Salute & risparmio

di Davide Giacalone

L’interazione fra Sanità, digitale e telecomunicazioni è una delle frontiere su cui passeggia non solo l’innovazione tecnologica, ma anche quella commerciale

giacaloneParlare di Sanità significa parlare di salute. Ma anche di soldi. E di innovazione tecnologica. Curare i malati è affare dei medici, il resto è affare di tutti. Appartenendo al gruppo dei più, parto dalla gretta contabilità: far funzionare la Sanità digitale significa, secondo i calcoli del Politecnico di Milano, far risparmiare allo Stato circa 4 miliardi e ai cittadini circa 5,4. Secondo me si può risparmiare di più, vivendo e curando meglio, perché la digitalizzazione porta con sé la trasparenza e questa è il migliore antidoto allo spreco e al raggiro. In ogni caso, quei quasi 10 miliardi rappresentano una meta già sufficientemente preziosa.
Non solo si risparmia, si produce anche ricchezza. L’interazione fra Sanità, digitale e telecomunicazioni è una delle frontiere su cui passeggia non solo l’innovazione tecnologica, ma anche quella commerciale. È un confine che ogni giorno si sposta, a cura non solo degli scienziati e dei tecnici, ma anche degli uffici marketing e della fantasia che insegue sempre nuove e più semplici applicazioni. Chi concilia questi aspetti, la tecnologia e il mercato, trova nell’una le risposte ai bisogni dell’altro e nel secondo i soldi per alimentare la prima. Mette le mani su un ricco premio globale. Quando le nuove frontiere sono così promettenti, significa che è giunto il momento in cui s’incrinano i vecchi equilibri, dominio delle case farmaceutiche compreso.
Case che hanno meriti enormi e ruolo insostituibile, ma anche peso eccessivo e influenza insostenibile.
Per le società di telecomunicazioni, la telemedicina, l’assistenza a distanza, costituisce un campo che fa la differenza fra il regresso e la crescita. Sono nate facendosi pagare per il tempo della conversazione. Molte sono rimaste a quella mentalità, salvo il fatto che il tempo d’occupazione di una linea non ha più alcun valore. Hanno imparato a farsi pagare per le connessioni dati, ma ora i fabbricanti di terminali hanno imparato a tenere per sé i clienti, mentre le applicazioni in protocollo internet consentono di comunicare senza neanche avere il telefono. Erano proprietari delle stazioni, sono divenuti facchini. La telemedicina è l’occasione per tornare ad avere un futuro di sviluppo.
Medicina, sicurezza e controllo dei consumi. Questi i tre tasti sensibili. Tanto è vero che già fioriscono applicazioni sanitarie per tablet e smartphone. Peccato che molte siano delle prese in giro con la trappola, perché trasferisci dati personali a chi prospera usandoli.
Per tutti noi, inutile dirlo: potere non saltare, ma far saltare le file; consentire il controllo a distanza di patologie come diabete o cardiopatie, diminuendo gli allarmi, le corse in ospedale, prevenendo i pericoli; avere sempre e ovunque a disposizione la propria cartella clinica, perché i dati che contiene non appartengono né all’azienda sanitaria, né all’assicurazione, ma al cittadino; disporre di ricette valide ovunque e, nel caso delle malattie croniche, rinnovabili senza ripassare inutilmente dal medico.
Sono aspetti, assieme ad altri, che rendono la vita migliore. Che non solo non costano, ma fanno risparmiare una montagna di quattrini.
Noi Italiani siamo su quella frontiera? Alcuni sì, con successo.
Il Paese no, con dannazione. I piani governativi sulla Sanità digitale sono coniugati al futuro, laddove dovrebbero resocontare il già fatto. La selva di norme e regolamenti è da ricovero, ma al manicomio. Una legge del 2011 obbliga le strutture pubbliche ad accettare i pagamenti elettronici, ma con la carta di credito capita che non si riesca a pagare neanche il ticket. Mettiamola così: esistono talmente tante cose facili, immediatamente raggiungibili, che ci troviamo nella migliore condizione per spiccare un balzo in avanti epocale. Sempre risparmiando. Ce lo impedisce la scarsa visione dell’interesse generale, l’impreparazione del personale politico, la rassegnazione della cittadinanza, l’eccessiva prossimità fra chi amministra e chi incassa, vendendo reperti del passato e non anticipazioni di futuro. Abbandoniamo la follia della regionalizzazione, tagliamo di netto il rapporto fra politica e amministrazione sanitaria, rendiamo pubblici, in tempo reale, tutti i dati dei servizi e della spesa. Lasciamo che l’innovazione sia materia per gli innovatori, ove abbiamo dato e daremo lezioni al mondo. Consentiamo ai medici di tornare a fare i medici e di fare solo quello. E ricordiamoci l’esperienza delle mutue, che avevano il difetto (ovvio) di servire solo gli iscritti, quindi i lavoratori del settore cui erano legate, lasciando scoperti i non assistiti, ma seppero controllare la spesa, diffondere la salute e lasciarono un patrimonio immobiliare immenso.
Perché, scusate la ripetuta grettezza con cui concludo, con la Sanità si guadagna. Si deve guadagnare. Ed è un bene. Quando si producono debiti non significa che c’è più salute in giro, ma troppi incapaci e lestofanti che dal giro devono uscire.

di Davide Giacalone,
Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Diffusione delle Tecnologie dell’Innovazione; Direttore de La Ragione e di Smoking; editorialista de L’Opinione e di RTL 102.5

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