L’immagine di uno spreco

La crisi di svalutazione che colpisce il giovane quando non si sente compreso, quando si sente ridotto a pura macchina da performance determina un disadattamento delle relazioni interpersonali con gli insegnanti e con i compagni da cui ci si sente esclusi e svalutati. Il tutto accentua la difficoltà di rapporto con una famiglia spesso ipergiudicante e con la società

Nel panorama del mondo educativo la dispersione scolastica rappresenta l’immagine stessa dello spreco. Iniziare un percorso formativo significa non soltanto attivare un progetto di vita, e dunque attivare aspettative, emozioni, risorse psicologiche ma significa anche attivare spazio, tempo, programmazione della distribuzione della funzionalità degli insegnanti, assetti organizzativi di un complicato processo educativo che poggia sulle spalle dei contribuenti.Quando un percorso scolastico inizia e non si conclude non si ha solo la sensazione che si sia inceppato un meccanismo, ma che siano anche state tradite delle aspettative che si erano create in quel giovane e nella sua famiglia in una dimensione di investimento progettuale tra il sogno e la realtà. Comunque sia, viene tradito un programma di vita. Una certa ipocondria sociale che ne deriva è la prima conseguenza della dispersione scolastica. I giovani che sono passati attraverso un’esperienza di abbandono scolastico tendono a sviluppare un atteggiamento di sfiducia e di carenza di progettualità nei confronti di se stessi e del proprio futuro. Si innesca allora quella complessa dinamica di cadute e di ricadute, che alla fine non può non produrre nel ragazzo e nella famiglia anche una crisi delle prospettive di senso.

Se un percorso educativo-scolastico generale viene frequentemente scelto sulla base di variabili che non corrispondono poi alla fattiva possibilità di proseguire quello stesso programma, per evitare che si determinino effetti collaterali capaci di invalidare la progettualità presente e futura del ragazzo, occorre piuttosto prevenire. Probabilmente la pura psicologia scolastica, con i suoi colloqui di orientamento e i suoi test attitudinali, non è di per sé sufficiente. Molto spesso le crisi del rendimento scolastico sono legate a dinamiche in cui la miglior prevenzione è una scuola che si pone come obiettivi fondanti non solo e non soltanto l’istruzione, ma anche l’educazione –e meglio ancora- la formazione della persona nella sua integralità. C’è infatti una crisi di svalutazione che colpisce il giovane e l’adolescente quando non si sente compreso, quando si sente ridotto a pura macchina da performance. è allora che si determina quel disadattamento, che non è soltanto disadattamento cognitivo, ma è soprattutto disadattamento delle relazioni interpersonali con gli insegnanti e con i compagni da cui ci si sente esclusi e svalutati. Che poi diventa difficoltà di rapporto con una famiglia spesso ipergiudicante, e con la società nel suo insieme per quel che rappresenta nella testa dell’adolescente: l’autorità giudicante e umiliante, che segrega chi non è capace di stare al passo. Un ragazzo che abbandona la scuola è anzitutto un ragazzo che ha perso fiducia nelle sue capacità e nella possibilità di immaginarsi in un ruolo (quello di diplomato o di laureato, o di professionista) che va guadagnato con una certa fatica. Chi come noi si cala in una prospettiva “olistica” del problema avverte inevitabilmente la necessità di disporre di una scuola che sia sempre più una vera e propria comunità educativa e formativa, piuttosto che semplicemente un diplomificio che, qualora si presenti esclusivamente come tale, proprio a causa degli abbandoni scolastici rischia di essere un diplomificio neanche troppo efficiente: sia in termini di qualità, sia evidentemente in termini di quantità.

Alessandro Meluzzi
Psichiatra, psicologo, psicoterapeuta
Rossana Silvia Pecorara
Dottore di ricerca in scienze cognitive, psicologa

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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