L’Italia apre le porte ai bambini cinesi

Daniela Melchiorre

La Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale è nata con l’obiettivo di  tutelare i diritti dei bambini e di coloro che vogliano adottarli e di  contrastare ogni tipologia di  traffico di minori che tenti di farsi strada con l’obiettivo di “procurare” adozioni facili quanto illegali e prive di moralità.
Con questo spirito il nostro paese ha recentemente sottoscritto un accordo con Pechino

Le adozioni internazionali rappresentano una valida risposta alla crescente esigenza di solidarietà nei confronti del purtroppo elevatissimo numero di bambini, soli al mondo, che hanno bisogno di una famiglia che li aiuti a crescere in modo equilibrato negli affetti e nello sviluppo della propria personalità. Il numero in progressivo aumento delle pratiche a tal fine avviate nei Paesi più avanzati  è sintomo di un’attenzione crescente verso queste esigenze e di una apertura all’accoglienza di culture e tradizioni diverse da quelle di origine, accoglienza che oggi appare di grandissima rilevanza a fronte delle tante manifestazioni di intolleranza provenienti da ogni dove. La Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale è nata con l’obiettivo di  tutelare i diritti dei bambini e di coloro che vogliano adottarli e di  contrastare ogni tipologia di  traffico di minori che tenti di farsi strada con l’obiettivo di “procurare” adozioni facili quanto illegali e prive di moralità. L’Italia ha aderito alla Convenzione con la legge 31 dicembre 1998 n.476, con cui è stata opportunamente modificata la legge 4 maggio 1983 n.184, che disciplina appunto nel nostro ordinamento la procedura di adozione internazionale. I requisiti per l’adozione nazionale ed internazionale coincidono: possono aspirarvi i coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni o che raggiungano tale periodo sommando alla durata del matrimonio il periodo di convivenza prematrimoniale e tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e che siano idonei ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendono adottare. Al fine di garantire per quanto possibile condizioni analoghe ad una genitorialità naturale, la legge prevede limiti di età tali per cui  la differenza minima tra adottante e adottato sia di 18 anni e  la differenza massima tra adottanti ed adottato sia di 45 anni per uno dei coniugi e di 55 per l’altro, a meno che i coniugi adottino due o più fratelli, oppure abbiano già un figlio minorenne, naturale o adottivo. Una volta presentata la “dichiarazione di disponibilità” all’adozione internazionale al Tribunale per i minorenni competente per il territorio di residenza, gli aspiranti genitori vengono “affiancati” dai servizi socio-territoriali competenti, che hanno il delicato compito di valutarne l’idoneità all’adozione e di fornire ogni supporto alla coppia.

 A seguito della relazione presentata dai Servizi Sociali, il Tribunale, se ne individua i presupposti, emette entro due mesi  un decreto di idoneità oppure un decreto attestante l’insussistenza dei requisiti all’adozione. Una volta rilasciato, il decreto di idoneità viene inviato alla Commissione per le adozioni internazionali, istituita al fine di garantire  che le adozioni di bambini stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993  e ad uno degli enti autorizzati dalla stessa. Questi  enti – il cui albo è tenuto dalla Commissione  –  informano le coppie sulle procedure dei Paesi in cui sono presenti e li appoggiano, con l’ aiuto di esperti, nell’affrontare un percorso non privo di difficoltà, svolgendo tra l’altro  le pratiche necessarie per tutta la procedura sia in Italia che nel Paese straniero scelto.Se gli incontri della coppia con il bambino si concludono con un parere positivo anche da parte delle autorità del Paese straniero, l’ente trasmette gli atti alla Commissione per le adozioni internazionali in Italia, attestando la sussistenza dei requisiti previsti dall’art.4 della Convenzione de L’Aja. Se invece gli incontri non si concludono positivamente, l’ente ne prende atto e ne informa, motivando, la Commissione italiana. Una volta ricevuta dall’ente autorizzato la documentazione sull’incontro avvenuto all’estero, la Commissione per le adozioni internazionali autorizza l’ingresso e la permanenza del minore adottato in Italia, dopo aver certificato che l’adozione risulta conforme alle disposizione della Convenzione de L’Aja. Trascorso un eventuale periodo di affidamento preadottivo, la procedura si conclude con l’ordine, da parte del Tribunale per i minorenni, di trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile, a seguito della quale il minore diventa definitivamente un cittadino italiano. La procedura seguita nel nostro ordinamento è tesa a garantire tutela e trasparenza in ogni fase del delicato percorso verso l’adozione ed è intrapresa da un sempre crescente numero di famiglie italiane, a testimonianza della disponibilità del nostro Paese nei confronti delle adozioni internazionali, quindi della ricerca di dialogo tra culture e tradizioni diverse e di solidarietà senza confini. A ulteriore dimostrazione dello spirito di apertura dell’Italia in tal senso, può qui richiamarsi l’accordo appena siglato dal Ministro per la famiglia italiano con il governo cinese, che crea un ponte agevolato tra Italia e Cina per le adozioni internazionali. Con la firma del Protocollo – che inserisce l’Italia tra quegli Stati europei che hanno raggiunto accordi con la Cina – si è inteso rispondere al reale e urgente bisogno di una famiglia da parte di moltissimi bambini che vivono  in  un Paese di così vaste dimensioni e così denso di problematiche, seppure teso verso un crescente sviluppo. Per concludere, va rammentato che, in questa come in ogni iniziativa inerente le adozioni, si deve sempre tenere ben presente il fatto che i bambini sono i soggetti più deboli nella relazione adottiva, ancor più se stranieri, e che qualunque scelta in materia deve rientrare nell’alveo della legalità, a partire dagli accordi internazionali, fino al comportamento di ogni soggetto coinvolto nel rapporto.

 

Daniela Melchiorre
Sottosegretario alla Giustizia
con delega sulla Questione Minorile

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