra gli amministratori rivolta alla promozione di iniziative di sicurezza stradale. è necessario in questa iniziativa che tutti sappiano ciò che fanno tutti: dalle politiche giovanili, alla viabilità, dalla pubblica istruzione ai lavori pubblici, passando per il sociale e le pari opportunità. Tutti i gruppi necessitano di essere in rete, non solo a livello locale, ma nazionale, senza che vengano costruiti meccanismi complessi, sia nel dialogo che nelle impostazioni. Oggi bastano internet e posta elettronica per comunicare, conoscere e far sapere. Questo vale anche per la sicurezza stradale che più di ogni altro mondo ha bisogno di crescere e di trovare articolazioni snelle e fluide che consentano ai cittadini di sentirsi più sicuri anche quando sono al volante o sulla sella di una moto.

Giovanni Collino
Senatore, membro della 4ª Commissione permanente (difesa) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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