Scienza e coscienza

I medici secondo scienza e coscienza utilizzano spesso farmaci per fini e con modalità differenti da quelli per cui sono stati approvati: una pratica medica che si definisce “off-label” maggiormente evidente in pediatria e dovuta ai pochi studi scientifici e alle carenti sperimentazioni in questo ambito. Uno studio pubblicato dagli “Archives of Pediatric and Adolescent Medicine”, il più vasto mai compiuto su questo argomento, rivela come negli ospedali degli Stati Uniti un bambino su 5 assuma farmaci non testati e non approvati per uso pediatrico. Una tipologia di utilizzazione diffusa però in tutto il mondo e che in Italia fino ad ora ha interessato oltre il 60% dei bambini e oltre l’80% di quelli ricoverati. Nel corso degli ultimi anni vi è stata poi una crescente diffusione in pediatria dell’impiego di farmaci psicotropi, specialmente di stimolanti e antidepressivi. L’ADHD o disturbo da deficit di attenzione e iperattività è infatti uno dei problemi psichiatrici più dibattuti negli ultimi tempi: si discute sulla mancanza di criteri diagnostici oggettivi, per la necessità o meno di utilizzare una terapia farmacologica rispetto a quella psicologica e per le polemiche scaturite sui deficit affettivi/educativi sempre più evidenti nelle famiglie occidentali. Questi aspetti e l’alta incidenza di effetti collaterali gravi dovuti all’utilizzo farmacologico off-label hanno evidenziato la necessità di una regolamentazione per garantire all’infanzia una prescrizione terapeutica sicura, efficace e appropriata. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), anche attraverso l’apposito gruppo di lavoro “Farmaci e bambini” è quindi pronta a definire un programma per il monitoraggio dell’uso razionale dei farmaci nella popolazione pediatrica che favorisca quei prodotti di documentata efficacia, sicurezza e minor costo.

Ma soprattutto grazie all’entrata in vigore il 26 gennaio 2007 del “Regolamento europeo per la sperimentazione di farmaci per i bambini” sarà possibile contrastare la tendenza a non eseguire studi clinici in età infantile. Una pratica diffusa sia per evitare di esporre i bambini a molecole la cui efficacia e sicurezza non è ben chiara ma anche perché studi clinici condotti specificamente sui bambini non sono appetibili economicamente perchè pochi rispetto a quelli necessari alla popolazione adulta. Una regolamentazione accolta con soddisfazione dai medici, dai pazienti, ma anche dalle imprese del farmaco che evidenziano come la mortalità infantile si sia ridotta notevolmente anche grazie alla ricerca: oggi in Italia al 5 per mille, l’80% in meno rispetto agli anni ’70. Attualmente però esistono in commercio circa diecimila preparati farmaceutici, oltre duemila contengono indicazioni per uso pediatrico, ma solo un centinaio di questi è stato sperimentato adeguatamente. Ora dobbiamo capire quali di queste medicine possa realmente essere utile alla malattia di un bambino e soprattutto comprendere gli effetti avversi che queste molecole possono provocare nel breve e lungo periodo. Un compito impegnativo ma necessario perchè in nome della scienza si possa ottenere la coscienza di garantire la migliore cura possibile.

di Massimiliano Fanni Canelles

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Tags:

Rispondi