La paura (infondata) degli OGM e le (assurde) proibizioni europee

Non esiste alcuna evidenza scientifica di danni o pericoli derivanti dalla coltivazione degli Organismi geneticamente modificati. Non bisogna farsi accecare da stregonerie mediatiche e falsi miti

di Davide Giacalone, Editorialista di RTL 102.5 e Libero

GiacaloneQuando il nostro Ministro dell’Ambiente tornò trionfante, nel dicembre del 2014, annunciando di avere indotto i colleghi europei a stabilire che, sulle coltivazioni Ogm, ciascun Paese avrebbe deciso per i fatti propri, osservai che si trattava dell’apoteosi dell’antieuropeismo, nonché la premessa, dalle nostre parti, della proibizione oscurantista. E’ puntualmente accaduto.

Si deve ragionare su basi razionali, senza accecarsi e farsi accecare da paure e stregonerie mediatiche. La prima domanda è: la coltivazione degli Organismi geneticamente modificati può arrecare danni collaterali o, addirittura, comportare pericoli per la collettività? La risposta è: no. Non è “forse”, è “no”. Non esiste alcuna evidenza scientifica di danni o pericoli. Questo non rappresenta un buon motivo per metterci tutti a coltivare Ogm: non basta che una cosa non sia pericolosa perché sia anche conveniente e utile. Ma è un buon motivo per non proibirla. Oggi, per la precisione dal luglio del 2013, un agricoltore italiano è meno libero di un agricoltore spagnolo. Ciò significa che un cittadino italiano è meno libero di un cittadino spagnolo. Tanto è evidente la violazione dei diritti, collettivi e individuali, che non hanno avuto il coraggio, né la base giuridica, di proibire definitivamente quel che altrove non è solo consentito, ma anche praticato. Ricorrono, allora, ad un trucco: la proroga della proibizione temporanea. Serve ad evitare che un cittadino italiano si rivolga alla Corte di Giustizia e colà ottenga la condanna dello Stato.

Perché proibiscono? Perché, dopo aver tassato il settore dell’agricoltura in tutti i modi possibili, cedono alla pressione corporativa di organizzazioni che pensano, in questo modo, di tutelare le coltivazioni tradizionali. Tanto è vero che parlano di rispetto dei sapori e dei profumi della nostra tradizione. Il che è comico assai, visto che gli Ogm che taluni pensavano di coltivare erano mais, con cui far mangiare gli animali. Negli allevamenti italiani, del resto, il mais dei mangimi è, per la quasi totalità, importato e Ogm. Dato che si è quel che si mangia, gli animali mangiano Ogm e noi mangiamo loro, o beviamo il loro latte. A qualcuno sono spuntate le branchie? E’ comico anche perché abbiamo perso pure il pomodoro San Marzano, incapaci di difendere la biodiversità altro che inondandola di insetticidi e sostanze chimiche. Neanche sempre efficaci.

Oltre al danno per il diritto e i diritti, oltre a quello che subiscono gli agricoltori che avrebbero voluto coltivare, c’è anche il danno per la ricerca scientifica. Se possiamo rilevare un problema, sicuramente legato agli Ogm, è che, importando le sementi, si dipende da chi le ha prodotte (Monsanto, il più delle volte). Segue, poi, la fastidiosa cantilena delle lamentazioni per i nostri cervelli che fuggono all’estero. Ebbene, come si può pensare di non dipendere dalle multinazionali dell’Ogm, e come si può credere che i ricercatori restino in Italia se qui è proibito fare quel che altrove sono premiati e pagati per realizzare? Dentro il valore di quelle multinazionali c’è anche il peso dei nostri cervelli che hanno apportato le loro capacità e le loro scoperte dove non era proibito utilizzarle. Quindi, anche in questo caso, il problema non sono i cervelli che vanno via, ma quelli che rimangono e non funzionano.

Brillante la conclusione alla quale si è arrivati: l’Unione Europea favorisce le coltivazioni Ogm, ma uno Stato aderente alla UE può proibirle. Questo non è un compromesso, è il fallimento dell’idea stessa di Unione. Una regressione a prima del Mec, il Mercato comune europeo. Una decisione eurodemolitoria perché fa dell’Unione il luogo in cui i doveri sono inderogabili, mentre i diritti negabili. Essendo una conclusione alla quale si è giunti durante la presidenza italiana, il nostro Ministro dell’Ambiente la racconta come un successo, il frutto del duro lavoro di mediazione. Avrebbe fatto meglio a riposarsi.

Per cogliere le dimensioni e il significato del tema, ci si deve mettere nei panni del cittadino europeo (i nostri), non in quelli dei governanti di turno. Perché ha un senso positivo essere parte e cittadini dell’Unione? Perché consente maggiori libertà, a cominciare dalla circolazione delle persone e delle cose. Certo, comporta dei vincoli nella spesa pubblica, ma anche quelli sono un bene, visto che, senza freni, abbiamo prodotto un debito pubblico mostruoso. L’Unione Europea non rappresenta solamente un ideale di pace e convivenza, il cui senso si sbiadisce nel tempo, mano a mano che le tragedie del secolo scorso s’allontanano dalla memoria, deve essere anche conveniente. In tal senso, la coltivazione degli Ogm è esemplare.

E’ ovvio che sia accettata in ambito europeo. La si pratica già e non c’è nulla, sulla nostra tavola, che non sia Ogm. Siccome ci sono Paesi, come, purtroppo, l’Italia, in cui la grandezza delle superstizioni e la pochezza della classe politica comportano la coltivazione di miti geneticamente regressivi, siccome ci sono ignorantoni che credono che il riso Carnaroli esista in natura, ecco che ha senso ed è conveniente una decisione assunta non più in dialetto, ma in lingua europea. Una decisione che allarga il diritto dei coltivatori italiani e favorisce la convenienza dei consumatori, altrimenti costretti a donare all’estero una parte del valore delle merci che digeriscono. Il consumatore ci guadagna anche in salute, perché le modifiche genetiche non vengono introdotte da un’occulta centrale del male, freneticamente al lavoro per annientare il genere umano, ma per evitare che le coltivazioni siano protette con diluvi di insetticidi. E ne guadagna l’ambiente.

Dopo il suicidio Ogm, agricolo e scientifico, si prepara quello degli allevamenti. L’Italia del pregiudizio s’appresta a pregiudicare una catena produttiva vitale. L’alternativa al suicidio consiste nella più ridicola delle incoerenze: alla fine di questa storia, ci ritroveremo ad avere geneticamente modificato, e cancellato, la ragionevolezza.

La Commissione Europea ha compiuto un passo verso il baratro: così come ciascun Paese può proibire la coltivazione, potrà anche proibirne l’importazione. E qui si è aperto un bivio, ridicolo, se non fosse tragico: o, coerentemente, si proibisce anche l’importazione, nel qual caso non ci saranno più mangimi nei nostri allevamenti, o dovremo importarne di così costosi da porre le nostre produzioni fuori mercato; oppure, incoerentemente, si stabilisce che si possa importare quel che non si può produrre, continuando a prendere in giro noi stessi e a far finta che, così, non si mettono gli Ogm nel piatto degli Italiani.

Del resto, perché mai abbiamo proibito la coltivazione? Perché pericolosa? In questo caso, non dovremmo certo agevolare chi quel pericolo lo pratica in 73 milioni di ettari statunitensi, 42 brasiliani, 24 argentini e 12 indiani (solo per citare le più diffuse coltivazioni). Né possiamo consentire che, mangiando quella roba, le carni che poi commerciamo riconsegnino il pericolo ai consumatori. Siccome, però, non sapremmo come altro fare, ecco che siamo prossimi alla fine della filiera degli allevamenti. Se, invece, proibiamo solo perché non abbiamo l’onestà e il coraggio di dire l’ovvio, ovvero che gli Ogm non solo sono diffusi ovunque, non solo li consumiamo massicciamente, ma non presentano alcun pericolo, se proibiamo solo per seguire la gnagnera insulsa del falso biologico e del falso naturale, allora dovremmo sopravvivere grazie all’incoerenza. Alternativa piuttosto triste, alla quale si giunge dopo il festival dell’ignoranza e della superstizione. Gran risultato per chi, come noi, nell’innovazione e nella qualità alimentare dovrebbe avere fonti di orgoglio e ricchezza, oltre che, come abbiamo visto, di significativa e importante crescita delle esportazioni.

Si è scelta la seconda strada: è consentito importare quel che è proibito coltivare. Il Nobel dell’ipocrisia non ce lo toglierebbe nessuno. E tutta questa storia, che non mi stanco di ripetere e raccontare, non racconta solo un abbaglio in uno specifico settore. No. E’ il riflesso di una cultura anti-produttiva e avversa al progresso, sempre pronta a muovere il lato oscuro delle umane paure, come è sempre pronta a sostenere che, dal lato della produzione e del progresso, ci sono oscuri e globalizzati interessi occulti, capaci di violentare l’umanità e aggiogarla alle proprie smanie di ricchezza e potere. Il tutto, più prosaicamente, per proteggere interessi minori, che si possono protrarre per qualche anno, ma che, nel futuro prossimo, non avranno cittadinanza.

Davide Giacalone

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