Dai figli non si divorzia

La psicologa Anna Oliverio Ferraris spiega come separarsi e rimanere buoni genitori. “Il divorzio – scrive – è un’esperienza dolorosa che mette in gioco l’equilibrio dei figli, ma che può anche rivelarsi un decisivo punto di svolta per la futura serenità di tutti”

“Dai figli non si divorzia” è il titolo dell’ultimo libro di Anna Oliverio Ferraris. La riflessione della psicologa e psicoterapeuta, docente di Psicologia dello Sviluppo all’Università La Sapienza di Roma, prende le mosse dalle testimonianze di cinquanta figli adulti di coppie divorziate e mira a spiegare come si può aiutare un figlio superare il trauma di una separazione. Accettare la separazione dei propri genitori comporta un lungo processo di elaborazione personale spesso scandito da sofferenze e crisi, oltre che da problemi pratici che si trascinano nel tempo: il divorzio, insomma, è un’esperienza dolorosa che mette in gioco l’equilibrio dei figli, ma che può anche rivelarsi un decisivo punto di svolta per la futura serenità di tutti.

Negli ultimi anni c’è stato un notevole incremento delle separazioni e delle rotture definitive tra coniugi: secondo l’ultima relazione del procuratore generale di Cassazione, nel 2003 c’è stata una separazione ogni quattro matrimoni e un divorzio ogni nove. Ma quali sono le trasformazioni di carattere sociale, culturale, economico e organizzativo alla base di questa nuova tendenza? “In passato”, spiega la Oliverio Ferraris, “c’era, molto più di adesso, l’idea dell’amore romantico che comporta anche sacrifici. Oggi, invece, nella vita di coppia molti giovani cercano non solo la stabilità e l’amore ma anche stimoli per una crescita personale. A differenza di un tempo, inoltre, tollerano meno le limitazioni ed i sacrifici: in passato, infatti, si portavano avanti anche le unioni infelici ed a sacrificarsi erano, nella maggior parte dei casi, le donne. La moglie infatti spesso era costretta a restare unita al marito perché non aveva un lavoro fuori casa. Ora la coppia è cambiata, ed è cambiata anche la famiglia: se prima la donna aveva solo competenze domestiche mentre era l’uomo a portare i soldi a casa, ora la donna ha acquisito anche competenze sociali e si attende dal marito un maggior impegno domestico e nei confronti dei figli”.

Uno dei dilemmi che, a questo punto, molti genitori si trovano ad affrontare è se per i figli sia preferibile una convivenza forzata oppure la separazione. Parecchie coppie decidono di rimanere insieme per il bene dei figli in attesa che questi raggiungano una sufficiente indipendenza perché ritengono che i litigi siano un fattore che mette a rischio la stabilità emotiva dei figli meno che un evento traumatico come la separazione. “Una risposta unica, d’altra parte, non esiste”, afferma l’autrice. “Assistere allo spettacolo di un’infelicità che giorno dopo giorno divora il matrimonio dei propri genitori può essere un’esperienza logorante. Lo sanno bene quanti sono cresciuti in famiglie dove la mancanza di chiarezza, i silenzi, i tentativi disperati di fornire l’immagine di una serenità che non c’era hanno portato ad una condizione di stallo che man mano ha deteriorato i rapporti, reso difficile la comunicazione e messo in crisi – nei figli – la fiducia nella propria capacità di comprendere e gestire i rapporti umani. Bambini e ragazzi che per anni hanno assistito impotenti a discordie ed incomprensioni possono, come reazione, diventare ansiosi nei rapporti con gli altri, temere di fallire là dove altri invece non hanno il minimo dubbio di riuscire oppure sviluppare un bisogno nevrotico di possesso nei confronti del partner o degli amici”.

Come, allora, spiegare ai figli che i genitori hanno deciso di non vivere più insieme? “Il modo in cui i figli vengono a conoscenza della decisione dei loro genitori di dividersi”, continua Oliverio Ferraris, “è importante perché, a seconda dei casi, può suscitare paure o insicurezze, amplificare timori preesistenti o, al contrario, contenere le ansie. Ad alcune coppie capita di sciogliere il legame che le unisce durante l’ennesima lite, con tanto di urla, pianti, accuse, uno dei due che fa le valigie e se ne va oppure abbandona la casa insieme ai figli: la drammaticità della situazione si imprimerà nella memoria dei bambini e vi rimarrà a lungo. In altri casi, invece, i genitori prendono tempo, dicono bugie, oppure cercano di dare l’impressione che tutto proceda per il meglio e che ciò che sta avvenendo rientri nella normalità: i più piccoli, addirittura, possono essere ingannati con dei sotterfugi, raccontando ad esempio che il papà lavora fino a tardi o che la mamma è andata a fare un viaggio. Ma così facendo si sottovaluta il bisogno che anche i bambini hanno di dare un significato alla realtà in cui vivono, senza dimenticare che se si fa un uso eccessivo delle tecniche dilazionatorie alla fine dire la verità può diventare difficile. Invece la strategia migliore, che è quella che consigliano gli psicologi, è quella di cercare di spiegare ai figli i motivi che li inducono a separarsi mantenendo la calma e rispondendo onestamente alle loro domande: questo atteggiamento permette di stare vicino ai figli in un momento difficile, di contenere le loro paure e di mostrare che non si sottovaluta la loro capacità di comprendere”.

Il divorzio insegna ai figli che le relazioni possono anche fallire, ma questo apprendimento può essere produttivo o controproducente a seconda del comportamento che i genitori decidono di tenere dopo l’annuncio della separazione. “In un divorzio ideale”, sostiene la Ferraris, “entrambi i genitori, dopo aver esposto con calma le ragioni che li hanno indotti a prendere quella decisione, dovrebbero mantenere il loro ruolo: quando uno dei genitori è andato a vivere altrove dovrebbe continuare ad avere un rapporto cordiale con i figli, e rassicurarli che saranno sempre amati e seguiti. Non solo: il genitore che è andato a vivere fuori di casa dovrebbe continuare ad essere una figura centrale nella vita dei figli: non dovrebbe mai trasformarsi nel genitore della domenica e diventare solo un loro compagno di giochi. L’obiettivo, da questo punto di vista, dovrebbe essere l’affido congiunto. Questo clima idilliaco, però, non è facile da instaurare e a volte le difficoltà vanno avanti. I motivi possono essere svariati: uno dei due genitori subisce il divorzio e non accetta le condizioni dell’altro, oppure si sente ferito nell’orgoglio, oppure cade in uno stato di depressione. O, ancora, i genitori non riescono ad uscire dalla spirale del conflitto nemmeno dopo la separazione. Uno dei più terribili sbagli che possono compiere le coppie che si detestano è quello di demolire, agli occhi dei figli, l’immagine dell’altro. A un bambino non piace sentirsi dire che i suoi genitori sono persone indegne, sia perché si identifica con loro sia perché la sua identità individuale non ha ancora raggiunto un livello di autonomia tale da poter essere disgiunta da quella familiare. Con la crescita, l’identità individuale prenderà corpo e quella mutuata dalla famiglia avrà un peso minore; ma fino a quando il senso di sicurezza e l’autostima dipendono dai genitori l’identità familiare è una dimensione importante per la costruzione della personalità”.

Quando sta cominciando ad abituarsi a vivere con un solo genitore, un figlio può trovarsi ad affrontare un’altra novità, quella del nuovo partner della madre o del padre. “La nuova relazione sancisce definitivamente la fine della prima famiglia”, scrive la Ferraris, “sulla cui sopravvivenza molti figli continuano a sperare per parecchio tempo: piccoli o grandi che siano, molti di loro continuano a coltivare fantasie di riunificazione. E anche se un figlio è convinto che i propri genitori non possono continuare a vivere insieme può essere scioccato, all’inizio, nello scoprire che essi hanno nuovi partner o vanno alla ricerca di avventure. Devono abituarsi a vedere il padre e la madre in un’ottica nuova, quella di un uomo o una donna con esigenze sentimentali e sessuali. Soprattutto per un adolescente può essere disturbante vedere che il genitore gli sta “rubando” il ruolo. Inoltre, in questi casi, la vita familiare precedente anche se si è conclusa con una separazione non può essere cancellata. C’è, infatti, un ex che può interferire in misura più o meno rilevante nella vita della coppia ed il nuovo partner, invece che soffiare sul fuoco, dovrebbe sforzarsi di essere obiettivo e ridurre i motivi di conflitto. Ci sono, poi, i diritti ed i tempi dei figli: non si può pretendere che accettino immediatamente la nuova situazione ma bisogna concedere loro del tempo e non pretendere di sostituirsi al padre o alla madre. Saranno i figli, insomma, a decidere che ruolo avranno nella loro vita i nuovi partner dei loro genitori”.

Martina Seleni.

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