Tecnologia sì, ma occhio al “lato umano”

L’utilizzo di tecnologie sempre più qualificate per gli interventi chirurgici impone una serie di riflessioni, legate, in particolare, alla necessità di adeguare le competenze mediche acquisite nel tempo, attraverso gli studi e la pratica sul campo, all’evoluzione della scienza ed al rinnovamento delle apparecchiature, oggi sempre più digitalizzate.
Se da una parte il terzo millennio prevede l’uso di macchine sofisticatissime, rapidamente sostituite da altre ancor più all’avanguardia, dall’altra c’è costantemente bisogno di figure professionali che sappiano mediare, anche sotto il profilo personale, tra queste stesse fondamentali apparecchiature e l’umanità della persona assistita.
Le infrastrutture ospedaliere, e quelle sempre più domiciliarizzate che rientrano nel concetto di telemedicina, presuppongo naturalmente conoscenze scientifiche e tecnologiche di primaria importanza, ma in questo surplus di innovazione non va mai trascurato l’aspetto emotivo, fondamentale nella cura di qualsiasi patologia. L’empatia con il paziente, una giusta parola di conforto, due chiacchiere in corsia in attesa di una visita o di un intervento delicato possono fare la differenza. Ecco perché, accanto ad un utilizzo sempre più accurato di nuovi sistemi all’avanguardia bisogna mantenere in auge e sviluppare sempre più l’interscambio umano. Che nessun computer, di ultimissima generazione, potrà mai sostituire.

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