Armi contro il cibo che uccide

L’obesità è uno dei principali fattori responsabili dell’incremento della disabilità in giovane età, con conseguenze dal punto di vista psicologico, sociale e medico. Soggetti in età infantile ed adolescenziale sono maggiormente predisposti allo sviluppo di complicanze come dislipidemia, ipertensione arteriosa, intolleranza glucidica con sviluppo di diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari, tumorali, respiratorie ed ortopediche

In tutti i Paesi industrializzati nel nuovo millennio si è assistito ad un drammatico incremento dei casi di disturbi del comportamento alimentare, spesso con esordio in età adolescenziale o addirittura in età scolare. Tali disordini richiedono un approccio complesso, che vede coinvolti famiglia, Insegnanti ma anche vari Specialisti, dall’Endocrinologo allo Psichiatra. Anoressia, bulimia ed obesità possono alternarsi nello stesso individuo, oltre che essere l’uno la causa dell’altro. L’obesità, per rilevanza epidemiologica, è uno dei principali fattori responsabili dell’incremento della disabilità in giovane età, con gravi conseguenze dal punto di vista psicologico, sociale e medico. Soggetti in età infantile ed adolescenziale sono infatti maggiormente predisposti allo sviluppo di importanti complicanze come dislipidemia, ipertensione arteriosa, intolleranza glucidica con sviluppo di diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari, tumorali, respiratorie ed ortopediche: pertanto la prevenzione dell’obesità deve essere uno degli obiettivi principali della medicina dell’età evolutiva. Per quanto riguarda invece l’approccio terapeutico, è opportuno proporre un programma a lungo termine attivo su più fronti: misure dietetiche, attività fisica e interventi comportamentali che coinvolgano l’intero nucleo familiare reso competente ed attivamente coinvolto nell’autogestione della malattia. Alcuni provvedimenti da parte delle Istituzioni possono facilitare il difficile compito del bambino/adolescente e della sua famiglia incentivando l’incremento del tempo dedicato all’attività fisica nelle scuole, la distribuzione di alimenti ipocalorici nei fast-food e nei distributori automatici, oltre che una più rigida regolamentazione circa la composizione di merendine e snack.

Il ricorso alla terapia farmacologica deve essere limitato solo a casi selezionati di disturbo del comportamento alimentare: tuttavia, in assenza di un cambiamento delle abitudini di vita, il beneficio ottenuto grazie alla terapia farmacologica è destinato ad essere immediatamente perso alla sospensione della stessa. Ad oggi, le armi farmacologiche di cui si dispone sono estremamente limitate: pochi farmaci infatti sono approvati per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare e dell’obesità in età pediatrica e ancora scarsa è l’esperienza circa il loro utilizzo a lungo termine; spesso quindi si deve ricorrere al loro utilizzo off-label. Farmaci ad effetto anoressizzante che in passato sono stati considerati efficaci, come i derivati delle amfetamine, sono stati ritirati dal Ministero della Salute poiché in grado di provocare gravi effetti collaterali, tra cui eventi ischemici cardiaci. Tra le opzioni terapeutiche sperimentate negli Stati Uniti per l’utilizzo negli adolescenti ricordiamo orlistat, inibitore della lipasi pancreatica che agisce riducendo l’assorbimento il 30% circa dei lipidi di origine alimentare. Tra gli effetti collaterali, oltre alla riduzione dell’assorbimento di vitamine liposolubili, sono da segnalare disturbi a livello intestinale tali da causare la sospensione della terapia. Completamente differente è il meccanismo d’azione della sibutramina. Si tratta di un farmaco nato come antidepressivo, la cui azione consiste nell’inibire il re-uptake di serotonina e norepinefrina, con l’effetto di ridurre l’appetito e di contrastare la riduzione del metabolismo associato fisiologicamente alla perdita di peso. Un recente studio svolto negli Stati Uniti ha dimostrato come il trattamento con sibutramina nell’ambito di un programma dietetico e comportamentale è più efficace rispetto al placebo nel ridurre il BMI dei soggetti trattati. Anche in questo caso gli effetti collaterali, tra cui un significativo aumento della pressione arteriosa, possono essere tali da portare alla sospensione della terapia, che comunque non andrebbe proseguita per periodi più lunghi di 1 anno. Più in generale, gli inibitori selettivi del re-uptake della serotonina (SSRI), maggiormente noti come farmaci antidepressivi, sono spesso prescritti anche in caso di disordini del comportamento alimentare, come la bulimia nervosa ed il binge eating disorder.

In caso di obesità associata ad insulino-resistenza trova indicazione la metformina, farmaco impiegato nella la terapia del diabete mellito di tipo 2, in grado di aumentare l’utilizzo epatico di glucosio. Il topiramato è un farmaco antiepilettico che ha mostrato di avere anche effetti a livello della regolazione dell’appetito: si sfrutta infatti il suo potere anoressizzante, emerso inizialmente come effetto collaterale. Alcuni studi ne hanno dimostrato l’efficacia in bambini affetti da Sindrome di Prader Willi, (caratterizzata da ritardo mentale, iposomia, ipogonadismo e marcata iperfagia che conduce a grave obesità gia in età scolare); recentemente ne è stata testata l’efficacia anche nel caso di binge eating disorder associato ad obesità. La più recente novità farmacologica, la cui sperimentazione è attualmente limitata all’adulto, è sicuramente rappresentata da rimonabant, antagonista selettivo del recettore dei cannabinoidi, in grado di regolare l’appetito e di ridurre il rischio cardiovascolare. Tra i possibili effetti collaterali particolarmente preoccupante è la comparsa di sintomatologia depressiva. Al momento non esistono dati relativi all’impiego a lungo termine dei farmaci citati in età pediatrica; il loro utilizzo inoltre non sembra avere efficacia se non è associato ad uno stile di vita caratterizzato da una dieta corretta e da un incremento dell’attività fisica. L’esperienza maturata presso il Centro di Endocrinologia dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale S. Raffaele ci ha consentito di valutare l’efficacia della prevenzione primaria mediante programmi di nutrizione ed attività fisica, in particolare nel caso di bambini affetti da obesità genetica, come ad esempio S. di Prader Willi, un tempo destinati a diventare obesi molto presto durante l’infanzia.

Prof. G. Chiumello
Prof. ordinario di pediatria -Università Vita-Salute S.Raffaele Milano
Prof.ssa G.Weber
Prof. associato di pediatria – Università Vita-Salute S.Raffaele Milano
Dott.ssa L. Bosio
Dirigente medico senior U.O. pediatria e neonatologia HSR Milano
Dott.ssa M. Bove
Medico interno U.O. pediatria e neonatologia HSR Milano

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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