Una Medicina Globale?

di Paolo Silvestri

La vera sfida è permettere uno scambio di informazioni veloce, sicuro, affidabile e avanzato. Può sembrare un’utopia, ma oggi è realtà. C’è, però, ancora molto da fare e da scoprire

1L’imperativo di questi anni è, senza dubbio, la necessità di stabilire e mantenere costantemente la connessione con il mondo esterno, sempre ed in ogni luogo, apparentemente per poter comunicare. Guai se non riusciamo a whatsuppare o twittare in ogni istante o a leggere quello che gli altri commentano in real time! Il rischio è l’estromissione dal mondo che ci circonda, anche se i contenuti informativi trasmessi spesso mancano dell’importanza per cui sono stati sviluppati i moderni mezzi di comunicazione a distanza. Non ricordiamo più, infatti, che la tecnologia alla base della sovrabbondanza di comunicazione odierna nasce (ahimè!) dal mondo militare e ha poi trovato (meno male) la sua naturale applicazione nella medicina del mondo ricco per diventare, infine, di dominio collettivo. L’informazione è alla base dell’efficacia della medicina: tanto più numerose sono le informazioni che il medico riesce a ricavare della malattia del paziente, tanto più accurata sarà la sua diagnosi e, di conseguenza, tanto più mirata ed efficace sarà la sua terapia. Da qui nasce la necessità di scansionare (TAC-Risonanza Magnetica Nucleare), fotografare (Raggi X), far risuonare (eco-doppler anche 3-D), riprendere (fluoroscopia), registrare segnali (Holter 24h), mappare (sistemi mappaggio elettroanatomico) e utilizzare diversi strumenti diagnostici per poi connettere i dati e fornire al medico le informazioni utili per la diagnosi corretta. Certo, le informazioni devono viaggiare velocemente perché possono diventare altrettanto velocemente obsolete o fatalmente tardive, se la malattia avanza, ed essere economiche perché vanno applicate su larga scala. E non venire corrotte, perché potenzialmente dannose in caso di diagnosi errata, o diffuse perché la privacy del paziente va preservata con cura.
Ecco definite, allora, le caratteristiche per una buona telemedicina: sicura, veloce, avanzata tecnologicamente, ma non troppo per poter poi essere economica, trasmissibile ed applicabile da remoto. Utopia? No, la realtà supera di molto le aspettative, ma, come sempre, gli strumenti disponibili per il personale sanitario variano in base alla latitudine geografica, al PIL del Paese e alla capacità di spesa delle amministrazioni sanitarie o, dall’altra parte, dipendono dai margini di guadagno delle case produttrici o dagli utili della catena che distribuisce la tecnologia. La telemedicina di base in un Paese avanzato dovrebbe consistere nel garantire la trasmissione in real time delle informazioni a distanza in pazienti sottoposti a monitoraggio e terapia continui. Ne sono un esempio edificante i defibrillatori impiantabili: veri e propri laptop in miniatura sottocute in grado di monitorare il ritmo cardiaco, riconoscere le aritmie, trattarle in base alla programmazione ricevuta e trasmettere il tracciato del segnale elettrico endocavitario prima e dopo la terapia allo specialista dell’ospedale di riferimento. Dalla sua scrivania, con un PC acceso ed un semplice accesso ad una web application, il cardiologo curante potrà comodamente rivedere l’episodio aritmico, valutarne il significato clinico, la programmazione del dispositivo e convocare il paziente per un controllo aggiuntivo o archiviare la documentazione come episodio risolto. Testimonial di uno di questi dispositivi non poteva che essere un appassionato di regate, sebbene cardiopatico, che può ora coltivare la sua passione e, allo stesso tempo, trasmettere nottetempo i suoi dati dal defibrillatore automatico impiantato nel suo petto al trasmettitore sul comodino della nave e, da qui, via Internet, allo specialista di riferimento. In questo modo, il ritmo del paziente ed il regolare funzionamento del dispositivo sono controllati a distanza, aumentando i gradi di libertà e la qualità della vita del paziente.
Esempi analoghi si trovano anche nel campo del trattamento dialitico per pazienti con insufficienza renale: mediamente, i pazienti si devono sottoporre ogni due giorni per 4 ore alla terapia di emodialisi, normalmente erogata nei centri dialisi. Per ridurre i costi di gestione ospedaliera e per rendere più confortevole il trattamento, le aziende produttrici stanno cercando di sviluppare ulteriormente nuovi sistemi di home-dialysis, che permettono l’erogazione del trattamento cronico direttamente a casa e la trasmissione da remoto dei dati di efficacia al personale sanitario in clinica. Il passo successivo è da sistema “portable”, cioè facilmente utilizzabile dal paziente a casa, a sistema “wearable”, cioè indossabile. Anche in questo caso, vista la facilità di trasmissione dati ovunque e comunque, questa tecnologia innovativa consentirebbe un ulteriore passo per migliorare la qualità della vita dei pazienti dializzati, mantenendo il monitoraggio a distanza dell’efficacia della dialisi.
La telemedicina permette non solo il controllo dei parametri clinici, ma anche l’intervento a distanza, soprattutto laddove quella che gli anglofoni chiamano “expertise”, l’insieme di abilità, competenza ed esperienza, non sia facilmente sostituibile.
Un noto professionista italiano, il dottor Carlo Pappone, esperto nell’ablazione a radiofrequenza della fibrillazione atriale, ha più volte sperimentato il tele-intervento di ablazione, governando da centinaia di chilometri di distanza una sonda all’interno delle camere cardiache di pazienti affetti da fibrillazione atriale.
Grazie ad un sistema di recentissimo sviluppo basato su una tecnologia di derivazione militare aereonautica (assimilabile alla tecnologia GPS), un campo magnetico a bassa intensità permette di localizzare e guidare delle sonde munite di un particolare sensore all’interno dell’atrio sinistro del cuore, posizionandole nei punti ritenuti più efficaci per l’ablazione.
Le informazioni provenienti da questo sistema di navigazione cardiaca possono essere poi integrate con altre apparecchiature per il mappaggio tridimensionale delle camere cardiache, rendendo ancora più accurate ed efficaci le terapie erogate a radiofrequenza e, di conseguenza, riducendo l’insorgere della fibrillazione atriale.
La telemedicina consente, infine, lo scambio di informazioni, idee, esperienze tra esperti: l’invio di referti diagnostici, risultati di test, cartelle cliniche tra specialisti dello stesso settore, in tempi rapidi e con mezzi ormai diffusi in tutti gli ambienti ospedalieri, consente uno scambio di pareri professionali essenziali non solo per una corretta diagnosi ed una terapia efficace, ma anche per la crescita delle conoscenze del personale medico.
Gli e-training effettuati via web e i live-case trasmessi via satellite di interventi in sala operatoria che richiedono tecniche particolari consentono un e-learning fondamentale per chirurghi, un aggiornamento continuo erogato sfruttando i mezzi di comunicazione che, magari, non sostituisce l’esperienza diretta in sala, ma costringe a porsi delle domande, a cercare di aggiornarsi, a facilitare il confronto per adeguarsi alla velocità con cui cambiano le tecniche di intervento o anche solo per imparare ad usare i nuovi dispositivi medici.
Se, come sosteneva Ippocrate “La guarigione è legata al tempo e a volte anche alle circostanze”, è dovere morale investire nelle tecnologie del nostro tempo per diffondere la telemedicina e creare le circostanze, anche da remoto, per migliorare la cura del paziente ovunque, avvalendosi del potere della comunicazione, figlia e padrona del nostro tempo.

di Paolo Silvestri
Ingegnere Biomedico, esperto in dispositivi medici

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