I carburanti della notte

I dati europei indicano che  nel nostro continente la cocaina è tra le sostanze illegali maggiormente consumate, sia nella club culture che in contesti apparentemente distanti da tali esperienze, come il mondo del lavoro.  In molte ricerche italiane la cocaina è indicata come la quarta sostanza in ordine di preferenza, dopo alcool, superalcolici e derivati della canapa indiana

L’Italia, al pari degli altri paesi dell’Unione Europea, dalla fine degli anni ’60 dello scorso secolo vive il fenomeno del consumo, in particolare giovanile, di sostanze stupefacenti. Tali consumi, da circa un decennio, hanno cambiato forma, sia in termini di qualità, sia in tipologie di sostanze presenti sul mercato illegale delle droghe. Il primo importante mutamento avviene alla fine degli anni ottanta con la comparsa nei contesti del loisir notturno delle metamfetamine (MDA, MDMA… ), note al pubblico delle discoteche come ecstasy. Il fenomeno “droga”, sino ad allora sostanzialmente costituito da una parte da assuntori (in larghissima parte non problematici) di derivati della cannabis e dall’altra da tossicodipendenti da eroina iniettiva, con la comparsa dell’ecstasy e del policonsumo si complica. Segnali di un aumento della presenza sul territorio italiano di anfetamine e metamfetamine, in particolare in alcune aree nazionali, è dimostrato dai dati dei sequestri, prodotti dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Ministero dell’Interno. Pur nella loro relatività, tali dati, sin dall’inizio degli anni ’90 sono assai indicativi: nel 1991, sotto la voce “amfetaminici vari” risultavano sequestrate 5.913 pasticche, di cui 5.426 M.D.M.A.. L’anno successivo, il 1992, le pasticche sequestrate salgono a 75.298, di cui 20.904 M.D.M.A. e 1.295 M.D.A. L’anno successiva mostrava un ulteriore incremento: i dati provvisori riferiti al periodo 1° gennaio – 12 giugno 1992 indicavano in 12.914 il numero complessivo di pasticche di M.D.M.A, M.D.E.A. e M.D.A., mentre nell’analogo periodo del 1993 il numero saliva a 24.027 pasticche.[1]

In quel periodo nasce l’espressione “droga ricreazionale”, per indicare sostanze che vengono assunte, di norma, all’interno di determinati contesti (la discoteca), in spazi temporali privilegiati (la notte del week-end) e per vivere con maggiore piacevolezza e intensità l’evento collettivo diretto da nuove figure artistiche (il DJ e il Vocalist) che, a partire dalla costiera emiliano-romagnola, hanno innovato profondamente la fruizione dei locali da ballo. Sono gli anni dello “sfondamento temporale della notte”. Uno dei più bei libri di Maria Teresa Torti, docente di Sociologia all’Università di Genova[2], s’intitola “Abitare la notte. Attori e processi nei mondi delle discoteche”[3].  Nel testo della Torti si evidenzia come la discoteca, a partire dalla fine degli anni ’80, assume dimensioni di massa, influenzando culture e costumi di una intera generazione: “abitare la notte, è come indossare una dimensione mentale, una dimensione dello spirito, andare oltre i confini del tempo e dello spazio che delimitano la soglia tra il buio e la luce. È come nel ballo, quando la musica investe totalmente la sensibilità dell’io, penetra il cervello e fa vibrare il corpo: esiste solo la musica e il corpo che si culla a tempo”[4]. È in tale contesto che esplode (coinvolgendo sino a 400.000 giovani italiani) il consumo di ecstasy: anzi, il nuovo stile di assunzione è il  policonsumo,  dove l’ecstasy è solo una delle sostanze che fanno la notte. Per tutti gli anni ’90 alcol, superalcol, metamfetamine, amfetamine, cocaina, ketamina, hanno rappresentato, in mix ogni volta diversi, la benzina di tanti, lunghissimi week-end.

Oggi, il fenomeno così come l’aveva descritto Maria Teresa Torti non esiste più. I proprietari delle discoteche, con accorte politiche commerciali e un’accorta selezione delle sonorità offerte, hanno espulso i più giovani, in favore di un pubblico meno impegnativo e più disponibile al consumo da banco di bevande alcoliche. Il popolo dell’hard core, della techno non commerciale e di tutte le contaminazioni da esse derivate hanno scelto come orizzonte possibile per ritrovarsi e ballare i contesti alternativi dei centri sociali, i circuiti dei free festival e dei rave. Gli allarmi, le paure e i sospetti  (droga, alcool, stragi del sabato sera,…) che il mondo adulto aveva riversato negli anni ’90 sul popolo delle discoteche si ripropongono immutati su queste nuove aggregazioni che hanno, in più, il difetto di sfuggire al controllo del mercato.

Ma è a partire proprio dalla fine degli anni ’90 che il quadro dei consumi illegali vede un secondo importante cambiamento: la cocaina di massa. Nel passato la cocaina rappresentava un consumo destinato alle élite, soprattutto per i suoi costi proibitivi che ne impediva l’accesso alle persone con budget contenuti, primi tra tutti i giovani e giovanissimi. Da qualche anno questa soglia “monetaria” sembra essere caduta. Nel mercato illegale un grammo di cocaina si compra con meno di 100 euro, in alcune città anche molto al di sotto di tale cifra. Questo ha reso possibile l’accesso alla cocaina a fasce di popolazione impensabile solo fino a qualche anno fa. A ben vedere, non si tratta di una novità: i dati europei, da tempo, indicano come nel nostro continente la cocaina sia tra le sostanze illegali maggiormente consumate, sia nella club culture che in contesti apparentemente distanti da tali esperienze, come il mondo del lavoro; anche in molte ricerche italiane, la cocaina viene stabilmente indicata come la quarta sostanza in ordine di preferenza, dopo l’alcool, i superalcolici e i derivati della canapa indiana. Eppure il dibattito nella policy community non sembra rispecchiare la sfida che un uso così importante di questa sostanza tra i giovani pone. Perché la cocaina ha questo successo? A quali bisogni risponde? Come differiscono gli attuali consumi di cocaina da quelli di dieci anni fa? Una sostanza ritenuta d’élite nel passato è divenuta così popolare solo per una sua maggiore economicità o sono divenute “di massa” le aspettative e le prestazioni che gli vengono attribuite? Come si fanno attività preventive ed informative rispetto ad un prodotto di così evidente successo? Siamo dotati di servizi in grado di prendersi cura di consumatori problematici di cocaina? Sono domande alle quali gli operatori che vivono professionalmente i contesti diurni e notturni di consumo non possono dare risposte da soli. La sensazione è che la cocaina rappresenti una metafora di una più ampia gamma di inespresse domande sociali; domande, bisogni ed aspettative che coinvolgono i giovani in primo luogo, ma non solo loro, e rispetto alle quali è necessario un rinnovato impegno di studio degli operatori e, più in generale, della psicologia sociale, dell’antropologia, della sociologia. Infine, non risultano utili alcune correzioni legislative recentemente apportate alla legislazione in materia di stupefacenti. Ridurre un fenomeno complesso, come i consumi, i consumi problematici e le dipendenze, semplicemente ad un problema di devianza non aiuta. Non aiuta  coloro che si occupano di prevenire e tentano di ridurre i danni che tali abitudini portano con se, non aiutano i consumatori e i tossicodipendenti, che di tutto hanno bisogno meno che dei rigori della legge e di un rinnovato stigma sociale. Di fronte ad un fenomeno così articolato e complesso, è inutile, e scientificamente scorretto, ridurre le droghe (le diverse sostanze, con diversi effetti, diverse pericolosità e caratteristiche) alla droga, una categoria omnicomprensiva dove tutte le differenze scompaiono. La quasi totalità del mondo scientifico e degli operatori ha avversato con decisione il nuovo decreto emanato alla fine della scorsa legislatura, costituendosi in un cartello dal titolo “Non incarcerate il nostro crescere”. Ora si tratta, con decisione,  di superare l’attuale normativa e tornare ad affrontare, anche attraverso una nuova Conferenza Nazionale, i nuovi problemi e le nuove sfide che un fenomeno in continua mutazione porta con se.

 

Claudio Cippitelli
Cnnd (Coordinamento Nazionale Nuove Droghe)


[1] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli Affari Sociali, Libro bianco sulle tossicodipendenze, pubblicato in occasione della I° Conferenza Nazionale sulla droga, Palermo, 24 – 26 giugno 1993, pp. 41 e42.

[2] Maria Teresa Torti è scomparsa da qualche anno, lasciando, in tutti coloro che l’hanno conosciuta, il ricordo di una ricercatrice colta e rigorosa e di una donna con una grande umanità.

[3] M.T. Torti, Abitare la notte. Attori e processi nei mondi delle discoteche, Milano, Costa e Nolan, 1997.

[4] Ibidem, pag. 8.

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