Io, in vacanza con il mio sfidante…

di Mauro Santoni

Augusto Sparano è stato campione mondiale di muay thai; sport violento per antonomasia, ma la battaglia finiva sul ring. “Dopo il gong ci si abbracciava e si restava amici”

All’inizio del nuovo secolo, il suo sguardo magnetico ed i suoi muscoli tatuati tappezzavano i muri non solo di Trieste, la sua città natale. I poster pubblicitari e le locandine dei suoi match mondiali lo rendevano un personaggio con la P maiuscola. Bucava il video e coagulava migliaia di persone che si avvicinavano per la prima volta a discipline sconosciute, quali il full contact ed il muay thai R1. Trieste stava riscoprendo una nuova identità sportiva, dopo Nino Benvenuti e Duilio Loi. Le serate a bordo ring tornavano ad essere appuntamenti vip e mondani.
Atleta longevo in un mondo che logora: a 39 anni difendeva ancora la corona mondiale. Da quando ha appeso i guantoni, si dedica ad educare giovani talenti della boxe e delle discipline “violente”, come il mass-market le considera.
“La parola violenza – esordisce il Giaguaro – è un suono che mi disturba! È un termine gratuito, non c’è niente di umano. La violenza nello sport è figlia di un ambiente senza regole, senza codici. È un mondo animale. Chi è più forte ha il potere. Tutto questo è un fallimento! Gli sportivi e, soprattutto, gli educatori devono lavorare con le lenti polarizzanti. Devono vedere questo aspetto. Deve trionfare l’uomo nello sport e nella competizione. Il mondo animale deve restarne fuori. È una brutta piega che ha preso il mondo dello sport. Ammiro l’ambiente femminile, loro hanno un aspetto ed un approccio diverso. Diciamolo senza peli sulla lingua: le donne hanno un sesto senso che noi uomini non avremo mai”.
Parlando di sport a 360 gradi, Giaguaro Sparano si lancia in considerazioni più ampie.
“Basta con la violenza nello sport! C’è, purtroppo, scarsa educazione alle emozioni. Stop ai tifosi incazzati. Bisogna ragionare e capire che le masse dei tifosi sono pilotate; strumentalizzate è un termine troppo estremo. Però… La massa non si rende conto di quello che sta succedendo ai margini dello sport. Ci sono, oltretutto, pessimi esempi dai personaggi pubblici. Dopo l’evento sportivo, anche adrenalinico, il campione deve ritrovare nello spogliatoio l’aspetto umano. Dopo i miei combattimenti nasceva un rapporto di amicizia con gli sfidanti.
Con Wayne Turner, battuto nella prima difesa del titolo europeo, ci siamo fatti una vacanza assieme a Roma. Questo è il trionfo dello sport”.
Ma è difficile considerare questi aspetti umani in un ring dove viene esplosa violenza fisica.
‘Non è vero – continua Augusto Sparano – io salivo sul ring per sentire gli applausi del pubblico. Il mio obiettivo non era la superiorità fisica o violenta, ma lo spettacolo da regalare alla gente che quella sera usciva dalla routine giornaliera e veniva al palazzetto dello sport. Volevo regalare al mio pubblico l’eleganza ed il gesto sportivo. Dovevano tornare a casa con il sorriso. Questo era il mio obiettivo”.
Ma qual è il messaggio da veicolare ai giovani?
“Mi considero una presenza vicina ai giovani, piuttosto che un tecnico. Non tutti vengono in palestra con ideali sportivi. Bisogna creare in loro un’onda emotiva di entusiasmo e fiducia.
I giovani devono trovare ideali sani e noi dobbiamo soltanto aiutarli. Ai miei allievi, prima dei combattimenti, chiedo: come ti senti oggi? Come va con la tua ragazza? Devo capire come sono emotivamente equilibrati prima di salire sul ring. Dopo il combattimento, indipendentemente dal verdetto, devono passare la serata con gli amici a festeggiare. Però li invito a valutare gli amici: la giusta selezione è una crescita di maturità. Dobbiamo farli crescere con le loro forze, così saranno dei campioni nella vita e, forse, anche nello sport”.
Tornando alla violenza nello sport, come possiamo considerare il full contact o le altre arti marziali?
“Io posso parlare soltanto del full contact – si entusiasma il Giaguaro – Non è un’arte marziale, ma uno sport, per di più occidentale. Considero altri sport popolari molto più violenti.
Vedo scene, nel basket e nel calcio, con tacchetti sul petto, che fanno cultura di massa. Sul ring c’è violenza, ma è una violenza controllata da etica, regole e deve mirare allo spettacolo. I protagonisti non sono dei falsi attori che fingono e vogliono trarre in inganno arbitri e pubblico. Sono sportivi che, quando subiscono il colpo del rivale, sentono il gusto del sangue in gola. Sanno che, se non reagiscono, perdono l’incontro e svaniscono tutti i sacrifici dei duri allenamenti dei mesi precedenti. La fatica non è gratuita ed in palestra non ci si riposa”.
Tornando alla violenza nello sport, come possiamo considerare il full contact o le altre arti marziali?
“Io posso parlare soltanto del full contact – si entusiasma il Giaguaro – Non è un’arte marziale, ma uno sport, per di più occidentale. Considero altri sport popolari molto più violenti.
Vedo scene, nel basket e nel calcio, con tacchetti sul petto, che fanno cultura di massa. Sul ring c’è violenza, ma è una violenza controllata da etica, regole e deve mirare allo spettacolo. I protagonisti non sono dei falsi attori che fingono e vogliono trarre in inganno arbitri e pubblico. Sono sportivi che, quando subiscono il colpo del rivale, sentono il gusto del sangue in gola. Sanno che, se non reagiscono, perdono l’incontro e svaniscono tutti i sacrifici dei duri allenamenti dei mesi precedenti. La fatica non è gratuita ed in palestra non ci si riposa”.

di Mauro Santoni
collaboratore di City Sport

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