Disabilità e scuola

Testimonianza di Antonella Grusovin

Nelle innumerevoli volte in cui mi sono confrontata con la condizione dell’handicap nelle scuole, rare sono state le volte dove insegnanti, genitori, e insegnanti di sostegno si sono espressi in modo felice rispetto le ore di sostegno che richiederebbe la situazione di ciascun disabile. Dalla mia posizione di “esterna” all’ambiente, ho avuto il  “privilegio” di osservare che sebbene la scuola abbia la FORTUNA di avere a disposizione persone di buon cuore e disposte a venire incontro alle esigenze dell’handicap e della famiglia, spesso queste stesse persone vedono vanificare i propri sforzi in quanto le ore a disposizione previste per il sostegno sono sempre esigue. Questa condizione, se apparentemente si potrebbe liquidare con la solita frase: “mancano i fondi”, d’altro canto crea delle dinamiche scolastiche alquanto avvilenti ed ambigue. Incominciamo dai genitori: spesso il genitore di un bambino o ragazzo handicappato ha delle difficoltà a rapportarsi con l’ambiente scolastico dato che il proprio figlio richiede delle attenzioni particolari rispetto gli altri studenti. Il genitore si rivolge alla scuola affinché questa istituzione si prenda cura del proprio figlio. Nella maggior parte delle volte ho riscontrato da parte del corpo insegnanti una buona comprensione della situazione. Nonostante questa buona volontà, un po’ alla volta nel corso dell’anno scolastico si aprono delle falde: per quale motivo? Succede che il bambino/ragazzo handicappato viene seguito dall’insegnante di sostegno soltanto per alcune ore della mattina, mentre richiederebbe un’assistenza continua. Questa condizione crea un certo disagio per l’insegnate di sostegno stesso visto che molte volte è costretto a riprendere e abbandonare un proprio programma pensato ad hoc per la situazione. Inoltre molto spesso ho potuto verificare che la figura dell’insegnante di sostegno viene accolta dal corpo docenti come un “tappa buchi” e, sotto certi aspetti è comprensibile. Come può svolgere serenamente una lezione un docente se è costretto a dividersi fra le necessità dell’handicappato e il resto della classe? Una complicazione a tutto questo marasma si aggiunge quando l’insegnante di sostegno è costretto ad inventarsi “insegnante di sostegno” visto che la preparazione data dai testi letti è insufficiente! Altre volte l’insegnante stesso ha difficoltà a sopportare una situazione troppo pesante ed è costretto a richiedere un trasferimento, per cui il disabile si ritrova a sua volta a rapportarsi ad una nuova figura con conseguenti disagi sul piano affettivo e relazionale. Va a finire che un po’ alla volta queste situazioni vengono avvertite da tutte le persone che ruotano attorno al ragazzo o bambino disabile e il genitore, che percepisce questo disagio, cerca sfogo nell’insegnante di sostegno o in un altro insegnante visto che lo Stato chi è? A chi ci si può rivolgere per migliorare la situazione se la solita tiritera è “Mancano i fondi”?

Eppure questa storia è il famoso gatto che si mangia la coda di cui ho narrato soltanto una parte. Fra le svariate sfaccettature di questa faccenda il punto di vista più importante è proprio quello del disabile: cosa può dire, cosa può fare e con chi può lamentarsi?

Caro Stato Italiano, ti rammento un piccolo particolare: il disabile è, e rimane, comunque una persona nonostante ci siano o manchino i tuoi cari fondi. Ringrazia il cielo che, vuoi per necessità o per passione, fino a questo punto delle esperienze scolastiche ho notato che nella maggior parte dei casi esiste una certa umanità che permette la convivenza e il raggiungimento del solito quieto vivere. Troppo spesso proprio in questo ambiente che tratta la disabilità ho potuto verificare di persona gli innumerevoli scritti riguardanti bellissimi e stupendi progetti sulla carta e che per il solito ritornello (“mancano i fondi”) (che siano forse i fondi del caffé?) hanno avuto una realizzazione parziale o nulla. Anziché utilizzare gli insegnanti come scribacchini, prova a considerarli come essere umani che possano veramente aiutare e partecipare – con una buona preparazione alle spalle – alla crescita dei disabili seguendo le loro esigenze, i loro tempi e la loro vita in modo sereno…….Altrimenti, visto che la scuola ha raggiunto l’autonomia, le consiglio di rivolgersi direttamente a Robin Hood.

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