La eHealth a supporto delle attività sociali

di Francesco Gabbrielli, Silvia Prati

Lo sviluppo tecnologico ha ampliato le possibilità di cura e l’assistenza a favore dei pazienti. La carenza di investimenti pubblici complica, tuttavia, la sua diffusione e fa ricadere ancora troppi costi sulle famiglie

In Italia abbiamo assistito ad un lungo periodo in cui la circolazione di idee riguardo lo sviluppo di un sistema socio-sanitario capace di accogliere e utilizzare innovazioni tecnologiche in telecomunicazioni e informatica è rimasta confinata in una ristretta comunità di specialisti. Negli ultimi due anni si è, invece, osservata una crescente, seppur tardiva, attenzione alle potenzialità della eHealth. Le maggiori esperienze riguardano il trattamento medico di vari tipi di patologie. Purtroppo, la prestazione erogata avviene per lo più a livello di progetti pilota, i quali difficilmente prevedono un seguito in servizi su larga scala.
Ultimamente, la speranza di alcuni manager del Servizio Sanitario Nazionale di risparmiare molti soldi con l’introduzione di sistemi di eHealth ha condotto all’adozione di soluzioni di Telemedicina volte a garantire alcuni servizi sanitari.
Ancora troppo poche sono, tuttavia, le iniziative di innovazioni specificamente dedicate ai servizi sociali, specialmente quelli che forniscono assistenza e supporto a categorie svantaggiate, a persone con particolari fragilità e alle rispettive famiglie. La ristrettezza dei finanziamenti pubblici in questo ambito aggrava la carenza di servizi offerti e scarica costi e oneri sulle famiglie.
In passato, esistevano non trascurabili limiti tecnologici che impedivano, a meno di enormi investimenti, la realizzazione di servizi sociali e assistenziali basati sulla telematica. Al di fuori dell’ambito strettamente medico, molte delle attività di assistenza e supporto di tipo sociale sono caratterizzate da una variabilità di comportamenti umani e di situazioni ambientali non standardizzabili e quindi più difficilmente riconducibili a procedure codificate e gestibili attraverso sistemi informatici e di telecomunicazione.
Oggi, molte problematiche di natura tecnologica sono venute meno grazie al progresso e quelle di natura organizzativa stanno iniziando ad essere affrontate dalle Autorità sotto la spinta delle ristrettezze economiche.
Possiamo sottolineare un limite persistente, composto, in realtà, da due problemi dipendenti l’uno dall’altro. Il primo è rappresentato dalla suddivisione delle pratiche professionali in specializzazioni. Essa riguarda sia le patologie nella diagnosi e nel trattamento, sia le problematiche di tipo sociale e assistenziale. Il secondo è costituito dal fatto che le strutture pubbliche di riferimento, le procedure burocratiche e perfino le normative regionali e nazionali sono pensate per settori d’interesse o, addirittura, per singole problematiche. L’interazione trasversale è, in teoria, codificata, ma, nella pratica, difficilmente realizzata, in quanto presuppone, solitamente senza obblighi di legge, la collaborazione interprofessionale.
La combinazione di questi due problemi limita fortemente una possibile risposta multidisciplinare, trascurando le esigenze di persone fragili o non autosufficienti e ancora di più delle loro famiglie, specialmente nei casi di patologie croniche. Se si analizza il problema di come aiutare, supportare o curare al meglio una persona partendo da ciò che accade ad essa ed al suo nucleo familiare, appare piuttosto evidente che il punto di partenza di qualsiasi ipotesi di servizio debba essere l’analisi dei bisogni, tenendo anche ben presente che, di solito, un individuo che richieda assistenza o supporto soffre contemporaneamente di più problemi afferenti alle patologie e/o sociali.
In ambito sociale, infatti, la rilevanza potenziale della eHealth ruota intorno alle nuove sfide di creazione di un modello integrato di supporto socio-sanitario, un sistema in grado di rispondere positivamente alle esigenze delle fasce più deboli della popolazione, anziani, bambini, famiglie, diversamente abili. La strutturazione dei nuovi servizi, e, soprattutto, del nuovo sistema, deve passare attraverso la corretta lettura di queste esigenze, contribuendo ad un immediato miglioramento della qualità della vita, non solo dell’assistenza sanitaria in sé. Pensiamo, ad esempio, alle situazioni generate dalle inefficienze del SSN che obbligano i malati e le loro famiglie a lunghe, faticose e costose trasferte per ogni visita in strutture sanitarie poste in regioni lontane. Esse allungano i tempi di attesa presso gli ospedali o gli ambulatori per visite in post-operatorio, e contribuiscono al grande problema moderno dell’assenza di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. Sfruttando le possibilità che la eHealth è in grado di generare quando vengono combinate insieme le innovazioni tecnologiche con quella organizzative, potremmo risolvere i problemi di molte persone in poco tempo (qualche mese per far partire un servizio). È anche vero, purtroppo, che, per la maggior parte degli Italiani, queste possibilità sono ancora sconosciute. Quindi, né i singoli, né le associazioni del Terzo Settore esercitano in modo efficace pressioni sugli amministratori per la realizzazione di servizi in eHealth. Per i bambini, gli anziani, le persone debilitate, le donne in attesa, sopportare il caldo, il freddo, le attese in luoghi con altre persone ammalate sono disagi evitabili anche solo con poche best practices. Non è solo un modo per risparmiare. Questo rappresenta una conseguenza gradita, ma accessoria. Si tratta di migliorare la qualità della vita.
Esiste, infine, un’ultima considerazione da proporre. Affrontare problemi che si dimostrino di pertinenza specialistica (in ambito sociale e sanitario) significa affidarsi alle indicazioni degli specialisti. È, però, altrettanto evidente quanto sia indispensabile gestire in modo corretto le differenti attività specialistiche. Tutta questa complessità può essere difficilmente gestibile da una persona senza adeguate competenze e che, per di più, si trova in condizione di difficoltà, malattia e sofferenza. Le persone devono essere informate e consapevoli, ma non è etico che il sistema socio-sanitario deleghi loro la responsabilità delle scelte tecniche. Ed è ancor meno corretto che il sistema lo faccia nel tentativo di risolvere i propri problemi organizzativi e gestionali.
È, invece, proprio dalla capacità di riorganizzare i servizi sociosanitari, ottimizzando i contributi delle aree specialistiche e investendo sulle innovazioni tecnologiche, che si ottiene un servizio migliore per i pazienti. In questo ragionamento occorre, tuttavia, inserire anche il problema della diminuzione delle risorse economiche disponibili. Premesso che il processo di ammodernamento del sistema socio-sanitario non può avere il risparmio come obiettivo principale, è, comunque, un fatto ormai dimostrato che l’aumento delle necessità per le patologie croniche e per le problematiche sociali connesse con la terza età e con la disabilità renderà, in tempi relativamente brevi, non più sostenibile la spesa per l’assistenza, se non saranno introdotte soluzioni innovative per diminuire il costo complessivo del sistema.
La via per combinare queste due opposte necessità esiste. Si tratta di concentrare l’attenzione sulla rimozione degli sprechi per generare risorse utili ad investire nella ristrutturazione dei servizi anche per mezzo dell’innovazione tecnologica. Il contributo della eHealth nella riorganizzazione dei servizi va associato ad alcuni principi dimostratisi validi in altri settori:
– percorsi di cura e assistenza gestiti da servizi dislocati sul territorio e connessi telematicamente tra loro per rendere le diverse attività completamente integrate in tempo reale;
– trasmissione e condivisione di informazioni tra professionisti per garantire la citata complessità di gestione, indipendentemente da dove si trovi la persona da assistere o supportare;
– semplificazione e standardizzazione dell’accesso all’assistenza.
Un altro limite che frena l’adozione di soluzioni eHealth in ambito sociale riguarda la strutturazione e la realizzazione dei progetti. Questi non dovrebbero essere affidati a professionisti senza specifica esperienza in materia.
Appare, infatti, logico e intuitivo che un sistema telematico di erogazione di un qualsivoglia trattamento o servizio e della relativa procedura assistenziale, essendo, in sostanza, un sistema complesso di networking, debba essere costruito partendo da solide basi di project management. Esiste, tuttavia, una differenza fondamentale tra lo sviluppo di un progetto e la strutturazione di un vero servizio: per un servizio non è sufficiente studiare i dati epidemiologici e immaginare delle soluzioni. Occorre, invece, definire le dimensioni dei servizi che si intendono dedicare alle persone, con le loro peculiarità e difficoltà, le procedure migliori per ottimizzare il percorso di assistenza e anche di cura, ove necessario, prevedere i volumi di attività, le complicazioni possibili e i rischi, adeguando le soluzioni tecnologiche e tutelando, al tempo stesso, i diritti delle persone, a partire da quello della riservatezza dei dati.
La vera sfida, specie in ambito socio-sanitario, è quella di imparare dall’esistente, fare rete, condividere idee e modelli: questa mancanza, tipicamente italiana, si fa sentire in tutta la sua gravità anche nell’ottenimento (prima) e nell’utilizzo (poi) dei fondi europei. Ogni micro realtà, associazione, ASL, ambulatorio, ospedale, ricomincia ogni volta tutto daccapo, come se tutto fosse ancora da inventare, e nessuno avesse già speso soldi
– pubblici o privati poco importa – per esperienze pilota, che hanno dato risultati ed evidenziato criticità, per la progettazione di servizi. Si tratta di aspetti che meriterebbero di essere valutati e fatti evolvere.
Se immaginiamo un lavoro di squadra, è facile capire cosa dovrebbe essere fatto: un registro e un coordinamento tecnico, almeno regionale, sullo sviluppo di progettualità e sulla replicabilità dei progetti pilota già implementati. Questo a fianco dei processi decisionali delle Autorità riguardanti l’allocazione delle risorse.
Utopia?

di Francesco Gabbrielli
Vice Segretario SIT (Società Italiana Telemedicina e sanità elettronica)
Silvia Prati
Coordinatrice TMEPG (TeleMedicine EuroProject Group) e NDSAN (New DSA Network)

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